Tra le dimensioni della povertà che è stato possibile affrontare e approfondire nel progetto “Perla. Pratiche per l’antifragilità”, un posto particolare merita la povertà digitale. In primis perché non vi è una definizione univoca, piuttosto vi sono varie definizioni in base al contesto. Si parla infatti, ad esempio, di povertà educativa digitale quando vi è la privazione delle opportunità di apprendere. Ma la povertà digitale ha a che fare anche con la povertà economica quando la prima ha un effetto nella riduzione delle opportunità a favore delle persone, per un mancato accesso digitale ai sistemi istituzionali. Uno dei primi dati che emerge dalle azioni del progetto Perla è, dunque, la caratterizzazione prettamente “trasversale” della povertà digitale, che merita dunque un approccio e un trattamento trasversale e che, dunque, ha a che fare con tutte le altre forme di povertà di cui si è tenuto conto nel progetto: povertà educativa, povertà economica e povertà abitativa.
Da un altro punto di vista emerge come la povertà digitale non sia percepita nella comune sensibilità come una vera e propria forma di povertà. Da un lato perché non si è abituati a pensare ai limiti nell’utilizzo della tecnologia come una forma di privazione, dall’altra perché tocca una fetta di popolazione decisamente più ampia rispetto a quella caratterizzata da grave marginalità e rischio di esclusione. A fronte di una diffusione di massa di dispositivi digitali e di reti di comunicazione globali, emerge una carenza di competenza generale nell’utilizzo consapevole delle tecnologie, che tocca persone e famiglie e che crea ulteriori squilibri nell’accesso ai principali servizi diffusi ormai capillarmente come i portali istituzionali o i sistemi per l’accesso al reddito o alle informazioni socio-sanitarie. Questo divario rischia di generare ulteriori forme di esclusione che toccano non solo le categorie più fragili, come ad esempio nuclei familiari provenienti da situazioni di disagio o marginalità, specie con figli minorenni, persone con background migratorio, giovani a rischio, donne sole, padri separati, ecc.
Le sperimentazioni delle realtà dell’associazionismo e del privato sociale partner del progetto Perla, hanno potuto connettere le esperienze attivate nei territori a contrasto della povertà digitale e progettarne di nuove grazie soprattutto al confronto e allo scambio di buone prassi che hanno caratterizzato il modello preso a riferimento dal progetto. Si ritiene che tale modello in maniera generativa abbia sviluppato un sistema virtuoso di scambio e attivazione, a beneficio di tutte le realtà e, in particolare, di realtà meno strutturate o con meno esperienza specifica sul tema, che vale la pena di considerare come elemento di sviluppo al termine del progetto.
Alcune indicazioni di innovatività che hanno caratterizzato le azioni progettuali sui territori:
- la multidisciplinarietà dell’intervento con il coinvolgimento di figure professionali, del volontariato e della rete comunitaria: il facilitatore digitale, operatore formato per sviluppare percorsi di alfabetizzazione digitale, ma al tempo stesso attento e capace di accompagnare all’autonomia; il mediatore linguistico culturale, in affiancamento al facilitatore, specie nei percorsi a favore di persone con background migratorio; i giovani volontari impegnati nel servizio civile digitale, dispositivo pensato proprio per sviluppare il tema della facilitazione digitale nei confronti delle fasce di popolazione più fragile;
- la flessibilità nelle proposte attivate;
- a livello geografico: lo sviluppo di sportelli e laboratori di facilitazione digitale e mentoring di carattere diffuso anziché ubicati in un’unica sede precisa, che stanno nel territorio e incontro alle situazioni, intercettano nei luoghi a rischio (es. aree frequentate dai giovani), indirizzano poi ai servizi veri e propri di accompagnamento digitale o di carattere formativo;
- a livello di destinatari: differenziazione attenta ai bisogni, ad esempio il sostegno ai figli nell’utilizzo dei dispositivi e dei sistemi per l’accesso alle risorse scolastiche e contemporaneamente alle madri migranti sul corretto impiego dei dispositivi stessi e delle applicazioni, anche in relazione all’impatto del loro utilizzo sulla crescita dei figli, ma anche per imparare l’italiano attraverso il digitale, o le principali pratiche digitali per l’accesso ai servizi; coinvolgimento della cittadinanza in senso allargato nei laboratori;
- a livello di modalità di accesso: servizi che vanno incontro ai bisogni differenziati delle persone che ci accedono, ad esempio tenendo conto di orari che si adattano di volta in volta;
- a livello di rete: connessione di tutte le risorse territoriali piuttosto che attivazione di un servizio a cura della singola realtà, a creare un network di opportunità che mette insieme pubblico e privato.
- la concretezza: negli sportelli, nei laboratori o gruppi di promozione digitale, nelle attività di consulenza mirata e mentoring si è rilevato importante puntare a fornire strumenti e conoscenze concrete e specifiche, utili per l’autonomia e l’integrazione, piuttosto che percorsi generalisti; a titolo di esempio, come attivare lo SPID, come effettuare il cambio di residenza, come accedere al fascicolo sanitario digitale, come cambiare il medico di medicina generale, ecc.
- la formazione: proposta a gruppi di cittadini e con il coinvolgimento anche di quelli più fragili, con il coinvolgimento di esperti e con collaborazioni territoriali che mettono assieme una pluralità di soggetti anche di mondi diversi (es. imprese sociali e volontariato, scuole e famiglie).
Preme rilevare che esiste una forma di povertà digitale che tocca anche le stesse organizzazioni del terzo settore e gli operatori coinvolti. La povertà digitale tra gli operatori sociali è una sfida crescente, che non riguarda solo la mancanza di accesso, ma soprattutto la scarsità di competenze digitali critiche per supportare efficacemente gli utenti vulnerabili, amplificando disuguaglianze e rischi. Sebbene il digitale possa essere un potente strumento di inclusione, molti professionisti necessitano di formazione specifica per gestire nuove tecnologie e affrontare rischi, trasformando il digitale da barriera a leva di cittadinanza attiva e sviluppo dei talenti. Questa tematica è stata oggetto di un primo webinar di approfondimento proposto dal progetto Perla, dal titolo “Povertà educativa e povertà digitale. Come il digitale può migliorare la qualità del lavoro educativo con le persone”, con il coinvolgimento di esperti e rappresentanti del sociale e del sistema educativo/formativo.
Un altro filone di indagine che è stato possibile avviare con il progetto riguarda l’IA e l’uso che ne fanno le organizzazioni del sociale. L’IA apre a una serie di riflessioni di carattere etico ancor prima che applicativo. Proprio al fine di approfondire e condividere una base di pensiero comune sul tema, con le organizzazioni partner, sono stati pensati e organizzati i primi due momenti informativi e formativi. Il primo, dal titolo “Introduzione all’intelligenza artificiale”, con Diego De Cao, system architect e data scientist di Open Impact, specializzato in ricerca sull’IA, con l’obiettivo di comprendere come funziona questa tecnologia. Il secondo, dal titolo “Riflessioni su miti e limiti dell’intelligenza artificiale. L’AI tra colonizzazione e ibridazione”, per un confronto aperto con il filosofo e psicanalista Miguel Benasayag. In particolare quest’ultimo appuntamento ha permesso di approfondire l’impatto della diffusione di massa dell’IA sullo sviluppo emotivo nelle persone e nell’infanzia in particolare, più in generale sul substrato sociale e culturale che viene a modificarsi, ma anche di indagare sul consumo di risorse energetiche, sull’ambiente, sugli esiti della diffusione dell’IA su un piano globale.
In conclusione, si ritiene che l’indagine sulla povertà digitale meriti ulteriori approfondimenti in quanto tematica innovativa, aperta e in via di continuo sviluppo in relazione alle modificazioni sociali generate dalla diffusione sempre più di massa delle applicazioni della tecnologia e dell’impatto di tali tecnologie sulle pratiche di cittadinanza. La prospettiva di immaginare e realizzare nuove e innovative pratiche per il contrasto alla povertà digitale e colmare il divario digitale, è concreta e può essere attuata a fronte di uno sviluppo del modello connettivo approcciato nel progetto Perla, in particolare incentivando percorsi di formazione per operatori e coordinatori dei servizi e per volontari, promuovendo spazi e contesti di networking,
Mattia De Bei, CNCA – REM s.c.s.
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