20/11/2025
Alex Dell'Era
Investire nella qualità dei dati sanitari non è solo una questione tecnica ma è un atto di responsabilità collettiva. Per le professioni della comunicazione significa assumere che il dato è parte di un messaggio che deve essere accessibile, interpretabile, affidabile.
Nel nuovo ecosistema europeo dei dati sanitari, la vera sfida non è raccogliere più informazioni, bensì garantire che quei dati siano affidabili, coerenti, interoperabili. Solo così la digitalizzazione diventa credibile, la ricerca genera valore condiviso, la comunicazione istituzionale diventa comprensibile.
Facciamo un po’ di chiarezza
Nel dibattito pubblico si parla spesso di “privacy”, come se l’unico tema fosse proteggere il dato personale. In realtà, nel sistema sanitario digitale le dimensioni da comunicare sono almeno tre, e sono profondamente diverse. Se la privacy riguarda il diritto della persona al controllo dei propri dati, la sicurezza concerne invece le misure tecniche che impediscono accessi non autorizzati, manipolazioni o violazioni. Infine, la qualità del dato interessa la funzionalità del dato stesso, ovvero completezza, accuratezza, coerenza e interoperabilità. Molte narrative confondono privacy e sicurezza, come se fossero sinonimi. Ma se i comunicatori non chiariscono questa differenza, il risultato è un ecosistema informativo fragile, in cui le persone credono di essere “protette” anche quando i dati sono incompleti, incoerenti o inutilizzabili dai sistemi clinici. E qui sta il punto! Senza qualità né privacy né sicurezza hanno valore pratico. Un dato sicuro ma inaffidabile non aiuta il sistema e un dato “privato” ma mal strutturato non abilita l’innovazione. Per questo la qualità del dato non è un tema tecnico, ma un tema di governance comunicativa. È ciò che sostiene la fiducia pubblica, ciò che rende credibile l’adozione di sistemi digitali, ciò che permette alla comunicazione istituzionale di essere efficace.
Non un problema di quantità ma di valore comunicativo
La sanità digitale produce un flusso enorme di informazioni, ma il punto non è avere “tanti dati”, ma di avere dati che parlano un linguaggio comune e possono essere resi utili. Un sistema sanitario che comunica bene con i suoi stakeholder che siano cittadini, operatori, industria o istituzioni, lo fa anche grazie a dati che comunicano tra loro, che possono essere interpretati e tradotti in valore. Nel campo della diagnostica e delle tecnologie abilitate dall’intelligenza artificiale, la qualità del dato non è accessoria, è essenziale. Algoritmi, modelli predittivi, soluzioni cliniche dipendono da dati ben strutturati. Quando ciò manca, rischiano di nascere risultati inattendibili o che minano la reputazione dell’insieme del sistema sanitario digitale. Per le funzioni di comunicazione, questa realtà impone di valorizzare non solo il “cosa” facciamo con la tecnologia, ma il “come” lo facciamo, e con che grado di rigore, trasparenza e coinvolgimento degli stakeholder.
Dall’approccio difensivo a quello abilitante
Per anni la gestione dei dati sanitari è stata guidata dalla logica del “non rischiare”. Il risultato? Innovazione rallentata, comunicazione istituzionale debole, fiducia dei cittadini compromessa. La via nuova è un patto di fiducia tra istituzioni, professionisti delle scienze della vita e cittadini. In questo patto, la comunicazione professionale ha un ruolo centrale, come facilitatore di trasparenza, guida all’adozione, mediatore tra tecnologia e persona. La protezione dei dati resta prerequisito, ma non può essere alibi per non decidere, anche perché innovare significa comunicare responsabilmente.
Qualità del dato e responsabilità della comunicazione
Investire nella qualità dei dati sanitari non è solo una questione tecnica ma è un atto di responsabilità collettiva. Per le professioni della comunicazione significa assumere che il dato è parte di un messaggio che deve essere accessibile, interpretabile, affidabile. In termini di relazioni pubbliche, la qualità del dato è reputazione, è trasparenza, è fiducia, è ciò che rende credibile la ricerca, equi i percorsi sanitari, innovativa e responsabile l’industria. La tecnologia ci può dare milioni di dati, ma la vera innovazione è trasformare quei dati in conoscenza e la conoscenza in consapevolezza. Chi comunica, deve guidare questo percorso, con una comunicazione forte, e con la consapevolezza che la vera sfida della sanità digitale non è solo innovare, ma farlo in modo che le persone, le comunità, le istituzioni si fidino davvero. Come professionisti della comunicazione, abbiamo il compito di mettere il dato al centro del racconto, non come mero input tecnologico, ma come ponte tra tecnologia, etica e valore pubblico.