Sinodo: un cantiere di volti, dove il futuro prende forma - Azione Cattolica Italiana Sinodale

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Roma, crocevia di sogni e preghiere. Tra la maestosità di San Pietro e il fermento dell’Hotel Ergife, si sta concludendo la Seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia. Mille voci, mille storie, un unico cuore pulsante: la Chiesa che cammina, che si interroga, che si rinnova. Questi giorni non sono stati un semplice convegno, ma un cantiere aperto, dove oltre mille partecipanti tra vescovi, laiche e laici, consacrate e consacrati, giovani e adulti stanno impastando insieme il futuro della Chiesa italiana.

Cinquanta proposizioni, come mattoni grezzi, plasmati dal dialogo e dalla preghiera, pronti per essere consegnati all’assemblea dei vescovi di maggio. Gli esiti finali sono ancora avvolti nella promessa dello Spirito, che “soffia dove vuole” (Giovanni 3,8), ma la speranza è palpabile.

Volti e storie, tessere di un mosaico sinodale

Il Sinodo in questi giorni ha le mani affusolate di Vanna, da poco in pensione, che racconta la riscoperta della fede tra i giovani francesi, un seme di speranza che germoglia lontano da casa.

Il Sinodo è la postura fiera di don Gennaro, pro-vicario generale di Napoli, che descrive lo slancio della sua città verso un futuro di lavoro e corresponsabilità per i giovani, riscoprendo la bellezza delle opere d’arte sacre.

Ha il volto timido di suor Giulia, della diocesi di Cremona, che confida la bellezza di sentirsi accompagnata dalle consorelle in questo cammino di comunione, di servizio e di missione.

E ha le guance paonazze di don Carmelo, parroco della diocesi di Agrigento, che testimonia l’importanza dei cammini associativi nella formazione dei ragazzi, come percorsi di Iniziazione Cristiana, perché in questo modo riescono a vivere un’esperienza di Chiesa che li fa sentire parte di un qualcosa di più grande.

“Chiese permeabili ai vissuti di frontiera”: un dialogo che abbatte i muri

Una frase, emersa dagli interventi liberi in assemblea lunedì mattina, ha segnato lo stile del dialogo per alcuni: siamo chiamati a costruire “Chiese permeabili ai vissuti di frontiera”. Un invito a varcare le soglie, a sporcarsi le mani con le storie di chi è ai margini, a far risuonare il Vangelo nei luoghi dove la speranza sembra spenta.

Come ci ricorda Papa Francesco, “la realtà è superiore all’idea”, e questa realtà si è fatta carne nei racconti di chi vive ai margini, di chi cerca un senso, di chi ha bisogno di una Chiesa che sappia ascoltare. E non solo nei gruppi di lavoro ufficiali, ma anche nei tavoli delle sale da pranzo, nei tavolini del bar, sui divanetti delle pause, dove la sana inquietudine che ha animato gli animi in questi giorni ha trovato spazio per allargarsi. Perché è anche lì, davanti a un caffè o a una fetta di tiramisù, che il cammino si intreccia, che le esperienze si mescolano e che le nostre prospettive, troppo spesso miopi, possono convertirsi.

Una Chiesa sgangherata ma bella, come un albero dalle radici profonde

Cosa emergerà da questo cantiere sinodale? Difficile dirlo, lo Spirito soffia dove vuole, scompiglia le carte, ci sorprende. Ma una cosa è certa: la Chiesa, come un vecchio albero nodoso dalle radici profonde e dai rami contorti, è bella proprio nella sua imperfezione, nella sua capacità di accogliere le diversità, di trasformare le ferite in feritoie di luce.

Un invito a camminare insieme

Questa Seconda Assemblea sinodale ci ha mostrato nuovamente la bellezza di una Chiesa fatta di volti diversi, di storie diverse, di carismi diversi. Una Chiesa che non ha paura delle differenze, ma le valorizza, le intreccia, le trasforma in un germoglio di speranza. Come diceva don Tonino Bello, ‘la Chiesa non è un museo di santi, ma un ospedale di peccatori’. In questo ospedale, in questo cantiere aperto, impariamo a camminare insieme, a prenderci cura gli uni degli altri, a costruire ponti invece di muri. E ancora una volta, cerchiamo di farlo camminando insieme.

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Sofia Livieri