ADOZIONI: COSA CI DICONO I DATI CAI?

Compatibilità
Salva(0)
Condividi

I dati dei report CAI ripresi su questo sito la settimana scorsa, ci portano a fare una serie di considerazioni. Innanzitutto che, purtroppo, non ci possiamo più stupire: il calo numerico, continuo e costante anche a livello globale, dei bambini arrivati in adozione internazionale in Italia è fenomeno strutturale: 585 bambini nel 2023 per 478 coppie adottive, con una riduzione numerica di circa il 90% negli ultimi 13 anni, quando i bambini erano stati 4.130 (anno 2010). Bambini che, rispetto al passato, sono più grandi e portano con sé storie e situazioni più complesse: nel 2023, il 70%  è stato portatore di special needs perché grande (nel 2023 l’età media è stata di 6,8 anni) e/o perché portatore di situazioni sanitarie o storie particolarmente complesse.

I coniugi che scelgono il percorso dell’adozione sono sempre meno e arrivano a questa decisione sempre più avanti negli anni tanto che, nel 2023, l’età media dei padri adottivi è stata di 47,6 anni e di 45,9 anni quella delle madri.

Anche le attese si sono allungate rispetto al passato per molteplici cause tra cui la pandemia e i più recenti conflitti in corso, rendendo più complesso, per le coppie di adottanti, mantenere viva motivazione e aspettativa. Dalla presentazione della disponibilità all’adozione alla realizzazione della stessa passano mediamente 4 anni e mezzo; un anno circa per avere il decreto di idoneità, otto mesi è il tempo medio che passa tra l’idoneità e il conferimento d’incarico all’ente, poco meno di tre anni quanto passa dal conferimento di incarico all’ente alla realizzazione dell’adozione.

Il numero di Enti autorizzati per le adozioni internazionali, 46 attivi, è lievemente sceso rispetto al passato ma rimane spropositato sia in relazione al numero di enti negli altri Paesi di accoglienza, sia in considerazione della riduzione costante del numero di procedure adottive in Italia: nel 2023 si può calcolare una media di poco più di 10 adozioni per ente; c’è chi ne ha realizzate di più, chi di meno ma otto enti non ne hanno realizzato nemmeno una.

Nei Paesi d’origine, soprattutto in alcuni, si registra un numero enorme di coppie candidate – noi vediamo il dato delle coppie italiane ma sappiamo che ce ne sono candidate di tante altre nazionalità – in alcuni casi evidentemente ingiustificato in considerazione del numero delle adozioni concluse. Inoltre, ci sono coppie candidate in Paesi dove realisticamente non si riprenderà con le adozioni, certamente non in tempi brevi. In tutti questi casi, il rischio di creare attese vane e pressioni in loco è molto alto. Al 30 giugno 2024 si registrano 200 coppie candidate in Bielorussia a fronte di nessuna adozione realizzata nei due anni precedenti; 181 sono le coppie in attesa in Bulgaria quando sono state complessivamente 22 le adozioni realizzate nel 2022 e 2023; 79 le coppie in attesa in Cina quando 2 sono state le adozioni nel biennio precedente; 33 le coppie in attesa dall’Etiopia quando il Paese ha chiuso alle adozioni internazionali da più 5 anni, nel 2018, e non ci sono segnali di riapertura; senza parlare delle coppie in attesa da Federazione Russa (75) e Ucraina (38) dove le adozioni sono ovviamente condizionate dal conflitto in corso.

Come già espresso all’interno del coordinamento di enti autorizzati per l’adozione internazionale OLA – Oltre l’Adozione, di cui CIAI fa parte, – vedi il   documento redatto- pensiamo che in Italia serva un cambiamento radicale di riforma dell’intero sistema di protezione dell’infanzia, alla luce dei tanti cambiamenti avvenuti non solo nella realtà delle adozioni internazionali, ma soprattutto in seguito ai grandi fenomeni migratori, alla necessità di trovare risposte ai bambini che arrivano soli nel nostro Paese, alla necessità di rilanciare l’affido, l’adozione nazionale e tutte le forme di accoglienza dei minorenni in difficoltà che nel nostro Paese, calcolando solo quelli fuori famiglia d’origine, sono stimati in 30mila.

Nel frattempo pensiamo che servano risposte concrete per le tante coppie aspiranti l’adozione che rischiano di rimanere in un’attesa senza fine e per i tanti bambini in stato di abbandono che in molti Paesi d’origine – a causa di procedure farraginose o nuove, o a causa di difficoltà di risorse umane ed economiche – non trovano risposta al loro diritto di famiglia. Riteniamo quindi che, nel breve periodo, vadano rafforzate le azioni di interlocuzione diplomatica e istituzionale con i Paesi d’origine che non riescono a far fronte alla situazione dei tanti bambini in stato di abbandono e che vada altresì pensata un’azione istituzionale per interrompere nuove candidature di coppie in quei Paesi dove già sono presenti centinaia di disponibilità ma non è possibile realizzare le adozioni internazionali o comunque dove ce n’è meno bisogno rispetto al passato,  in un’azione di tutela delle coppie italiane che avrebbe altresì l’effetto di ridurre le pressioni che tali numeri inevitabilmente creano nei Paesi di Origine.

Il sistema delle adozioni internazionali in Italia – uno dei migliori al mondo per legislazione, impianto amministrativo e istituzionale, capacità ricettiva e qualità e professionalità degli Enti pubblici e privati nell’accompagnamento pre e post adozione delle famiglie adottive – rischia di implodere se il processo di inevitabile e costante calo dei numeri non sarà accompagnato e gestito a livello istituzionale con l’obiettivo di preservarne la qualità.  Non dovrebbe essere la narrazione dei numeri a doverci preoccupare, bensì le storie che stanno dietro ai numeri, che ci pongono di fronte alla necessità di intervenire, perché le tante coppie italiane aspiranti all’adozione non debbano affrontare un’attesa vana e perché i tanti bambini in stato di abbandono abbiano sempre garantito, in Italia e in tanti altri Paesi del mondo, il diritto alla famiglia.

Recapiti
Donatella Ceralli