Pochi compositori nella storia della musica hanno saputo eguagliare la capacità di Fryderyk Chopin di creare melodie eteree e vibranti, dall’intensa carica emotiva, estranee a qualsiasi tipo di rigidità strutturale.
La predilezione chopiniana per le forme libere e dalle dimensioni contenute non lo limitò, ad ogni modo, nell’esplorazione di un genere ampiamente codificato ed architettonicamente complesso come quello della sonata. Dopo un primo tentativo giovanile che lo portò alla composizione della Sonata op.4, ancora oggi raramente eseguita e facilmente accusabile di un certo grado di accademismo, Chopin raggiunse vertici artistici elevatissimi con le due sonate successive. In particolare, nella Sonata in si minore op.58, la terza, composta nell’estate del 1844, è evidente come il compositore avesse raggiunto un nuovo equilibrio formale e stilistico, mantenendo libertà espressiva all’interno di un grande impianto strutturale. Il primo movimento, l’Allegro maestoso, mutua lo schema classico; è infatti in forma-sonata, con l’esposizione di due gruppi tematici contrastanti: il primo dinamico e vigoroso ed il secondo lirico ed introspettivo. Per il movimento seguente, invece, Chopin devia la prassi tradizionale, come già aveva fatto nella precedente Sonata op.35: vi è uno Scherzo, dal carattere brillante e leggero, quasi a voler stemperare i contrasti drammatici del movimento d’apertura. Il tempo lento, Largo, è quindi in terza posizione: una sublime sintesi tra belcanto belliniano e maestria polifonica. Chiude la Sonata un Finale incalzante e virtuosistico, che giunge ad un epilogo luminoso e trionfante.
Nella Vienna della seconda metà dell’Ottocento, il valzer rappresentava uno dei generi musicali più in voga, ampiamente esplorato anche dai compositori colti, come Johannes Brahms, che nel 1865, durante il suo periodo di permanenza nella capitale austriaca, compose i Valzer op.39, originariamente scritti per pianoforte a quattro mani e successivamente arrangiati dallo stesso compositore per un solo esecutore. Si tratta di una raccolta di sedici brevi brani dal carattere danzante e sognante, in cui si percepiscono gli echi popolari tipici del Ländler, antesignano del valzer viennese. La semplicità e la concisione formale che caratterizzano l’opera non danno spazio ad un’approfondita elaborazione tematica, ma certamente non sacrificano l’incantevole bellezza melodica e la raffinatezza contrappuntistica, sia nelle pagine più briose e brillanti, sia in quelle più nostalgiche ed introspettive.
Leggerezza e disincanto uniti al virtuosismo sono elementi che ricorrono anche in valzer successivi a Brahms, come in Liebesleid («Pena d’amore») del compositore austriaco Fritz Kreisler, pubblicato nel 1905 all’interno del trittico Alt-Wiener Tanzweisen e di cui l’amico Sergej Rachmaninov realizzò tra gli anni Venti e Trenta una doppia trascrizione per pianoforte, e nel Valzer in mi maggiore di Moritz Moszkowski, primo pezzo della raccolta op.34, scritto nel 1884, dalla scrittura brillante e cangiante.