Fra qualche giorno festeggeremo il 25 aprile. Data simbolo della Liberazione. Un anniversario che non si limita a ricordare la fine del regime fascista in Italia, ma si fa portatore di un messaggio che continua a essere urgente e necessario: fare memoria di ciò che è stato. È un invito a non dimenticare le atrocità di un regime che ha seminato paura, repressione e morte. A riflettere sul sacrificio di chi ha lottato per la libertà e la democrazia. Specialmente oggi, che quel sacrificio viene messo in discussione da troppi. Non solo da chi la memoria di ciò che fu non l’ha mai condivisa, ma anche da chi vuole rimuoverla, riscriverla o addirittura dimenticarla.
Viviamo in un’epoca in cui, purtroppo, il fascismo non è solo una pagina di storia ormai chiusa, ma sembra essere ritornato sotto altre forme. Alcuni lo rivendicano apertamente, alimentando nuove ideologie autoritarie, mentre altri, pur non professandosi apertamente fascisti, tentano di minimizzare la sua importanza storica. Esistono frange della politica e della società che vogliono celebrare il 25 aprile come una ricorrenza vuota, lontana dal significato profondo che essa ha, trasformandola in una semplice giornata di festa senza implicazioni politiche o morali.
Questi tentativi di rimozione sono pericolosi e non sono nuovi. Da tempo assistiamo a una manipolazione del passato, alla distorsione dei fatti e all’esaltazione di chi ha collaborato con il fascismo. Ma è proprio nella memoria del 25 aprile che risiede il fondamento della nostra democrazia. La Resistenza non è solo una lotta militare, ma una resistenza culturale, un rifiuto di ogni forma di autoritarismo, e la sua memoria è il legame che unisce il nostro presente con i valori della libertà, dell’uguaglianza e della giustizia sociale.
Cosa vuol dire “non dimenticare”?
Non si tratta di celebrare un evento passato come un episodio concluso e lontano. Ma continuare a lottare contro le derive fasciste che ancora si nascondono sotto il velo del nazionalismo, della xenofobia, del razzismo e dell’intolleranza. Non dimenticare significa riconoscere che il fascismo è una minaccia costante, che può risorgere ogni volta che la società perde di vista i valori della democrazia e della convivenza civile. Eppure, oggi ci sono troppe persone che non vogliono fare memoria di ciò che è stato il fascismo e della sofferenza che ha causato.
Il 25 aprile deve essere un giorno di riflessione, di studio e di discussione. Un giorno in cui rinnoviamo il nostro impegno per costruire una società più giusta e inclusiva. Consapevoli che la libertà conquistata a fatica nel 1945 va continuamente difesa. Non possiamo permettere che la memoria di ciò che fu il fascismo venga ridotta a un argomento da trattare con superficialità o, peggio, da ignorare. La lotta di liberazione non riguarda solo il passato, ma è un monito per il presente e il futuro.
Fare memoria del 25 aprile non è una scelta, ma un dovere
Lo dobbiamo a una generazione di Resistenti antifascisti che oggi per anagrafe non c’è più. Lo dobbiamo a chi ha visto le atrocità dei campi di concentramento. A chi ha vissuto sotto la brutale oppressione del regime, vedendo parenti e amici incarcerati e torturati.
Custodire nel cuore e nella mente il bene prezioso del loro sacrificio, la loro eredità, vuole dire avere cura di un lascito prezioso: la democrazia. Ma è anche un legame che dobbiamo mantenere vivo nelle nuove generazioni, affinché la libertà non venga mai più data per scontata.
Ogni volta che si tenta di minimizzare la gravità del fascismo o di giustificare la violenza come parte di un’ideologia, ogni volta che si nega la persecuzione di milioni di innocenti, ogni volta che qualcuno prova a riscrivere la storia per convenienza politica, stiamo mettendo a rischio non solo il nostro passato, ma il nostro futuro. Ecco perché, più che mai, il 25 aprile deve essere un momento di ripartenza, un monito che non smette mai di risuonare: “Ora e sempre 25 aprile”. Non possiamo permettere che venga dimenticato.