DCA: …”Quanto mi sono odiata!”… @chiarasolems - MondoSole Ass. e Centro anoressia, bulimia, binge eating, DCA

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Quanto ho odiato la persona raffigurata nell’immagine di questo post, quanto mi sono stra-odiata.

Odio, disprezzo, schifo, sentivo di non valere nulla (per forza non mi sentivo mai abbastanza).
Sentivo di avere la colpa di tutto, per tutto e per tutti.
Sentivo un costante senso di abbandono e rifiuto (inevitabile).
Mi avvertivo infinitamente enorme/grassa, tanto quanto era forte il sentirmi completamente invisibile agli occhi degli altri e soprattutto agli occhi di chi contava per me.

Sentire una solitudine così profonda da non saper neanche descrivere:

Sola anche e soprattutto in mezzo agli altri, una sensazione gelida, profonda:

UNA SOFFERENZA PAUROSA!

Di quel tipo di “SOLITUDINE”, e metto il termine solitudine tra virgolette perché improprio dato che non spiega appieno il sentire infinito,  che paralizza anche solo la lontana idea di poter stare un giorno bene.
Si tratta di qualcosa di totalizzante, troppo grande, FREDDISSIMO!
E CHE NESSUNO SI AZZARDI AD ARRIVARE E DIRE COSE DEL TIPO “DAI DAI sei una guerriera”, “dai forza”, “tu, una come te, ce la farà sicuramente”.
Insomma, sono tutte delle sofferenze talmente IMMENSE che hanno bisogno del loro spazio per un tempo personale.
Ed è importante darglielo.
(lo scrivo piu’ che altro per le persone che vivono acanto a chi porta il sintono evidente).

Sentivo che nessuno avrebbe mai potuto capire.
Avvertivo un male così infinito tanto da “non sentirlo più” per quanto io fossi logorata dallo stesso.
Inconsciamente e, senza rendermene conto, mi sono rifugiata in una prigione, in una malattia psichiatrica: una convivenza indissolubile sin da piccolissima fino a circa il 2001.

Infinite forme di autodistruzione per proteggermi da cause, traumi, dolori, dinamiche, ecc.

Mi guardavo e vedevo merda (per usare un francesismo).

Putrida dentro e fuori.

Le inconsce autopunizioni non bastavano mai.

Al fondo non c’è mai fine!

Chiedendo aiuto… con lavoro e fatica, lavoro e fatica, lavoro e fatica sono guarita… ero convintissima di essere marcia dentro e che guarire sarebbe stato davvero impossibile (me lo avevano detto a chiare lettere che ero un caso ecc ecc).

Guardo questa vecchia foto e… e… che tenerezza, quanta tenerezza!

Quanto dolore, indipendentemente dal peso, da qualunque peso: TANTO LUI, IL DOLORE, PESAVA SEMPRE E COMUNQUE TANTISSIMO ED ERA ENORME, SEMPRE!
ESATTAMENTE COME MI SENTIVO E VEDEVO IO: ENORME, DEFORME E PESANTISSIMA, MA, COMUNQUE INVISIBILE PER TUTTI!

Questa è una delle pochissime che ho degli anni della malattia. La fototessera per la patente.

Guardo il mio sguardo di allora… Spento, occhi vitrei, svuotata dalla vita e riempita dalla sofferenza…
nell’osservarmi avverto amorevole tenerezza per quella me così disperata.

Ero contenta per la patente e infatti, per la foto, ho cercato di “incarinirmi” ;-).

Nel tempo ho lavorato duramente su tantissime cose tra cui la coazione a ripetere.
Sulla memoria impermeabile provocata dalla cristallizzazione della crescita dovuta ai sintomi alimentari.

Posso affermare che ricordo vividamente ogni singola sensazione. Ci tengo a precisare che mi riferisco alle sensazioni/emozioni: ciò che ho provato nella malattia!

Poi, di alcune cose, parlo di fatti (non di emozioni), non ne ho una memoria vivida proprio a causa sei potenti sintomi dei DCA: l’anestesia è talmente forte che può “portar via dei pezzi”, per dirla in modo brutale, ma chiaro.

Tutto ciò fa parte della patologia stessa.
La cosa fondamentale è tenersi stretta la memoria di cosa si è vissuto, di cosa abbiamo sentito!

Il Maestro Primo Levi afferma che
“Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo.”

Amici non perdete la speranza, continuate il vostro percorso di cura/crescita, continuate a cercare la vostra strada terapeutica per arrivare ad una effettiva libertà. Tutto è possibile, nonostante i vari nonostante.

ChiaraSole Ciavatta

Recapiti
ChiaraSole Ciavatta