Tornare a un'Italia più socialista - Partito Socialista Italiano

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di Lorenzo Cinquepalmi

Una giovane donna posta su un social il suo bilancio mensile: affitto o mutuo, spesa alimentare, rata auto, utenze, altri consumi… senza extra, imprevisti, ticket sanitari o altro supera i 1.500 euro di uscite al mese. Vive sola e il suo stipendio nemmeno ci arriva a 1.500 euro. Sotto il post si allineano in poche ore quasi mille e trecento interventi, tutti denuncianti la stessa difficoltà a tirare avanti. I salari sono senza dubbio troppo bassi per il costo del vivere: chi è solo fa più fatica di chi fa parte di un nucleo familiare, anche questi ultimi devono rinunciare praticamente a tutto per sopravvivere. La distribuzione della ricchezza, in Italia come in Europa e come nel mondo, testimonia il costante e impetuoso impoverimento delle masse da decenni, con il risultato che la grande ricchezza è concentrata nelle mani del 1 o 2% della popolazione. La fine dell’equilibrio della guerra fredda ha scatenato la forza del capitale, evoluto da manifatturiero a finanziario, col risultato che le movimentazioni finanziarie sono cresciute di multipli rispetto alla ricchezza reale: circola più denaro in soli cinque giorni sui mercati finanziari che in un intero anno nell’economia reale. Vale a dire che il 99% delle operazioni sul mercato delle valute non è più connesso a beni e servizi prodotti e scambiati, ma unicamente alla speculazione. In questa dinamica, le masse sono solo scambiatori di denaro da svuotare di ogni risorsa eccedente la mera sopravvivenza (qualcuno ricorderà Adam Smith…). La relazione tra lavoro e ricchezza diventa labile e l’accesso ai beni essenziali è la migliore occasione per drenare ricchezza. Appunto, una nuova tassa sul macinato, imposta non più dagli Stati ma dalla “grande ricchezza”. Beni e servizi essenziali non vengono più offerti alla popolazione a prezzi e in quantità determinati in base al valore reale degli stessi e alla loro utilità sociale (se ci pensate bene, questi sono concetti costituzionali) ma in misura tale da sottrarre alla gente fino all’ultima goccia di sangue: le case sono poche e care, il lavoro è precario e sottopagato, le cure sanitarie si pagano o sono irraggiungibili. La grave colpa del socialismo europeo e mondiale negli ultimi decenni (quello italiano è stato annientato nel 1992/1994) è non aver capito e contrastato l’evoluzione che ci ha portato alla condizione attuale, ma la sua grande missione deve essere quella di fare oggi ciò che non ha fatto ieri, costruendo una linea di resistenza all’offensiva della “grande ricchezza” da cui fare partire l’inversione di tendenza che riporti il capitale alla realtà, partendo dalla differenza tra capitalismo manifatturiero e capitalismo finanziario. In Italia nell’ultimo trentennio la sinistra è stata assai poco socialista, finendo con il restare inerte, quando non corriva, rispetto all’azione della “grande ricchezza”; il malessere dei ceti popolari e medi ha trovato sfogo nel populismo che ha favorito forze dichiaratamente di destra, come quelle al governo oggi, o sostanzialmente di destra, come quella che ha preteso di avere abolito la povertà. L’elaborazione socialista di una nuova teoria economica deve partire dalla lezione di Olof Palme, che riteneva il capitalismo indispensabile come strumento di creazione della ricchezza, ma considerava altrettanto indispensabile l’intervento del potere politico per moderarne gli eccessi (“il capitalismo non va abbattuto, va tosato”). In questa prospettiva la differenza tra capitale manifatturiero e capitale finanziario assume importanza: il primo crea ricchezza distribuibile, mentre il secondo è impossibile da tosare a posteriori e va contenuto in origine. Proposito impegnativo, perchè in trent’anni di crescita incontrastata la “grande ricchezza” ha immagazzinato una potenza tale da condizionare, come in concreto condiziona, la politica a qualsiasi livello. Eppure, per quanto potente, la “grande ricchezza” ha lo stesso punto debole di quando subiva limitazioni al tempo della guerra fredda: nelle vene del ricco scorre sangue come nelle vene delle moltitudini di diseredati che il socialismo è chiamato a rappresentare; per questo la potenza accumulata dalla “grande ricchezza” è un pericolo per la democrazia (avete presente Elon Musk?): la volontà popolare può ancora cambiare le regole del gioco, può ancora scegliere una dottrina politica ed economica che si proponga di redistribuire il tesoro del mondo. È precisamente questo il compito della politica che vuole rappresentare gli ultimi; la sinistra di domani, messa una pietra sul passato, non potrà che essere socialista, per inaugurare una stagione in cui, con la forza dello Stato diretta come voleva Palme, si possano moderare le distorsioni del mercato con gli strumenti del mercato, senza comprimere alcuna libertà perchè “noi non siamo contro la ricchezza, siamo contro la povertà”.

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