"Oi vita mia", la parola "mongoloide" non fa ridere: l'appello di AIPD per un linguaggio responsabile - AIPD Sede Nazionale

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“Oi vita mia”, la parola “mongoloide” non fa ridere: l’appello di AIPD per un linguaggio responsabile

“Oi vita mia”, la parola “mongoloide” non fa ridere: l’appello di AIPD per un linguaggio responsabile

comunicato stampa AIPD Nazionale

Roma, 10 dicembre 2025. “Negli ultimi giorni la nostra associazione ha ricevuto un numero significativo di segnalazioni da parte di famiglie, che al proprio interno hanno bambini, ragazzi e adulti con sindrome di Down, così come da molte persone impegnate quotidianamente nella tutela della dignità delle persone con disabilità. Le segnalazioni riguardano il trailer del film “Oi vita mia”, attualmente in sala, del duo comico Pio e Amedeo. La parola “mongoloide” viene nuovamente utilizzata come insulto, per quanto ironico. Ma a chi ha un figlio o una figlia con sindrome di Down non fa affatto ridere”: così Gianfranco Salbini, presidente di Associazione Italiana persone con sindrome di Down aps, coglie l’occasione, a nome delle famiglie, per denunciare, ancora una volta, “l’utilizzo, in contesti di satira e comicità, di termini inappropriati legati alla disabilità”.

“Questo tipo di linguaggio purtroppo è ancora diffuso, soprattutto sui social: spesso decidiamo di non intervenire, per non alimentare l’“effetto emulazione”. Tuttavia, in questo caso, anche il silenzio produrrebbe lo stesso risultato. L’uso di parole offensive o discriminatorie, inserite in contesti leggeri e di spensieratezza, rischia infatti di essere normalizzato soprattutto tra i più giovani, legittimando di fatto l’utilizzo di termini gravemente offensivi. Ed è proprio da questa legittimazione che, con facilità, si passa a un utilizzo offensivo nei più diversi contesti sociali”.
Precisa Salbini: “Rispettiamo le intenzioni degli autori di voler utilizzare la comicità per veicolare temi sociali di grande importanza: crediamo anche noi che ci sia bisogno di raccontare, anche con leggerezza, problematiche che spesso non ricevono un’attenzione pubblica, ma restano, per così dire, un “affare di famiglia”. Anche la nostra associazione ha spesso diffuso i propri messaggi attraverso campagne che utilizzano l’ironia e la comicità. Esiste però un limite che non vorremmo fosse superato: la comunicazione deve sempre essere “gentile” e rispettosa verso le sensibilità di tutti. La storia dello spettacolo italiano e internazionale dimostra che la comicità può essere brillante, efficace e profondamente intelligente senza ricorrere a offese, etichette o linguaggi degradanti. Grandi maestri della risata hanno saputo far ridere e riflettere senza mai colpire la dignità delle persone”, spiega ancora Salbini.
Di qui l’appello dell’associazione: “Rivolgiamo un invito fermo e rispettoso a tutti i professionisti della comunicazione — giornalisti, autori, sceneggiatori, attori, comici e operatori del mondo cinematografico, teatrale e televisivo — affinché evitino l’uso di termini che possono ferire e discriminare le persone con disabilità. Il linguaggio è uno strumento potente: può includere o escludere, valorizzare o ferire. L’impegno comune per una comunicazione rispettosa rappresenta un passo fondamentale verso una società più consapevole, inclusiva e libera da stereotipi. Confidiamo nella collaborazione e nella sensibilità di chi opera nei diversi ambiti della comunicazione, certi che il rispetto delle persone e delle loro condizioni non limiti la creatività, ma anzi la nobiliti”.

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Patrizia Danesi