Commento al programma - Cominati - Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo

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Esattamente un secolo dopo la composizione di Winterreise e degli Improvvisi di Franz Schubert, avvenuta nel 1827, il pianista Leopold Godovskij scrisse una serie di trascrizioni di Lieder schubertiani, tra cui compaiono anche Gute Nacht («Buonanotte»), brano d’apertura del ciclo Winterreise, e Morgengruß («Saluto mattutino»), incluso in Die schöne Müllerin, ciclo liederistico del 1823. Godovskij, pur cambiando le tonalità e adattando il materiale all’esecuzione solamente pianistica, preserva la bellezza del canto, nostalgico ed intimo, avvolto nell’onirica dimensione schubertiana del ricordo lontano e sfumato, che ricorre in molte altre opere dell’autore. Tra queste, v’è l’Improvviso in si bemolle maggiore, terzo della raccolta op. 142, il cui tema, ripreso dalle musiche di scena di Rosamunde dello stesso Schubert e dal Quartetto in la minore, viene elaborato in cinque variazioni, che alternano virtuosismo a momenti di impalpabile leggerezza.

Nella Vienna della seconda metà dell’Ottocento, il valzer rappresentava uno dei generi musicali più in voga, ampiamente esplorato anche dai compositori colti, come Johannes Brahms, che nel 1865, durante il suo periodo di permanenza nella capitale austriaca, compose i Valzer op. 39, originariamente scritti per pianoforte a quattro mani e successivamente arrangiati dallo stesso compositore per un solo esecutore. Si tratta di una raccolta di sedici brevi brani dal carattere danzante e sognante, in cui si percepiscono gli echi popolari tipici del Ländler, antesignano del valzer viennese. La semplicità e la concisione formale che caratterizzano l’opera non danno spazio ad un’approfondita elaborazione tematica, ma certamente non sacrificano l’incantevole bellezza melodica e la raffinatezza contrappuntistica, sia nelle pagine più briose e brillanti, sia in quelle più nostalgiche ed introspettive.

Una dimensione malinconica, ma intrisa d’ironia, connota le Valses nobles et sentimentales di Ravel. L’elemento raveliano del gioco è legato in duplice forma a questi otto brevi valzer. Innanzitutto, l’opera è stata pensata dallo stesso Ravel come un leggero e piacevole divertimento. Inoltre, la circostanza in cui i valzer furono presentati per la prima volta, nel 1911, fu una sorta di curioso gioco: il pianista Louis Aubert li eseguì davanti ad un pubblico ristretto di intellettuali e raffinati musicisti a cui venne chiesto di indovinare l’autore, fino ad allora sconosciuto. Pochi, tuttavia, attribuirono la paternità dell’opera a Ravel, che tre anni prima aveva composto il virtuosistico Gaspard de la nuit. Con le Valses, al contrario, si torna ad una semplificazione della scrittura pianistica, a cui si contrappone un linguaggio armonico aspro e angoloso. Il titolo, inoltre, è un omaggio a Schubert, indiscusso maestro viennese del valzer, autore di Valses sentimentales e Valses nobles.

Leggerezza e disincanto uniti al virtuosismo sono elementi che ricorrono anche in Liebesleid («Pena d’amore») del compositore austriaco Fritz Kreisler, pubblicato nel 1905 all’interno del trittico Alt-Wiener Tanzweisen e di cui l’amico Sergej Rachmaninov realizzò tra gli anni Venti e Trenta una doppia trascrizione per pianoforte, e nel Valzer in mi maggiore di Moritz Moszkowski, primo pezzo della raccolta op. 34, scritto nel 1884, dalla scrittura brillante e cangiante.

Gloria Galbiati

Recapiti
Lia Cocca