La tratta di minori e lo sfruttamento sessuale online sono fenomeni che si intrecciano sempre più con le dinamiche della vita digitale. I criminali sfruttano piattaforme social, servizi di messaggistica, videogiochi online e, in misura crescente, ambienti immersivi per adescare, manipolare e monetizzare i minori. Le stesse reti di tratta tradizionali usano la rete per reclutare, pubblicizzare e coordinare lo sfruttamento, trasformando Internet nel “volto digitale” del trafficking. I dati degli organismi internazionali mostrano una crescita costante dei reati e una sofisticazione degli strumenti criminali, dalla sextortion finanziaria all’uso di immagini generate da intelligenza artificiale (AI) per aggirare i controlli.
L’adescamento (grooming) consiste nel creare una relazione di fiducia con un minore per abusarne. Su social e chat in-game, i predatori sfruttano messaggi privati, gruppi temporanei e voice chat. Le piattaforme con una forte presenza giovanile e comunicazioni effimere riducono ulteriormente la probabilità di rilevamento.
Secondo il National Center for Missing & Exploited Children (NCMEC), nel 2024 i report alla CyberTipline sono aumentati, anche a causa dell’ampliamento degli obblighi di segnalazione negli Stati Uniti. Crescono inoltre i casi di sextortion finanziaria contro adolescenti. La WeProtect Global Alliance segnala un incremento dell’87% dei report analizzati dal 2019, con nuove forme di abuso legate all’AI e alla diffusione su piattaforme di messaggistica e giochi online.
Nei videogiochi online, i predatori sfruttano dinamiche di cooperazione, anonimato dei nickname e canali vocali poco moderati. Segnali d’allarme per genitori ed educatori includono richieste di chat private, insistenza sulla segretezza, invio di regali o crediti di gioco, “test” dei limiti con richieste apparentemente innocue e tentativi di isolare il minore dalla rete di adulti di fiducia.
Di fronte a questi rischi sempre più diffusi e diversificati, la prevenzione non può basarsi solo su strumenti tecnici: diventa essenziale rafforzare la capacità di riconoscere e interpretare tempestivamente i segnali di pericolo. È qui che sensibilizzazione ed educazione digitale assumono un ruolo centrale.
L’educazione digitale e la formazione dei docenti rappresentano infatti elementi chiave per intercettare precocemente i pattern comportamentali tipici dell’adescamento online. Investire nella sensibilizzazione e nella competenza degli insegnanti significa, da un lato, dotarli delle conoscenze utili a riconoscere indicatori come richieste di chat private, cambi improvvisi di contatti, isolamento dalla cerchia di amici o familiari, insistenza sulla segretezza o regali in-game; dall’altro, consentire loro di intervenire tempestivamente, segnalando situazioni sospette alle autorità o ai servizi di supporto e attivando percorsi di tutela per il minore.
Una formazione mirata permette inoltre ai docenti di adottare metodologie didattiche efficaci per trasmettere agli studenti una cultura della responsabilità digitale, della consapevolezza dei rischi (grooming, sextortion, manipolazione) e delle strategie per muoversi online in modo sicuro e critico. Senza questo livello di preparazione, la scuola rischia di diventare un contesto vulnerabile anziché protettivo, poiché l’evoluzione rapida delle piattaforme digitali, dai social ai videogiochi fino agli ambienti immersivi, e delle tecniche di sfruttamento richiede competenze aggiornate che superano di molto le tradizionali lezioni sull’ “uso sicuro del computer”.
Darknet e forum chiusi
La distribuzione di materiale di abuso sessuale su minori (CSAM) avviene non solo su piattaforme mainstream, ma anche in forum chiusi, canali criptati e nella darknet, spesso accessibili tramite Tor. Questi ambienti offrono elevata impunità e un’infrastruttura flessibile per condividere, vendere o scambiare contenuti illegali.
Secondo l’IOCTA 2024 di Europol, lo sfruttamento sessuale di minori online rimane una delle principali minacce cyber. Le reti criminali utilizzano crittografia end-to-end, tecniche anti-forensics e piattaforme self-hosted, mentre l’impiego di VPN multilivello e criptovalute privacy-oriented rende le indagini particolarmente complesse.
L’emergere di contenuti sintetici, come deepfake o immagini generate da AI, rappresenta una sfida crescente: pur non raffigurando minori reali, tali materiali possono normalizzare comportamenti pedo-criminali e contribuire alla formazione di nuovi autori di reato. Nel 2024 le hotline internazionali INHOPE hanno segnalato milioni di URL CSAM, con un aumento a doppia cifra rispetto all’anno precedente. A ciò si aggiungono le operazioni transnazionali di Europol e Interpol del 2025, che hanno smantellato reti attive nella diffusione di materiale d’abuso generato tramite intelligenza artificiale.
Queste dinamiche mostrano come il rischio di sfruttamento non sia confinato agli spazi nascosti della rete, ma possa estendersi a ogni nuovo ambiente digitale che offra anonimato, interazione e scarsa moderazione. È proprio in questo quadro che emergono le vulnerabilità dei mondi immersivi.
Rischi del metaverso
Ambienti immersivi come VR, AR e metaversi sociali rappresentano nuove frontiere di interazione digitale, ma introducono rischi amplificati. Gli aggressori possono interagire con avatar tridimensionali, generando una percezione di vicinanza o fisicità molto più intensa rispetto alle piattaforme tradizionali.
La mancanza di verifica dell’età, la possibilità di utilizzare avatar multipli e la presenza di stanze private non moderate aumentano sensibilmente il rischio di grooming e sextortion. Il Digital Services Act (DSA) estende gli obblighi di responsabilità e trasparenza alle piattaforme immersive, imponendo restrizioni sul targeting pubblicitario verso minori e sulla gestione dei contenuti illegali. Tuttavia, studi del Servizio di Ricerca del Parlamento Europeo (2024) e dell’Ofcom (Online Nation 2024) evidenziano che, pur rappresentando un passo avanti, il DSA non è ancora pienamente adeguato alla complessità dei mondi VR/AR, dove la raccolta di dati biometrici, come movimenti oculari, postura e timbro della voce, può rivelare informazioni sensibili sull’utente, compresa l’età o lo stato emotivo.
Le piattaforme immersive devono pertanto sviluppare misure di “safety by design” specifiche, tra cui:
- Age assurance proporzionata e accurata, distinguendo tra metodi comportamentali, che stimano l’età in modo probabilistico sulla base dei pattern di interazione, e verifiche documentali, che comportano un accertamento formale dell’identità. La scelta deve privilegiare l’opzione meno invasiva compatibile con il livello di rischio, garantendo al tempo stesso privacy e affidabilità.
- Moderazione in tempo reale delle interazioni vocali e gestuali, supportata da modelli di machine learning addestrati su contesti VR.
- Canali di segnalazione immediati e accessibili, inclusi sistemi di emergenza (“panic button”) per interrompere rapidamente interazioni indesiderate.
- Supervisione parentale adattiva, che permetta ai genitori di monitorare l’attività dei figli senza compromettere inutilmente la privacy o l’autonomia.
Il volto digitale della tratta impone un’attenzione costante. L’adescamento, la diffusione di CSAM e i rischi emergenti nei videogiochi e nei metaversi mostrano come Internet possa diventare uno spazio di sfruttamento tanto quanto di socialità. La tecnologia deve, quindi, essere parte della soluzione: sistemi avanzati di rilevamento dei contenuti illeciti, age assurance affidabile, moderazione predittiva e protocolli di hashing condivisi sono strumenti essenziali. Tuttavia, solo l’azione congiunta di piattaforme, istituzioni, forze dell’ordine, educatori e famiglie può garantire un ecosistema digitale realmente sicuro per i minori.