“Il più grande successo per me è stato riuscire a trasformare il mio disagio in energia”, ha spiegato. Non è stato un percorso in discesa: “Ho avuto bisogno di riscoprirmi fragile a un certo punto. Fragilità non è debolezza, è ricchezza”. Il segreto però è “Non schivare il colpo, saper cadere a terra e rialzarsi”. A partire dalla prima caduta, quando a 18 anni le hanno diagnosticato la retinite pigmentosa che l’ha resa cieca: “Mio padre mi disse: se non puoi vedere la luce diventa tu luce. Ho cercato di mantenere fede alla promessa”. Anche Paolo Pizzo, due volte campione del mondo di scherma, è caduto al tappeto contro il tumore al cervello che gli ha impedito di gareggiare per mesi. “Nascondevo le crisi epilettiche perché volevo fare le gare. Non ascoltavo me stesso e i miei limiti”. Poi ha capito che invece la mossa vincente è chiedere aiuto. E sono arrivate le medaglie.
“Non ambite alla normalità ma ad essere speciali”, è l’appello di Annalisa Minetti. A fare la differenza, si potrebbe dire, nei contesti difficili. È quello che fanno tante donne in Africa, grazie a progetti di ong o dell’agenzia italiana per lo sviluppo. All’Arena internazionale hanno raccontato le loro storie, quella di Amy Dieng e delle donne protagoniste dello sviluppo agricolo in Senegal. O quella delle commercianti dell’Est Burundi che grazie a un progetto di sviluppo di Lvia, con una bicicletta riescono a cambiare il destino delle loro famiglie e comunità, superando i pregiudizi.
“Un limite può essere una barriera ma anche l’inizio dell’oceano. In fondo voi mi riconoscete per un mio limite: il perimetro fisico e psicologico, fa notare Giuseppe Zampino, direttore della pediatria del Gemelli parlando di Jerome Lejeune, lo scienziato che ha scoperto la Trisomia 21 e ha fondato la pontificia accademia per la vita. “Il vagito di un bimbo è paradigma di responsabilità”: se non lo curiamo muore. E così è stato per Lejune: la scienza come via di santità. “Non è stato grande scienziato e cristiano, Lejeune è tutto insieme - spiega Aude Dugast, la postulatrice della causa di beatificazione -. Aveva gli occhi fissi sul bene del paziente non a servizio di una politica sanitaria”. Famoso un suo discorso contro il “razzismo cromosomico” e l’aborto che probabilmente gli ha fatto perdere il Nobel. La genetica, anche grazie a lui, oggi permette di conoscere e prevedere alcune delle malattie che svilupperà una persona in futuro: “Sono diagnosi che costano caro in termini di cure - disse lui stesso al Meeting nel 1994 -, ma è il prezzo che deve pagare la società se vuole restare umana”.
Dal podcast "L'altro Meeting", di Daniela Verlicchi