Clima e multilateralismo: la stessa crisi - Azione Cattolica Italiana

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La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2024 (Cop29), programmata dall’11 al 22 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian, si inserisce in un momento storico cruciale per le sfide ambientali e politiche globali. La crisi del multilateralismo sta infatti minando il potenziale di coordinamento internazionale, proprio mentre l’urgenza della crisi climatica richiede una cooperazione più solida ed efficace. Il percorso verso Cop29 evidenzia, infatti, due questioni centrali: la capacità dei governi di affrontare la crisi climatica attraverso accordi globali vincolanti e la possibilità che il multilateralismo attuale regga l’urto delle crescenti rivalità geopolitiche e delle divergenze di interessi economici.

Cop29: i quattro fronti chiave

Cop29 mira a potenziare l’azione climatica per limitare il riscaldamento globale entro 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, un traguardo ribadito nell’Accordo di Parigi. Per far fronte a questa sfida, Cop29 prevede il rafforzamento delle azioni su quattro fronti chiave:
Aggiornamento dei piani nazionali (NDC): I Paesi dovranno aggiornare i propri Nationally Determined Contributions, ovvero gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni, entro il 2025. Questo sarà fondamentale per permettere agli obiettivi dell’Accordo di Parigi di rimanere raggiungibili.
Finanziamenti per il clima: Cop29 insisterà sulla necessità di investire trilioni di dollari per sostenere la transizione energetica, soprattutto nei Paesi più vulnerabili. È infatti previsto un ampliamento del “Loss and Damage Fund” istituito a Cop27 per compensare le nazioni colpite da eventi climatici estremi.
Transizione energetica: Le negoziazioni si concentreranno sulla promozione delle energie rinnovabili e sulla riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, elementi cruciali per raggiungere la neutralità climatica.
Adattamento e resilienza: Per supportare i Paesi meno sviluppati, si richiede un aumento dei finanziamenti per l’adattamento, poiché i fondi attuali risultano cinque-dieci volte inferiori rispetto a quanto necessario per affrontare le sfide climatiche in regioni vulnerabili come l’Africa.

La crisi del multilateralismo accentua le divisioni

Nonostante l’urgenza degli obiettivi di Cop29, il multilateralismo sta attraversando una fase di crisi. Le tensioni tra le grandi potenze – principalmente Stati Uniti, Cina e Russia – aggravate dalla guerra in Ucraina e dalle divergenze commerciali e tecnologiche, ostacolano la possibilità di raggiungere accordi significativi su temi cruciali come il cambiamento climatico. La competizione economica per il controllo delle tecnologie verdi e delle risorse minerarie, indispensabili per la transizione energetica, accentua ulteriormente le divisioni, rendendo difficile trovare un terreno comune.

Il multilateralismo è il fondamento su cui si basa la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), ma l’efficacia di questo approccio è stata messa in discussione negli ultimi anni. Ad esempio, alcuni Paesi stanno perseguendo obiettivi climatici indipendenti, con gli Stati Uniti e l’Unione Europea che fissano ambiziosi piani di riduzione delle emissioni, mentre altri, come la Cina, mantengono un approccio più graduale, considerando il proprio contesto di sviluppo e crescita economica.

In Africa, solo una minima parte dei fondi climatici globali

Questa frammentazione ha anche implicazioni economiche significative. Gli investimenti per la decarbonizzazione sono ingenti, e l’allocazione dei finanziamenti spesso favorisce le economie avanzate, con un flusso limitato verso i Paesi in via di sviluppo. Questo crea una percezione di iniquità e rallenta l’adozione di misure incisive a livello globale, come evidenziato dal basso livello di investimenti in Africa, che riceve solo una minima parte dei fondi climatici globali, nonostante sia una delle regioni più colpite dagli effetti del cambiamento climatico.

Cop29 rappresenta quindi sia un’opportunità che un rischio per il futuro della cooperazione climatica. L’opportunità risiede nella possibilità di consolidare il ruolo dell’UNFCCC e rafforzare la governance climatica globale. La recente attenzione verso il “Loss and Damage Fund” ha dimostrato che è possibile un coordinamento mirato, sebbene sia necessario un impegno finanziario ben più consistente per supportare i Paesi vulnerabili.
Il rischio, tuttavia, è che senza una visione condivisa tra le grandi potenze, Cop29 potrebbe produrre risultati simbolici piuttosto che pratici. La possibilità che alcuni Paesi decidano di abbandonare il quadro multilaterale, privilegiando alleanze economiche o politiche più ristrette, metterebbe in serio pericolo l’obiettivo globale di contenere il riscaldamento entro 1,5 °C. La mancanza di accordi vincolanti rischia inoltre di indebolire la credibilità delle conferenze climatiche, riducendo l’UNFCCC a un forum di negoziati senza concreti strumenti di attuazione.

Cop29. Un banco di prova per la comunità internazionale

Cop29 sarà un banco di prova per il multilateralismo e la capacità della comunità internazionale di fronteggiare congiuntamente la crisi climatica. Mentre il multilateralismo tradizionale appare in crisi, con crescenti disaccordi tra le potenze mondiali, la necessità di risposte collettive è più pressante che mai. Cop29 può quindi rappresentare una svolta, dimostrando che, nonostante le divisioni, è possibile adottare strategie globali condivise per la protezione del clima. Tuttavia, l’efficacia di queste azioni dipenderà dalla capacità dei partecipanti di mettere da parte gli interessi nazionali a favore di un impegno comune per il futuro del pianeta.

L’appello di Francesco contenuto nella Laudate Deum

Tutto è collegato. E nessuno si salva da solo. È l’appello di Francesco contenuto nella Laudate Deum, l’esortazione apostolica di Papa Francesco pubblicata nel 2023 e rivolta a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica. Lo stesso pontefice ribadisce che la crisi climatica è “una malattia silenziosa che colpisce tutti noi”.
Per Francesco, “non possiamo più fermare gli enormi danni che abbiamo causato. Siamo appena in tempo per evitare danni ancora più drammatici”. Serve dunque “un punto di svolta”, ma serve anche un “multilateralismo dal basso”. Non si tratta di sostituire la politica, sottolinea il pontefice, ma stabilire “una nuova procedura per il processo decisionale”. Insomma, servono spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione dei conflitti, supervisione e, in sintesi, una sorta di maggiore democratizzazione nella sfera globale, per esprimere e includere le diverse situazioni. Un appello che si ribadisce da sé in vista di Cop29, poiché gli obiettivi sono ancora lontani dall’essere raggiunti.

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