Nutrirsi di Bellezza - A.I.D.O.

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Circondarsi di oggetti, ambienti, natura che ci piacciono particolarmente non è un lusso ma una necessità per stare bene nel corpo e nella mente. Le nuove scoperte scientifiche e della “Neuroestetica”

di Vita e Salute

La bellezza fa bene, non solo allo spirito ma anche al corpo. Per questo è importante non considerarla un lusso, ma qualcosa che dovrebbe far parte della nostra vita di tutti i giorni, cominciando a prenderci cura degli spazi in cui viviamo e a prestare attenzione ai momenti di bellezza, piccoli e grandi, che ci circondano. “Oggi possiamo dire che la bellezza è insieme un piacere dei sensi e dell’intelletto, ed evoca desiderio”, spiega il neurologo Enrico Grassi della Soc di neurologia dell’ospedale di Prato, coordinatore del gruppo di ricerca in neuroscienze comportamentali della Società di neurologia ospedaliera Sno. Circondarsi di cose belle – secondo criteri oggettivi o scelte personali – fa sicuramente bene, il che dal punto di vista fisiologico significa che attiva il sistema dopaminergico della ricompensa: “In qualche modo l’arte ha su di noi lo stesso effetto del cibo e del sesso. È fondamentale ricordarlo, per renderci conto che la bellezza non è solo qualcosa che apprezziamo con i nostri sensi”.

Efficace in Parkinson e Alzheimer

“Nel 2029 l’Oms ha presentato una ricerca sugli effetti delle arti – soprattutto la musica che è forse quella che ha un impatto maggiore sulla nostra salute – e si è visto che anche chi soffre di malattie degenerative come Parkinson o Alzheimer può trarne beneficio”, spiega Felicia Cigorescu, direttrice artistica e manager di responsabilità sociale d’impresa, e coordinatrice dell’International Kindness Movement fondato da Daniel Lumera. Forse non dovremmo parlare solo di bellezza estetica, “ma anche di bellezza dell’anima”, precisa Cigorescu, “l’arte non è un di più ma qualcosa di necessario per il nostro benessere, in particolare per chi vive nei quartieri più svantaggiati: Papa Francesco ha detto che l’arte è necessaria soprattutto ai poveri”.
Anche se entro certi limiti la percezione della bellezza è soggettiva. Spesso, per esempio, associamo i concetti del bello e del buono, “e poi ci sono altri elementi come l’armonia delle proporzioni, anche se nel tempo i gusti possono cambiare”, prosegue lo psicologo. “Ci sono differenze culturali nel modo di esprimere e vedere l’arte. La pittura europea, per esempio, è molto concentrata sui volti, sulle figure umane, mentre l’arte orientale ha una preponderanza di paesaggi. Ma al tempo stesso esistono criteri oggettivi, pensiamo al busto di Nefertiti, ha tremila anni e nessuno direbbe che non è bello: le caratteristiche che lo contraddistinguono – occhi allungati, zigomi alti, labbra carnose – sono apprezzate ancora oggi”.

Effetti sull’amigdala

Ma quali sono i meccanismi che ci portano dalla piacevolezza al benessere? “Qui entrano in gioco le emozioni elaborate in alcune aree cerebrali come l’amigdala, ma anche il sistema nervoso periferico”, spiega Marco Villamira, medico e psicologo autore di ricerche sulla percezione dell’arte. “La sensazione di piacere si trasferisce poi ai vari organi, dal cuore all’intestino che ha un ruolo importante a livello di percezione”. È da questo che derivano i benefici per la salute: “In qualche modo gli stimoli raggiungono i diversi organi, e li mettono per così dire ‘di buon umore’”, prosegue Villamira. “Per esempio io stesso, che ho seri problemi di salute, quando mi sveglio al mare affacciandomi su uno splendido panorama e c’è il sole mi sento perfino di buon umore”.
Si definisce Biofilia il nostro legame con la Natura che ci porta ad apprezzarne la bellezza, anzi a viverla come indispensabile per il nostro benessere: “Uno dei primi studi sul rapporto tra natura e salute ha analizzato i tempi di guarigione di pazienti chirurgici ricoverati in uno stesso ospedale”, spiega Grassi. “Ne è emerso che quanti avevano una finestra che affacciava sul giardino utilizzavano meno analgesici ed erano dimessi prima degli altri”.
E in mancanza di giardini funzionano anche i fiori, basta un vasetto sul davanzale a influenzare il nostro stato d’animo. Non servono piante esotiche o composizioni costose: “Ci sono studi che mostrano come le nostre preferenze si rivolgano a fiori semplici, con una simmetria radiale: semplicità e parsimonia sono due concetti molto legati all’idea di bellezza”, spiega Grassi.
La natura fa parte di noi: “Abbiamo bisogno di comunicare con altri esseri viventi, i nostri simili ma anche piante o animali”, prosegue Villamira, “per questo può essere utile avere un animale domestico, ma anche piante di cui prendersi cura”. Proprio gli spazi domestici sono importanti per il nostro benessere: “Quando possibile dovrebbero essere progettati secondo le nostre indicazioni”, prosegue lo psicologo, “e in ogni caso è importante creare ambienti luminosi, preferendo gli open space e i colori pastello che danno un’idea di spazio anche in un ambiente minuscolo”.

Cura negli ambienti di lavoro

Lo stesso vale per gli ambienti di lavoro, “particolarmente qui è importantissimo curare l’illuminazione, che dovrebbe essere per quanto possibile naturale”, prosegue Villamira, “oggi si comincia ad avere più attenzione per il benessere nei luoghi di lavoro preferendo luci naturali o di tonalità naturale, ma in alcuni luoghi si trovano ancora le luci al neon”. Per rendere confortevole un ambiente di lavoro si può anche cercare di personalizzarlo con i propri oggetti, ma l’ideale è che il lavoro stesso si svolga in un’atmosfera positiva e orientata al benessere.
C’è poi la Neuroestetica che nasce proprio per studiare le basi neurobiologiche del nostro rapporto con l’arte: “Ci sono studi che mostrano, quando siamo di fronte a un’opera d’arte, come si attivi la corteccia orbito frontale, tanto più quanto più ne siamo colpiti”.

Il bello delle proporzioni

Esistono però anche criteri oggettivi per definire ciò che è bello e ciò che non lo è. Uno studio del gruppo di Rizzolatti, lo scopritore dei neuroni specchio, ha analizzato le reazioni a un’immagine del Doriforo di Policleto, una famosa statua che rispetta in modo perfetto la proporzione aurea: i ricercatori hanno mostrato ai soggetti scelti per l’esperimento foto della statua alterate in modo da deformarne le proporzioni, e si è visto che queste non attivavano il circuito dopaminergico. “In qualche modo, quindi, esiste un criterio oggettivo cui il nostro cervello è in grado di rispondere”, spiega Grassi.
Una reazione simile è stata ottenuta in un esperimento realizzato dalla neuroscienziata Alessandra Umiltà dell’Università di Parma con i famosi “tagli” di Fontana e dei quadri simili in cui i tagli erano stati inseriti a caso: “Si è visto che la reazione era diversa, i falsi non attivavano l’area motoria del cervello che invece si accendeva di fronte ai quadri veri”, spiega Cigorescu. Poi ci sono specializzazioni come la bellezza della matematica studiata da Semir Zeki: “L’area che si attiva nel cervello dei matematici di fronte a una formula elegante come l’equazione di Dirac”, conclude Grassi, “è la stessa che reagisce a un’opera d’arte”.

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alessandra@romboliassociati.com