Perché i brand stanno riscoprendo canzoni storiche per le pubblicità?

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(Spoiler: non è amore per la musica. È marketing con la playlist di papà)

C’è un momento in cui ti rendi conto che il marketing ha messo le mani nei tuoi ricordi: è quando riconosci Figli delle stelle in uno spot TIM e invece di cambiare canale, ti ritrovi a canticchiarla.
Benvenuti nell’era del sound marketing nostalgico, dove i brand cercano il passato per venderti il presente.

La nostalgia: una leva commerciale più potente di un jingle virale

Secondo uno studio citato da Pixartprinting, la nostalgia non è un’emozione: è uno strumento di vendita.
Abbassa le difese, apre portafogli, riattiva ricordi.
Il meccanismo è semplice: “Questa canzone mi ricorda un periodo felice. Forse sarò felice anche comprando questo prodotto.”

La musica è un teletrasporto emotivo immediato: in tre secondi sei di nuovo negli anni ’90, tra VHS, cucine beige e hit da festivalbar.

Perché proprio le canzoni storiche?

Perché i brand non vogliono parlare alla tua mente: vogliono parlare alla tua memoria.

La nostalgia funziona su tutti:

  • Boomer e Millennial → rivivono emozioni reali
  • Gen Z → cercano un’estetica più autentica del feed di TikTok (“newstalgia”)

È un passato mai vissuto, ma percepito come più sincero.

I brand non stanno facendo pubblicità: stanno facendo karaoke

Gli esempi parlano da soli:

  • Trenitalia → “Disco Inferno”
  • Algida → “Felicità”
  • TIM → i Pooh
  • Amazon → Rolling Stones per AWS
  • Lidl → “Just a Lidl Bit” (che merita un premio o una multa, non si sa)

Ogni spot è una cover band nostalgica con budget infinito.

I brand non stanno riscoprendo canzoni storiche: le stanno riciclando con strategia chirurgica.

Perché la nostalgia è il nuovo influencer: non serve un profilo TikTok, basta un buon riff anni ’80.

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baratella@redblue.it