È stato presentato oggi in conferenza stampa a Roma il Rapporto sul Protocollo Italia-Albania con le informazioni e i dati raccolti durante le visite di monitoraggio realizzate presso i due centri di Shenjing e Gjader da rappresentanti del Tavolo Asilo e Immigrazione in occasione delle tre operazioni di trasferimento di richiedenti asilo soccorsi in mare.
Queste attività di monitoraggio sono state condotte in sinergia con il Gruppo di Contatto Parlamentare sull’immigrazione, costituito da esponenti di diverse forze politiche.
Le informazioni raccolte confermano le preoccupazioni iniziali, il sistema è caratterizzato da un’elevata opacità istituzionale, da una carenza strutturale di strumenti di tutela effettiva per le persone coinvolte e da una gestione che riduce al minimo la possibilità di intervento da parte di soggetti terzi. In questo scenario, l’attività di monitoraggio è fondamentale perchè non solo documenta le violazioni in corso, ma permette di promuovere un dibattito pubblico informato per elaborare strategie di contrasto e soluzioni efficaci.
Come già più volte denunciato, quello messo in pratica con l’implementazione del Protocollo è modello che normalizza il trasferimento forzato e la detenzione sistematica come strumenti ordinari di governo della mobilità. Le implicazioni di questa impostazione sono molteplici e preoccupanti: dalla riduzione dello spazio di protezione giuridica per le persone migranti alla creazione di una zona d’ombra in cui il diritto rischia di restare sospeso, fino alla costruzione di un precedente che potrebbe essere replicato su scala più ampia. Particolare attenzione è stata posta alla valutazione delle vulnerabilità, al trattenimento prolungato, alla negazione del diritto alla difesa e alla significativa compressione delle garanzie procedurali come risultato delle procedure accelerate di frontiera.
E proprio questa mattina ha anche preso il via l’udienza della Corte europea di giustizia europea (CGUE) sui ricorsi pregiudiziali presentati dal Tribunale di Roma sulla questione relativa alla designazione dei Paesi di origine sicuri, sulla quale si fonda il Protocollo con l’Albania. La sentenza è attesa per fine maggio mentre il 10 aprile l’Avvocato Generale della Corte di giustizia Ue presenterà le sue conclusioni sulle cause congiunte legate al Protocollo e alla definizione dei Paesi d’origine sicuri.