«Israele, la sicurezza non si costruisce soltanto con le armi» (Messaggero Veneto) – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

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«L’obiettivo della sicurezza di Israele non può essere raggiunto dai suoi leader solo con lo strumento militare»: è uno stop in piena regola quello che Antonio Tajani lancia al leader israeliano Benjamin Netanyahu, perché ormai la domanda che angoscia tutti gli osservatori è quanto possa andare avanti questa guerra di attacchi e reazioni a scoppio ritardato, tra Iran e Israele, senza che degeneri tutto in un conflitto devastante dalle conseguenze imprevedibili nello scacchiere internazionale. Il ministro degli Esteri ne parlerà stamane a Padova intervistato da Giovanna Botteri nell’Aula Magna di Palazzo del Bo al convegno Senza pace. Le guerre interrogano l’Italia. «Israele — spiega il leader di Forza Italia in questo colloquio con i giornali del gruppo Nem – ha reagito a un massacro orribile, quello del 7 ottobre 2023. Ma dopo un anno, e adesso dopo la scomparsa del capo di Hamas a Gaza, io credo che possa porsi l’obiettivo di raggiungere un cessate- il-fuoco, di far liberare i suoi ostaggi e di permettere alla comunità internazionale di occuparsi delle incredibili sofferenze della popolazione palestinese».

E come può ottenere Israele una condizione accettabile di sicurezza?

«Una vera difesa, una vera assicurazione sulla sicurezza per Israele deriverà solo da un negoziato diplomatico e da accordi politici. Spero che i segnali che arrivano in queste ore di una ripresa dei negoziati con Qatar Egitto e Stati Uniti siano davvero una anticipazione di una svolta di pace».

E può proseguire la missione Unifil, dopo le accuse israeliane di aver fatto fare a Hezbollah ciò che voleva in questi anni? Non è screditata la sua azione pacificatrice e quindi a rischio la posizione dei soldati?

«La posizione dei soldati dell’Onu, dei nostri militari italiani è a rischio in queste fasi di scontri ad altissima tensione. Ma il ruolo di Unifil anche in futuro sarà cruciale per garantire una tregua, per sostenere degli accordi politici che inevitabilmente prevederanno una forza di separazione fra il Libano e Israele. Noi pensiamo sia giusto affidare proprio a una Unifil rafforzata il controllo della fascia del territorio tra il confine fra Libano e Israele e la linea del fiume Litani. A Nord potrebbe essere creata una nuova fascia di sicurezza affidata solo all’esercito libanese».

Lei non crede ministro che la debolezza americana in questi mesi abbia consentito a Netanyahu di fare come voleva? Colpisce che nessuno sia in grado di fermarlo.

«Non credo che gli Stati Uniti non abbiano possibilità di influenzare le azioni di Israele. Ci sono molti obiettivi che sono stati condivisi e saranno condivisi. Il fatto che gli Usa siano in una fase di campagna elettorale è una realtà, ma allo stesso tempo Israele sa benissimo che il rapporto con l’America per loro è vitale e strategico».

E come cambierà la politica estera americana se vincerà Trump? Un possibile fattore positivo di una vittoria di Trump sarebbe una sveglia all’ Europa?

«Dall’inizio di questa campagna elettorale americana, ma soprattutto adesso che siamo a pochi giorni dal voto, io ho mantenuto una linea di equilibrio che è poi quella naturale del ministro degli Esteri di un paese fortemente legato agli Stati Uniti. Noi abbiamo legami intensi con le istituzioni americane, gli Usa sono il nostro primo alleato assieme ai paesi della Ue. Quindi ci prepariamo a lavorare con Trump o con Harris con la stessa intensità. Come cambierà la loro politica estera? Lo vedremo nei prossimi mesi, ma di sicuro sapremo dialogare e comporre i nostri punti di vista, i nostri interessi in maniera efficace e utile».

Nella crisi in Ucraina e in Medio Oriente l’Europa non ha voce in capitolo perché non prende mai posizioni nette in nessun conflitto?

«Non è vero che l’Europa non abbia voce in capitolo: ma è vero che noi paesi Ue non giochiamo un ruolo proporzionato al peso economico, all’importanza politica della nostra alleanza. Se vogliamo una voce europea più forte dobbiamo fare quelle riforme che molti auspicano. La prima è quella di allargare l’ambito del voto a maggioranza. Con la nuova Commissione, con il nuovo Parlamento saranno di attualità i temi della capacità della Ue di decidere e pesare nel mondo».

Nel 2025 Gorizia sarà capitale della cultura con Nova Gorica in Slovenia. Il protrarsi della chiusura di Schengen tra Italia e Slovenia non stride con questo storico evento?

«Nei miei incontri con il governo sloveno di ieri, in particolare con la cara collega Tanja Fajon, ho spiegato ancora una volta che questa decisione di sospendere Schengen è dovuta solo alla minaccia di possibili infiltrazioni di terroristi. Non ad altro. Ci prepariamo appena possibile a revocare la sospensione, ma devo dire che i nostri funzionari al confine hanno adottato tutte le modalità necessarie a non rallentare i passaggi alle frontiere, proprio per non creare problemi ai cittadini delle due parti».

Sulla vicenda albanese, lei ha criticato lo sconfinamento dei giudici. Ma da europeista come mai non accetta che la sentenza della Corte Ue del 4 ottobre soverchi le norme dei singoli paesi?

«Io ho criticato la modalità con cui è stato fatto riferimento a una sentenza europea per andare di fatto contro un provvedimento preso con l’autorità di Governo. Non cerchiamo lo scontro con alcuni settori della magistratura, ma soltanto il rispetto dei ruoli. Nostro dovere è risolvere la questione migratoria e quello che stiamo facendo è nel rispetto delle regole italiane e comunitarie, quindi andremo avanti».

Non lo sapevate che rischiavate un altro scontro con l’Ue, di cui lei per anni ha presieduto il Parlamento?

«Non c’è uno scontro con l’Europa, e anzi molti paesi europei hanno indicato che il tentativo che l’Italia sta facendo di gestire la questione dei migranti irregolari con un paese amico come l’Albania è un tentativo che va incoraggiato».

Passiamo infine alle vicende di casa nostra, alle tensioni tra il suo partito, Forza Italia e i suoi alleati. Molti credono che sarà Forza Italia a far cadere il governo Meloni. Se la sente di smentire questa previsione?

«Da dove arriva quest’idea? È una assurdità totale… C’è confronto fra gli alleati, ci sono posizioni che Forza Italia porta avanti, rispettando la sua tradizione politica e la sua visione della società italiana, la sua ricerca dei modi per risolvere i problemi della nostra comunità. Ma le basi di questa alleanza politica di centrodestra sono solide: anche i nostri avversari politici lo riconoscono. Le nostre idee possono non piacere, ma molti nel centrosinistra ammettono tranquillamente che il centrodestra è unito, l’alleanza è solida».

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