Zoonosi e clima: un binomio di rischio per la salute pubblica

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Negli ultimi decenni la probabilità di epidemie di zoonosi è in costante aumento, influenzata da molteplici fattori come l’uso del territorio, il controllo dei vettori, i comportamenti umani, il commercio e i viaggi internazionali, nonché le capacità del sistema sanitario pubblico. Le condizioni climatiche, inclusi temperatura, umidità e precipitazioni, giocano un ruolo cruciale nella distribuzione geografica e nella stagionalità delle malattie che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente dagli animali all’uomo. Inoltre, gli eventi meteorologici estremi possono alterare significativamente i tempi e l’intensità delle epidemie.

Il fattore principale che sempre di più perturba questo equilibrio è l’emissione continua di gas a effetto serra che sta intensificando numerosi rischi nel sistema climatico terrestre, che a loro volta possono esacerbare malattie patogene umane.

Da un lato, è sempre più riconosciuto che l’emissione di gas serra ha conseguenze su una moltitudine di rischi climatici del sistema terrestre, tra cui riscaldamento globale, ondate di calore, siccità, incendi, precipitazioni estreme, inondazioni e innalzamento del livello del mare. Dall’altro lato, esiste un’ampia diversità tassonomica delle malattie patogene per l’uomo, che comprende batteri, virus, animali, piante, funghi e protozoi, ciascuno dei quali può essere trasmesso attraverso vari meccanismi, come vettori, aria o contatto diretto. La complessità del problema deriva non solo dalla varietà dei rischi climatici e delle malattie patogene, ma anche dalle loro interazioni dinamiche. Ad esempio, l’aumento delle temperature può favorire la proliferazione di vettori come le zanzare, aumentando così la diffusione di malattie come la malaria e la dengue. Allo stesso tempo, eventi climatici estremi possono compromettere le infrastrutture sanitarie, ostacolando la risposta alle epidemie.

I rischi climatici continuano inoltre ad avvicinare gli agenti patogeni alle persone, con gli spostamenti dell’areale geografico delle specie che rappresentano una delle più comuni indicazioni del cambiamento climatico. Tra le malattie coinvolte vi sono la dengue, recentemente tornata al centro dei fatti di cronaca dopo l’impennata di casi, ma anche la chikungunya, la peste, la malattia di Lyme, il virus del Nilo occidentale, lo Zika, la tripanosomiasi, l’echinococcosi e la malaria, solo per citarne alcune. Inoltre, il riscaldamento delle latitudini più alte ha permesso anche ai vettori e agli agenti patogeni di sopravvivere all’inverno, aggravando le epidemie di diversi virus, tra cui Zika e dengue.

Le ricadute di virus come il Nipah e l’Ebola sono state associate invece alla fauna selvatica, tra cui pipistrelli, roditori e primati, che si spostano su aree più vaste per cercare risorse alimentari limitate a causa della siccità o per trovare nuovi habitat a seguito di incendi. Questi cambiamenti comportamentali degli animali, spinti dalla necessità di adattarsi alle nuove condizioni ambientali, aumentano il rischio di contatto tra essi e le popolazioni umane, facilitando la trasmissione di malattie infettive. La siccità ha anche concentrato zanzare e uccelli intorno alle poche fonti d’acqua rimaste, facilitando la diffusione del virus del Nilo occidentale. Alluvioni e tempeste sono invece comunemente associate allo straripamento delle acque reflue, che hanno portato alla trasmissione diretta e per via alimentare di norovirus, hantavirus, epatite e Cryptosporidium. Infine, anche lo scioglimento dei ghiacci e il disgelo del permafrost espongono agenti patogeni un tempo congelati.

Questi fenomeni evidenziano come i cambiamenti climatici stiano alterando l’ecosistema in modi che favoriscono la diffusione di malattie infettive, creando nuove sfide per la salute pubblica. Nella figura successiva vengono illustrati i percorsi attraverso i quali i rischi climatici, tramite specifici tipi di trasmissione, provocano l’aggravarsi di specifiche malattie patogene.

Malattie patogene aggravate dai cambiamenti climatici

Fonte: Nature Climate Change

Nello studio pubblicato su “Nature Climate Change” sono stati riscontrati 3.213 esempi empirici in cui i rischi climatici sono associati a malattie patogene. L’analisi dei casi rivela dati preoccupanti: su un totale di 286 malattie patogene analizzate, ben 277 sono state aggravate da almeno un rischio climatico. È importante notare che, sebbene 63 malattie abbiano mostrato segni di attenuazione in presenza di alcuni rischi climatici, 54 di queste hanno, in altre circostanze, subito un aggravamento a causa di altri rischi climatici. In conclusione, solo nove malattie sono state esclusivamente diminuite dai rischi climatici.

Questa complessa interazione tra malattie patogene e rischi climatici suggerisce una preponderanza dell’aggravamento rispetto all’attenuazione. Infatti, la proporzione delle malattie patogene aggravate dai rischi climatici costituisce il 58% di tutte le malattie infettive documentate che hanno colpito l’umanità a livello globale. Questo dato è ulteriormente supportato dall’analisi di un elenco autorevole di 375 malattie infettive note per il loro impatto sull’umanità, di cui 218 risultano aggravate dai rischi climatici.

Malattie patogene affette dai cambiamenti climatici

Fonte: Nature Climate Change

Infine i rischi climatici possono anche ridurre la capacità dell’uomo di affrontare gli agenti patogeni alterando le condizioni corporee, aumentando lo stress dovuto all’esposizione a condizioni pericolose, costringendo le persone a vivere in ambienti non sicuri, danneggiando le infrastrutture e riducendo l’accesso alle cure mediche. La malnutrizione e le condizioni fisiche influiscono infatti sull’immunocompetenza alle malattie.
La ridotta resistenza a varie malattie è stata osservata anche in relazione alla rapida variabilità meteorologica, aggravata dalle emissioni di gas serra. Ad esempio, il mancato adattamento del sistema immunitario umano a grandi cambiamenti di temperatura è stato suggerito come un probabile meccanismo che spiega le epidemie di influenza.

Allo stesso modo, lo stress, attraverso le variazioni di cortisolo e la riduzione della risposta infiammatoria, può diminuire la capacità del corpo di affrontare le malattie. L’esposizione a condizioni di vita minacciose come inondazioni e uragani, condizioni estreme durante le ondate di calore e la depressione dovuta alla perdita di mezzi di sussistenza a causa della siccità sono alcuni esempi in cui i pericoli climatici inducono variazioni di stress e cortisolo, riducendo la capacità del corpo di affrontare i patogeni.

LE NUOVE TENDENZE NEL CAMPO DELLA ZOONOSI

Secondo il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) circa il 75% delle malattie infettive emergenti che interessano gli esseri umani sono di origine animale e circa il 60% di tutti i patogeni che colpiscono l’uomo sono zoonotici. Di qui la necessità di gestire la salute in modo integrato e univoco tenendo in considerazione l’uomo, l’animale e l’ambiente.

L’OMS stima che ogni anno le zoonosi interessino oltre un miliardo di persone, determinando circa un milione di morti e costituendo circa il 17% dei casi totali di malattie trasmissibili.

Il concetto di zoonosi definisce le malattie infettive trasmesse tra animali ed esseri umani: le zoonosi possono infatti avvenire attraverso vari meccanismi, inclusi il contatto diretto o indiretto con animali infetti, l’interazione con vettori biologici come zanzare e zecche, e il consumo di alimenti contaminati da microrganismi o loro tossine.

Secondo l’OMS, ci sono più di 200 malattie zoonotiche conosciute, e la maggior parte delle malattie infettive segnalate ogni anno nel mondo ha un’origine zoonotica, il che significa che sono trasmesse dagli animali agli esseri umani.

Alcune zoonosi viaggiano da una specie ospite selvatica ad animali domestici, per esempio dai pipistrelli ai maiali, passando poi all’uomo tramite allevamento e consumo delle loro carni. Questi animali sono definiti vettori, cioè organismi capaci di trasmettere patogeni da un animale infetto all’uomo o a un altro animale. In genere, tuttavia, i vettori coinvolti sono artropodi come zanzare, pappataci, zecche, pulci, cimici e mosche. Molti di questi vettori sono insetti ematofagi, che ingeriscono microrganismi patogeni mentre si nutrono del sangue di un animale o di un uomo infetto, e successivamente li inoculano in un nuovo ospite durante un altro pasto.

Focalizzando l’analisi sulle principali zoonosi in Europa, riportiamo nella figura successiva i trend degli ultimi 15 anni delle malattie infettive più diffuse ed impattanti. Complessivamente, ad eccezione della significativa diminuzione durante il periodo della pandemia da COVID-19, attribuibile alla riduzione della mobilità, il trend complessivo mostra un aumento evidente per la maggioranza delle patologie esaminate. Emerge di interesse prioritario analizzare la presenza europea della dengue, zoonosi di peculiare rilievo perchè particolarmente influenzata dal cambiamento climatico.

Tendenza delle principali malattie infettive in Europa, 2005-2022

Fonte: ECDC

DENGUE 

La Dengue è infatti una malattia virale trasmessa dalle zanzare e ha visto un’espansione preoccupante negli ultimi decenni. Originariamente limitata alle regioni tropicali e subtropicali, questa infezione, nota anche come “febbre spaccaossa” a causa dei dolori articolari e muscolari intensi che provoca, sta ora iniziando a diffondersi anche in altre aree del mondo, inclusa l’Europa.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il numero di casi di Dengue è aumentato drasticamente negli ultimi 50 anni, passando da poche migliaia a decine di milioni. Questo incremento esponenziale di 30 volte nei casi di Dengue è attribuito a diversi fattori, tra cui il cambiamento climatico, l’urbanizzazione non controllata, e l’aumento della mobilità umana globale.

A causa del riscaldamento globale e dell’aumento dei viaggi internazionali post-pandemia di COVID-19, la Dengue si sta diffondendo nelle zone temperate del pianeta, inclusa l’Europa, dove fino a pochi anni fa era assente.

La dengue è trasmessa dalle zanzare Aedes aegypti e Aedes albopictus (zanzara tigre), diffuse nelle aree tropicali e subtropicali. Oltre all’accelerazione della mobilità umana a livello globale, il cambiamento climatico è stato suggerito come motore della maggiore diffusione della dengue, illustrato da recenti focolai autoctoni in Paesi come Francia e Spagna. Al 30 aprile 2024, l’OMS ha registrato oltre 7,6 milioni di casi di dengue, di cui 3,4 milioni confermati, più di 16.000 casi gravi e oltre 3.000 decessi. Negli ultimi cinque anni si è osservato un aumento significativo dei casi di dengue a livello globale, con una crescita particolarmente accentuata nella regione delle Americhe. In questa regione, alla fine di aprile 2024, i casi hanno superato i sette milioni, superando il precedente record annuale di 4,6 milioni di casi registrato nel 2023. Questo dato rappresenta il triplo dei casi rilevati nello stesso periodo dell’anno precedente, sottolineando l’accelerazione di questa emergenza sanitaria . La dengue non è endemica in Europa e i casi segnalati sono principalmente associati ai viaggi. Tuttavia, nel 2023, casi autoctoni sono stati registrati in Italia (82), Francia (45) e Spagna (3).

Mappa casi di dengue – 2022

Fonte: ECDC

L’idoneità climatica alla trasmissione della dengue è influenzata dalle variazioni di temperatura e precipitazioni causate dai cambiamenti climatici. Le temperature più elevate aumentano il tasso di puntura delle zanzare e la replicazione virale. Anche i tassi di sviluppo larvale e di comparsa degli adulti delle zanzare sono incrementati dalle temperature più elevate, mentre l’umidità elevata allunga la durata di vita delle zanzare e quindi aumenta il potenziale di trasmissione del virus.

Con il cambiamento climatico, la stagione di attività delle zanzare Aedes albopictus si allungherà nella maggior parte dei Paesi europei (Fig.3.6). Questo, insieme all’aumento del tasso di riproduzione della dengue e al numero crescente di casi importati, potrebbe far sì che i focolai di dengue rappresentino un rischio sanitario crescente in Europa in futuro, a meno che non vengano adottate adeguate misure di preparazione e gestione della malattia.

Indice di idoneità climatica previsto per l’aedes albopictus nello scenario RCP 8.5[1] – Durata della stagione prevista per aedes albopictus secondo lo scenario RCP 8.5

Fonte: EEA

[1] RCP – 8.5 (comunemente associato all’espressione “Business-as-usual”, o “Nessuna mitigazione”) – crescita delle emissioni ai ritmi attuali. Tale scenario assume, entro il 2100, concentrazioni atmosferiche di CO2 triplicate o quadruplicate (840-1120 ppm) rispetto ai livelli preindustriali (280 ppm).

La presenza della zanzara Aedes aegypti e Aedes albopictus tra giugno e settembre, come illustrato dallo studio della rivista Lancet, potrebbe facilitare l’insorgere di casi locali di Dengue, Zika virus e Chikungunya, specialmente in Italia, nel sud della Francia e in Spagna.

Presenza della zanzara Aedes albopictus tra giugno e settembre

Fonte: Lancet Planetary Health

CONCLUSIONI

L’aumento delle epidemie di malattie zoonotiche rappresenta una sfida crescente per la salute pubblica, strettamente legata ai cambiamenti climatici. La continua emissione di gas a effetto serra e l’intensificazione dei rischi climatici stanno aggravando la diffusione e la severità delle malattie patogene. L’analisi delle interazioni tra fattori climatici e patogeni umani mostra una preponderanza dell’aggravamento delle malattie rispetto alla loro attenuazione. Questo fenomeno non solo altera l’ecosistema, favorendo la proliferazione di vettori e patogeni, ma compromette anche le infrastrutture sanitarie e la capacità delle popolazioni di rispondere efficacemente alle emergenze sanitarie. Per mitigare questi rischi, è essenziale adottare un approccio integrato che consideri l’interconnessione tra uomo, animali e ambiente. Tale strategia dovrebbe includere il monitoraggio continuo delle condizioni climatiche, il controllo dei vettori e il rafforzamento delle infrastrutture sanitarie. Solo attraverso un’azione concertata e preventiva sarà possibile ridurre l’impatto delle epidemie e proteggere la salute globale in un contesto di cambiamento climatico sempre più imprevedibile.

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Gabriele LICHERI