Bullismo in classe: cani, gatti e conigli diventano alleati dei più fragili

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Gli animali a scuola non fanno solo compagnia: favoriscono empatia e relazioni sane e sostengono bambini con disabilità e malattie rare. Intervista alla psicologa Maria Laura Guercio

Cani, gatti e conigli che entrano nelle classi non solo per far sorridere i bambini, ma per insegnare loro a comunicare meglio, a prendersi cura dell’altro, a superare dinamiche di prevaricazione. Gli interventi assistiti con animali stanno dimostrando una crescente efficacia nel contrastare episodi di bullismo e nel supportare ragazzi con disabilità, assicurano gli esperti. Ne parliamo con Maria Laura Guercio, psicologa dello sviluppo e responsabile di progetto negli interventi assistiti con animali per l’associazione Zampe&Sorrisi, attiva nella zona di Monza e Milano.

Dottoressa Guercio, partiamo dalle basi: qual è l’efficacia degli interventi con animali per ridurre gli episodi di bullismo?

Il bullismo è una manifestazione fisica, verbale o psicologica che indica una discrepanza nel sistema di comunicazione: c’è una persona che cerca di imporre la sua volontà sui bisogni di un’altra. Gli interventi assistiti con gli animali ci obbligano automaticamente a confrontarci con esseri viventi diversi da noi, mettendoci in gioco per capirli e gestirli al meglio. I ragazzi vivono così un’inversione di tendenza: sono loro che devono mettersi a disposizione dei bisogni dell’animale, diventando più disponibili e aperti alla visione di un altro essere vivente. Così, tutto quello che imparano durante il percorso può essere poi trasposto al gruppo dei pari.

A chi sono diretti esattamente questi interventi e come si svolgono?

L’espressione pet therapy, che si usa di solito, rimanda al concetto di terapia. In realtà, però, le nuove linee guida parlano d’interventi assistiti con gli animali, quindi di azioni aperte a tutti: dai bambini del nido agli anziani delle RSA, passando per i ragazzi delle scuole o per gli operatori sanitari in fase di burnout. Nel caso del bullismo, che si manifesta in maniera sempre più precoce, in teoria si potrebbe iniziare già dalla scuola primaria, anche se il fenomeno si concentra di più nella secondaria di primo grado. Per quanto ci riguarda, preferiamo lavorare sul gruppo classe, coinvolgendo ragazze e ragazzi per offrire una visione diversa sia del bullo che della vittima.

Perché il gruppo classe e non il singolo?

Nessuno vieta di lavorare singolarmente con il bullo per aiutarlo a modificare il suo comportamento con i pari oppure di intervenire sulla vittima per indurla a tirare fuori quelle emozioni che magari non riesce a esprimere attraverso una terapia tradizionale. Però come associazione preferiamo lavorare sul gruppo classe perché è proprio questo che alimenta determinati comportamenti. Non ci sono solo i bulli, ci sono anche i gregari, cioè quei ragazzi che per sentirsi più forti e più inclusi nel gruppo si alleano con i prepotenti, pur non condividendone le modalità comportamentali.

Quali animali utilizzate nei vostri interventi?

Lavoriamo principalmente con cani di piccola taglia, come Jack Russell e Yorkshire, evitando razze tipo Pitbull o Rottweiler, che potrebbero attivare un senso di potenza. Abbiamo anche dei gatti e dei conigli: questi ultimi arrivano soprattutto dai sequestri, portando con sé una storia di nuova vita che è bello condividere con i ragazzi. Le attività con il coniglio risultano particolarmente efficaci: è una creatura piccola che attiva il senso della cura. È anche una preda, che fugge e che ha paura, e per questo è assimilabile alla vittima. Eppure ha delle competenze, che possono essere scoperte, riconosciute e apprezzate dai ragazzi. Insomma, se imparo a relazionarmi correttamente con il coniglio, posso trasferire le competenze apprese anche nel rapporto con la vittima. D’altra parte, sappiamo che dietro il comportamento del bullo c’è sempre una fragilità, una difficoltà di relazione: non sapendo come rapportarsi in modo sano, si affida alla forza. L’obiettivo è rompere lo schema: non ho bisogno di impormi sugli altri per essere accettato o compreso, così come non ho bisogno di usare la forza con un animale per giocare o svolgere attività insieme.

Come funziona più precisamente l’intervento?

L’intervento assistito con gli animali ci offre la possibilità di lavorare in chiave preventiva, anche se purtroppo questo accade di rado. Nel pubblico veniamo chiamati solo quando il problema è già scoppiato mentre nel privato, grazie alla presenza di maggiori risorse economiche e a una burocrazia più snella, a volte riusciamo a proporre attività di tipo preventivo con interventi di aggregazione e di costruzione del gruppo classe. Per esempio, all’inizio della scuola secondaria di primo grado, quando i ragazzi ancora non si conoscono, partire con un intervento con gli animali aiuta a creare senso di comunità, riducendo il rischio di dinamiche conflittuali. Tuttavia, la cosa più importante è che i nostri interventi non sono preconfezionati: vengono sempre progettati sulla base delle situazioni concrete. Per questo è essenziale il lavoro di un’équipe multidisciplinare composta da psicologi, educatori ed altre figure professionali, che possano portare ciascuno le proprie competenze all’interno del progetto.

E come si svolge in pratica?

Quando è possibile entriamo direttamente in classe, altrimenti utilizziamo la palestra o il giardino della scuola. Per prima cosa forniamo un’infarinatura, spiegando ai ragazzi chi è l’animale, quali sono le sue caratteristiche e come interagire correttamente con lui, per esempio cosa gli piace o non gli piace, dove gradisce essere accarezzato e dove no. Gli raccomandiamo anche di non urlare, perché il cane ha un udito molto più sensibile del nostro oppure, se portiamo un gatto, aspettiamo che esca spontaneamente dal trasportino, senza forzarlo. Poi, una volta condivise le regole, possiamo passare all’aspetto ludico, facendo percorsi ad ostacoli, slalom o attività a staffetta. L’animale affronta il percorso insieme ai ragazzi, che devono trovare il modo di guidare il coniglio lungo il tracciato o di gestire il cane nello slalom e nei salti, collaborando con i compagni. L’obiettivo va raggiunto dal gruppo classe, non dal singolo. Per questo a volte mettiamo insieme bullo e vittima, così da favorire la costruzione di relazioni positive.

Quanto dura in media il percorso con un gruppo?

Proponiamo percorsi di almeno otto incontri, perché un numero inferiore non sarebbe efficace. Di solito la cadenza è settimanale, perché incontri troppo distanziati, ad esempio mensili, ridurrebbero l’impatto dell’intervento. Al termine del progetto organizziamo un incontro di restituzione con le insegnanti, per valutare insieme l’andamento: quali difficoltà sono emerse, quali miglioramenti hanno osservato, quali dinamiche interne si sono attivate. Questo confronto ci permette di capire l’efficacia del percorso e, se necessario, di aggiustare il tiro per le attività future.

Operate anche con i bambini malati e/o disabili?

Da quattro anni collaboriamo con il Centro diurno della Fondazione Don Gnocchi di Pessano con Bornago, che accoglie bambini con disabilità molto gravi, spesso frutto di patologie genetiche rare, che hanno bisogno di assistenza h24. In questo caso lavoriamo soprattutto con i cani di taglia grande come i Labrador e i Golden Retriever, più resilienti dal punto di vista del contatto, dal momento che i bambini con stereotipie motorie possono colpire l’animale involontariamente. In questi casi l’intervento è individuale e non dura mai più di venti minuti, perché la tenuta attentiva di questi bambini è breve e la fatica che hanno nel fare le cose è decisamente maggiore.

In cosa consistono gli interventi?

Si tratta di interventi di stimolazione cognitiva e motoria, adattati alle possibilità di ciascun bambino. Per esempio, attraverso il gioco con il cane si lavora sulle associazioni e sul riconoscimento degli oggetti oppure si propongono attività pratiche, come preparare la ciotola o spazzolare l’animale, per stimolare la motricità fine. In altri casi possiamo lavorare sulle capacità grosso-motorie con l’aiuto di un fisioterapista: camminare, mantenere l’equilibrio, stare in piedi. Per le disabilità gravi e le malattie rare le attività sono sempre individuali: ogni bambino ha bisogni e caratteristiche proprie, e l’attività viene costruita su misura per offrirgli la migliore qualità possibile nell’interazione con l’animale.

Tornando alle scuole, vi capita di incontrare bambini con disabilità vittime di bullismo all’interno delle classi?

Molto raramente, devo dire. Anzi, nelle classi dove ci sono bambini con disabilità ho sempre visto l’opposto: assenza totale di bullismo e grande attenzione da parte dei compagni. Spesso sono proprio questi ultimi a prendersi cura del bambino disabile, accompagnandolo, spiegandogli le cose, aiutandolo durante i pasti. In questi casi il nostro lavoro è potenziare questa interazione, includendo nelle attività della classe bambini che in molti casi trascorrono la maggior parte del tempo insieme agli insegnanti di sostegno, svolgendo attività diverse da quelle dei compagni. Al contrario nei nostri interventi le attività si svolgono tutti insieme. In questo tipo di percorsi ci aiuta una gattina cieca, adottata da un gattile. Non vede, ma quando i bambini costruiscono giochi adatti a lei salta e corre come se nulla fosse. Mostrare come anche un animale con disabilità possa avere risorse e potenzialità sorprendenti diventa un messaggio fortissimo, in grado di rafforzare il senso di inclusione e di comunità che vogliamo far germogliare tra i ragazzi.

Coordonnées
info@osservatoriomalattierare.it (Antonella Patete)