Correggere il difetto genetico alla base della patologia rappresenta una reale speranza di migliorare significativamente la qualità di vita dei pazienti
Le mucopolisaccaridosi (MPS), un gruppo di patologie genetiche ereditarie causate dall'accumulo di glicosaminoglicani all'interno dei lisosomi, hanno un grave impatto sulla salute dei pazienti. Questi disturbi, che vedono il coinvolgimento di più organi e sistemi, tra cui quelli scheletrico, cardiaco e nervoso, hanno una sintomatologia molto eterogenea e vengono attualmente trattati con la terapia enzimatica sostitutiva e il trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Tuttavia, tali approcci presentano delle limitazioni e, proprio per questo motivo, la scienza sta guardando anche al possibile impiego della terapia genica, opzione che è potenzialmente in grado di offrire una correzione a lungo termine del difetto genetico alla base di queste patologie. Un articolo pubblicato su The Journal of Inherited Metabolic Disease e scritto dai ricercatori italiani Nicola Brunetti-Pierri e Alessandro Rossi, ha preso in esame proprio gli ultimi progressi nel campo della terapia genica per le mucopolisaccaridosi, tra cui la mucopolisaccaridosi di tipo I.
MUCOPOLISACCARIDOSI: GLI ATTUALI TRATTAMENTI
Le mucopolisaccaridosi sono disordini ereditari in cui la carenza di specifici enzimi determina un dannoso accumulo di glicosaminoglicani nei lisosomi cellulari. Ad oggi sono stati riconosciuti dieci diversi tipi di MPS e l’incidenza complessiva di queste patologie è stimata in circa 0,5-7,1 casi su 100.000 nuovi nati. A seconda dell’enzima deficitario, e del grado di attività residua dello stesso, le manifestazioni cliniche delle mucopolisaccaridosi possono variare, ma presentano un andamento tipicamente progressivo e comprendono tratti facciali grossolani, epatosplenomegalia, anomalie delle valvole cardiache, malattie respiratorie e problematiche ossee e articolari. Il coinvolgimento del sistema nervoso centrale è presente nella maggior parte di queste patologie, in particolare nelle forme gravi di MPS I e MPS II e nelle MPS di tipo III e VII. La mortalità correlata alla malattia è spesso dovuta a infezioni respiratorie, malattie cardiache e grave neurodegenerazione.
Attualmente la gestione delle mucopolisaccaridosi si basa sia su cure di supporto che su trattamenti specifici, che includono il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche e la terapia enzimatica sostitutiva (ERT). Pur essendo utile nei casi più gravi, purché eseguito in stadi precoci della malattia, il trapianto di midollo è ostacolato dai potenziali effetti collaterali e dalla limitata disponibilità di donatori compatibili. La terapia enzimatica sostitutiva si basa su continue somministrazioni endovenose di una forma ricombinante dell’enzima lisosomiale carente ed è oggi disponibile per MPS I, MPS II, MPS IV-A, MPS VI e MPS VII. Tuttavia, gli enzimi ricombinanti hanno una vita breve nel sistema circolatorio – motivo per cui le somministrazioni di ERT sono continuative nel tempo – e non vengono distribuiti in modo eguale in tutti i tessuti, problema che ha ricadute negative sul trattamento delle manifestazioni scheletriche, oculari e neurologiche della malattia. Da qui il grande interesse della scienza nei confronti di una soluzione terapeutica che possa correggere in modo definitivo il difetto genetico alla base delle MPS, migliorando la qualità di vita dei pazienti.
LA TERAPIA GENICA PER LA MPS I
La mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I) è causata dalla carenza dell’enzima alfa-L-iduronidasi (IDUA) ed è a sua volta suddivisa in tre diverse forme: sindrome di Hurler (fenotipo clinico più grave), sindrome di Hurler-Scheie (fenotipo clinico intermedio) e sindrome di Scheie (fenotipo clinico meno grave). Questa classificazione si basa sulla sintomatologia preminente, sull’età d’esordio delle prime manifestazioni e sulla rapidità di progressione della patologia. Ad oggi, per la MPS I sono in via di sviluppo diversi approcci di terapia genica, sia ex vivo che in vivo.
Sulla base di studi preclinici condotti su modelli murini della malattia, è in via di sperimentazione una terapia genica ex vivo che prevede la correzione genetica, tramite l’utilizzo di un vettore lentivirale, di cellule staminali ematopoietiche utilizzate per il trattamento di bambini pre-sintomatici o pauci-sintomatici con sindrome di Hurler. Lo studio clinico è condotto dai ricercatori italiani dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano, sotto la guida del prof. Alessandro Aiuti, e i risultati preliminari sono stati pubblicati nel 2021 sulla rivista The New England Journal of Medicine. Il trattamento si è rivelato sicuro e, dopo un follow up medio di circa due anni, le cellule geneticamente corrette hanno attecchito bene in tutti i pazienti. Tutti i partecipanti hanno mostrato un'attività sovrafisiologica dell’enzima IDUA nel sangue, e nella maggior parte di loro è stata evidenziata una normalizzazione dell'escrezione urinaria di glicosaminoglicani. Inoltre, nei piccoli pazienti è emersa una stabilità delle prestazioni cognitive, un miglioramento dello sviluppo motorio e una riduzione della rigidità articolare. È importante sottolineare che tutti i bambini arruolati nella sperimentazione erano ancora asintomatici, a sostegno della necessità di effettuare la terapia genica ex vivo prima dell'insorgenza delle manifestazioni della malattia per ottenere buoni risultati.
Per poter trattare i pazienti con MPS I che sono già sintomatici al momento della diagnosi, sono in via di sviluppo alcuni approcci di terapia genica in vivo. Attualmente è in corso uno studio clinico, condotto dall’azienda farmaceutica RegenxBio, che prevede la somministrazione di copie sane del gene IDUA direttamente nel sistema nervoso centrale, tramite un vettore virale adeno-associato, ma i risultati di questo trial non sono stati ancora pubblicati. Infine, è stata condotta anche una sperimentazione clinica su una strategia di editing genomico, basata su nucleasi a dita di zinco (Zinc-Finger Nuclease, ZFN), utilizzata per correggere il difetto genetico alla base della MPS I nelle cellule epatiche. Sebbene tale approccio abbia mostrato un profilo di sicurezza favorevole, con evidenza di editing genomico mirato nel fegato, l'espressione dell'enzima IDUA nel sangue non è stata mantenuta nel lungo termine.
Per informazioni sulle tecniche di terapia genica che sono attualmente in via di sviluppo per le altre forme di mucopolisaccaridosi è possibile leggere l’articolo pubblicato su Osservatorio Terapie Avanzate.