Gli ultimi dati Istat mostrano che in Italia quasi una persona su dieci vive in povertà assoluta: si tratta di 5 milioni e 694 mila individui, appartenenti a 2 milioni e 217 mila famiglie che non riescono a condurre un’esistenza dignitosa. A sostenerli c’è una fitta rete di solidarietà che ogni giorno mobilita volontari e risorse. Ma resta una domanda cruciale: cosa distingue la povertà dalla miseria? E in che modo si può vivere la carità salvaguardando la dignità dell’altro ed evitando di cadere nel pietismo? Da queste domande nasce un convegno che si terrà venerdì 22 agosto alle 15.00 nell’Auditorium isybank D3.
La differenza fra povertà e miseria muove la carità
Questo il titolo dell’incontro, che si tiene in collaborazione con Sistema Banchi e con il sostegno di isybank, McDonald’s Italia e del mensile Tracce. Prenderanno la parola Stefano Barrese, responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo; Sergio Daniotti, presidente Fondazione Banco Farmaceutico; Fabio Mazzoleni, presidente Banco Informatico; Silvio Pasero, presidente Banco delle Cose; Marco Piuri, presidente Fondazione Banco Alimentare ETS; Ettore Prandini, presidente Coldiretti; Davide Rondoni, poeta. Modera Elisabetta Soglio, giornalista Corriere della Sera, responsabile inserto Buone Notizie. Abbiamo posto alcune domande al proposito al nuovo presidente della Fondazione Banco Alimentare, Marco PIuri.
Presidente Piuri, il titolo dell’incontro del 22 agosto distingue tra povertà e miseria. Dal vostro osservatorio quotidiano, al di là dei numeri, come si manifesta questa differenza negli sguardi e nelle storie di chi aiutate?
La povertà non significa innanzitutto non possedere delle cose. Piuttosto avere coscienza che tutto ci è dato e il nostro compito è quello di custodire e condividere. Quindi per così dire “possedere con distacco” e “usare per tutti”. In questo senso siamo chiamati tutti ad essere poveri. Nella realtà bisogna poi fare i conti con situazioni dove vengono a mancare cose materiali essenziali per vivere. Come il cibo. La sfida è che queste mancanze non portino alla miseria, cioè alla totale assenza di senso, di consapevolezza di sé e del proprio valore e dignità, di relazioni. E’ per questo che qualsiasi aiuto materiale e’ necessario stia dentro un orizzonte di relazione e di carità, intesa come amore al proprio ed altrui destino. L’esperienza del Banco è questo tentativo
Il Banco Alimentare è una grande macchina logistica, ma anche un punto d’incontro. Come si trasforma un gesto di aiuto materiale in una relazione che restituisce dignità e non scade nel pietismo, facendo sentire l’altro una persona e non solo un “bisognoso”?
Il Banco Alimentare è una rete, fatta da una Fondazione, da 21 Banchi Regionali e da oltre settemila enti che materialmente incontrano chi ha bisogno. E’ necessario che tutti coloro che fanno parte di questa rete, da chi ci lavora ai volontari, abbia consapevolezza del valore di ciò che fanno contribuendo a questa incredibile catena. La consegna del cibo è il gesto materiale che risponde ad un bisogno ma il cui valore ultimo è l’incontro tra uomini e donne che si fanno compagnia nell’avventura della vita.
Nel panel siede accanto ai presidenti degli altri Banchi. Perché oggi è cruciale questo approccio sinergico? Cosa significa, in concreto, rispondere alla persona nella sua interezza e non solo alla fame?
L’emergere di un bisogno fondamentale come quello del cibo segnala in modo evidente possibili altre difficoltà materiali (il lavoro, la casa, l’educazione per i figli…). Quando si realizza un incontro vero questo apre ad un rapporto che riguarda la persona tutta. Ecco il motivo della collaborazione con gli altri Banchi che lavorano su altri bisogni specifici: più saremo capaci di farlo insieme più saremo efficaci sia nel rispondere al bisogno materiale che nel rendere la carità metodo delle relazioni. Senza pensare di costruire un ente che sappia risolvere tutti i problemi. Piuttosto mettere in rete e a fattor comune opportunità e possibilità.
Il Banco Alimentare è un ponte tra il mondo delle aziende e quello della solidarietà. Qual è il valore aggiunto e la lezione reciproca che emerge dall’incontro tra questi due mondi, spesso percepiti come distanti?
Nella mia vita ho fatto per oltre 30 anni il manager. Mi ha sempre colpito molto la posizione del prof. Zamagni che parla di responsabilità civile delle imprese. Responsabilità civile significa che le imprese sono chiamate a contribuire, facendo quello per cui sono state create, alla costruzione di una convivenza civile e giusta. Questo fa saltare lo schema più diffuso per cui l’impresa fa quello per cui è stata costituita e poi (nel caso) si fa carico di una qualche responsabilità sociale. La responsabilità civile sta nell’azione quotidiana. E’ questo il terreno di azione comune tra imprese e Banco. A partire dalle imprese del sistema agro-alimentare, che nel diventare sempre più sostenibile ed efficiente collabora con il Banco nel fare i conti con la povertà alimentare. Si tratta di una partnership dove si cerca insieme di fare meglio e in questo modo si risponde ad un bisogno.
Lei è presidente da poco e ha definito la nomina “una proposta inaspettata”. Ora che è alla guida, qual è la scoperta o la sorpresa più grande che ha vissuto incontrando dall’interno la realtà del Banco Alimentare?
È ancora molto presto. Sono presidente da un mese e mezzo. Ho bisogno di tempo per incontrare, ascoltare, capire. Posso però dire due cose: la prima è scoprire che il Banco è conosciutissimo e gode di una reputazione altissima. La seconda è l’originalità della “Rete Banco” e il grande desiderio delle diverse componenti di far emergere questo valore e farlo evolvere.