Vite in tempesta, romanzo d’esordio di Antonella Matranga, giornalista esperta di cinema e cultura al femminile per alcuni dei più importanti quotidiani e periodici italiani, è un libro che colpisce per profondità, autenticità e capacità di restituire la complessità emotiva di un’adolescente in bilico.
Pubblicato da Castelvecchi, il romanzo racconta le vicissitudini di una ragazza minorenne, Mara, che attraversa un periodo di grande turbamento, sospesa tra la scoperta del sesso e la ricerca assoluta di affetto maschile. Una ricerca che si scontra con una società che non ha ancora maturato un vero rispetto per la persona – e in particolare per il genere femminile, ancora troppo spesso ridotto a funzione, apparenza o strumento al servizio del desiderio maschile.
L’ambientazione, la Bari degli anni Ottanta, è ritratta in modo vivido e critico: una città lacerata dall’ipocrisia di un perbenismo dominante, dove le classi “alte” si distinguono e giudicano in base a professione, istruzione e lignaggio, mentre la parte più popolare vive alla giornata, in una lotta di sopravvivenza quotidiana spesso sostenuta da droga, aggressività e una rabbia disillusa verso chi non si uniforma.
L’autrice riesce con intelligenza e sensibilità a non indicare mai in modo esplicito cosa sia “peggio” tra questi due mondi. La sua scrittura mantiene un equilibrio narrativo e morale, lasciando che a parlare siano i personaggi – in particolare quelli maschili – e il contesto che li plasma, offrendo un ritratto sfaccettato e realistico.
Al centro di tutto c’è la protagonista, Mara, ragazza “curiosa”, tenace, dotata di una forza interiore che le consente di sopportare situazioni estremamente pesanti – tra cui un aborto – affrontate con una spontaneità disarmante. Ma il dolore, anche se non sempre riconosciuto, si insinua ovunque, silenzioso, lasciando traccia in ogni suo gesto, ogni sua relazione, ogni tentativo di cambiare la propria vita.
Il romanzo è costruito come un viaggio dentro l’anima di Mara, che non si arrende al buio che la circonda, ma cerca disperatamente uno spiraglio di luce. Vuole vedere bianco – o almeno un grigio chiaro – dove tutto sembra nero. E per farlo si immerge nei propri turbamenti con il coraggio di chi vuole capirli, anche se fanno male.
È proprio questo a rendere Vite in tempesta un libro importante: il suo ritmo serrato, la capacità di portare il lettore dentro la testa della protagonista, in un flusso emotivo continuo, dove la tensione tra realtà e fantasia raggiunge i picchi più estremi, come spesso accade nell’adolescenza. Mara cerca il di più in chi le sta intorno, anche quando è evidente che si tratta di persone sbagliate: il figlio di papà che la mette incinta e cerca di controllarla anche ricattando economicamente la sua famiglia; il coetaneo sentimentale che sembra credere in una storia con lei, ma in realtà viene vissuto come doveroso ripiego per lenire ferite inflitte da altri; il latin lover, forse l’unico realmente coerente, che lei stessa crede di meritarsi nonostante tutto.
L’invito che l’autrice rivolge al lettore non è esplicito, ma passa attraverso l’immedesimazione: si vive accanto a Mara, o meglio si annega con lei, nei suoi slanci, nelle sue speranze illuse, nel suo cuore palpitante e fragile. E quando finalmente arriva il colpo del destino, improvviso e necessario, la protagonista è costretta a una svolta: la consapevolezza che l’unica salvezza passa attraverso un cambiamento radicale, l’ingresso nell’età adulta. Significa affrontare la vita da soli, senza appigli, e iniziare un nuovo percorso dove si impara a scegliere, a stare nel proprio posto, a scoprire lentamente chi si è davvero.
Vite in tempesta è un romanzo che disegna la verità scavando nel profondo della psiche di un’adolescente che, come tante, non cerca altro che un ruolo umano nel mondo – e magari anche un po’ di pace in mezzo al mare in tempesta della propria vita interiore.