Un approccio multidisciplinare è ciò che garantisce una presa in carico realmente integrata delle persone affette dalla patologia
L’emofilia è una rara malattia emorragica di origine genetica, ed è caratterizzata dalla carenza o totale assenza di proteine note come fattori della coagulazione, nello specifico il fattore VIII (nell’emofilia A) e il fattore IX (nell’emofilia B). Questo deficit proteico compromette il normale processo di emostasi e determina una tendenza a sviluppare emorragie spontanee o post-traumatiche, spesso a carico di articolazioni e muscoli, con conseguente rischio di danni articolari cronici (artropatia emofilica) e riduzione della qualità di vita.
TANTE LE OPZIONI TERAPEUTICHE, MA LA GESTIONE DELLA PATOLOGIA RESTA COMPLESSA
Il trattamento dell’emofilia si basa tradizionalmente sulla terapia sostitutiva con concentrati del fattore carente, somministrati per via endovenosa secondo due modalità: in regime di profilassi, cioè a intervalli regolari per la prevenzione dei sanguinamenti, oppure al bisogno (on-demand), in occasione di un evento emorragico. Negli ultimi anni, la ricerca ha portato a importanti progressi, con la disponibilità di fattori ricombinanti a emivita prolungata e di nuovi agenti non sostitutivi, che agiscono potenziando la coagulazione o riducendo la naturale attività anticoagulante dell’organismo, consentendo regimi di somministrazione più distanziati e meno invasivi.
Un ulteriore passo in avanti è rappresentato dalla terapia genica, che è progettata per introdurre, nelle cellule epatiche, una copia funzionante del gene difettoso alla base della patologia, consentendo la produzione endogena e duratura del fattore della coagulazione mancante. Questo tipo di trattamento si basa su un’unica somministrazione e può ridurre o eliminare la necessità di terapie periodiche.
Tuttavia, nonostante questi significativi progressi, la gestione dell’emofilia resta un percorso complesso: richiede una presa in carico multidisciplinare e continuativa, la personalizzazione dei protocolli terapeutici in base al profilo e alle caratteristiche del paziente, nonché un monitoraggio costante che valuti efficacia e sicurezza dei trattamenti nel lungo periodo.
IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI
In questo contesto, l’impegno di FedEmo (Federazione delle Associazioni Emofilici), organizzazione di riferimento nell’area dell’emofilia e delle malattie emorragiche congenite, è rivolto innanzitutto a garantire un accesso equo e tempestivo alle innovazioni terapeutiche. Come spiega la presidente, Cristina Cassone, la Federazione dialoga costantemente con le autorità e le istituzioni per accelerare i tempi di approvazione delle nuove terapie e garantire ai pazienti con emofilia la disponibilità di farmaci sempre più efficaci e meno impattanti.
Allo stesso tempo, FedEmo ha avviato iniziative di sensibilizzazione sulle forme femminili della malattia, troppo a lungo considerate marginali. Essendo una patologia ereditaria a trasmissione recessiva e legata al cromosoma X, l’emofilia si manifesta pienamente solo nei maschi; tuttavia molte donne, lungi dall’essere semplici “portatrici sane” della mutazione genetica alla base della malattia, presentano sintomi clinici rilevanti. Da qui la collaborazione di FedEmo con le società scientifiche di ginecologia, con l’obiettivo di favorire la diagnosi precoce delle pazienti e il trattamento tempestivo delle forme sintomatiche di malattia.
Collaborazione, dunque, è la parola d’ordine. FedEmo è infatti impegnata a favorire l’adozione di un modello di ‘comprehensive care’, ovvero un’assistenza multidisciplinare che, oltre agli ematologi, coinvolga ortopedici, pediatri, laboratoristi esperti in farmacocinetica e altri professionisti, così da garantire una presa in carico dei pazienti realmente integrata.
Negli anni, la Federazione ha contribuito alla definizione di un Accordo Stato-Regioni per uniformare l’assistenza da fornire alle persone con emofilia, poiché in questo ambito persistono ancora oggi differenze territoriali. Per questo, in collaborazione con le associazioni locali, FedEmo sta lavorando alla definizione di PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali) regionali specifici per le malattie emorragiche congenite. L’impegno della Federazione, inoltre, si estende anche sul piano normativo, per portare risultati concreti a favore dei pazienti con emofilia, come la modifica dei regolamenti per il rinnovo della patente di guida e l’introduzione di linee guida nazionali per il riconoscimento automatico dell’indennità di frequenza scolastica e di altre agevolazioni per i minorenni affetti dalla patologia. Per quanto riguarda i pazienti adulti, invece, FedEmo sta lavorando a un aggiornamento delle tabelle di invalidità civile, che spesso non rispecchiano il reale impatto della patologia.
L’emofilia, infatti, è una condizione che influenza in modo significativo la vita quotidiana di chi ne è affetto, ma che oggi più che mai lascia intravedere un futuro di maggiore consapevolezza e riconoscimento per i pazienti. Un futuro che passa necessariamente attraverso la collaborazione e la fiducia nella ricerca, in cui innovazione e cura camminino insieme per rispondere ai bisogni concreti delle persone.