Un viaggio emozionante e ricco di significato ha portato Agnese, una ragazza di 19 anni, a tornare in Kosovo, il Paese dove è stata adottata da piccola
Accompagnata dai genitori, Elena ed Emanuele, Agnese ha di recente visitato Pristina, la città dove, a soli 22 mesi, viveva in un “Kinderdorf” gestito da un’organizzazione austriaca. “Era un suo desiderio, da tempo – racconta la mamma – una precisa sua richiesta che abbiamo volentieri assecondato quando è arrivato il momento giusto”.
Nei ricordi dei genitori quel luogo, segnato allora dalla presenza di fili spinati e della missione UNMIK, ha rappresentato l’inizio di un percorso di vita nuova che ha accompagnato Agnese verso una nuova famiglia in Italia.
Una bambina fragile
Adottata nel 2007, Agnese era una bambina fragile, all’epoca: “Non camminava, non parlava e non era stata svezzata”, aggiungono Elena e Emanuele mentre ricordano il mese di permanenza tra Pristina e le località visitate nel Paese.
Grazie all’amore della famiglia e a cure mediche – inclusa la correzione di un difetto interatriale all’età di 7 anni all’ospedale Niguarda di Milano – Agnese è cresciuta e si è trasformata in una giovane donna curiosa e determinata, oggi all’ultimo anno del liceo artistico e con il sogno di proseguire all’Istituto Europeo di Design (IED).
Il ritorno in Kosovo, dicevamo, è stato un desiderio forte della ragazza, condiviso dalla famiglia. Nonostante la preoccupazione iniziale della madre – “Mio marito invece non lo era per nulla!” precisa Elena – la visita si è rivelata un’esperienza positiva.
“Nostra figlia non ricordava niente di quando era piccola – dicono i genitori – Siamo stati fortunati perché abbiamo visitato l’edificio in giornate molto belle e luminose quando le aspettative di Agnese erano di un luogo più cupo. L’abbiamo vista serena nel corso della visita: probabilmente era un po’ agitata ma non lo dava a vedere”.
L’istituto kosovaro, il Kinderdorf, dove un tempo viveva, è ora un centro amministrativo, ma l’accoglienza calorosa ricevuta dagli operatori attuali ha fatto sentire Agnese come a casa, come fosse una persona che ritorna dopo un lungo viaggio.
“Non c’era quel giorno la direttrice dell’istituto dell’epoca ma l’incontro è stato ugualmente emozionante. Abbiamo notato il contrasto tra le foto di allora e quelle di oggi – ricorda Emanuele – : ci racconta il cammino fatto fino a qui. Dove c’era una camera oggi magari c’è un ufficio e una scrivania ma noi abbiamo riconosciuto gli spazi”.
Agnese è tornata in Italia molto felice e serena, tanto che arrivata a Milano è andata a salutare la nonna per poi rientrare nella sua abituale routine con una nuova consapevolezza.
Durante il viaggio, la famiglia ha visitato anche un monastero serbo nei pressi di Pristina, ma soprattutto ha potuto apprezzare un Kosovo diverso da quello dei ricordi: un Paese in crescita, con una nuova identità nazionale. Agnese, pur non ricordando nulla della sua infanzia lì, si è sentita legata a quel luogo, tanto da essersi documentata molto sulla cultura albanese cui sente di appartenere. “Ecco, forse solo la cucina non è stata molto apprezzata, preferisce quella italiana” dice Elena ridendo.
Tornare alle origini per continuare a crescere
Questo viaggio non è stato solo un ritorno alle origini ma anche un momento di riflessione e crescita per Agnese, una giovane che ha saputo trasformare le fragilità del passato in una forza capace di aprirla al mondo.
E con una coppia di genitori amanti dei viaggi, che l’hanno subito abituata a girare il mondo in modalità nomade, Agnese pensa già alla prossima meta. Il papà è prontissimo: “Giappone! – conclude – pronti per un’altra avventura!”.
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