«Il ricordo più nitido che ho della mia infanzia risale a quando avevo due o tre anni, i miei genitori lavoravano in città e in estate mi lasciavano dai nonni in alpeggio. Mio nonno, quando doveva andare dalle vacche, per non lasciarmi da sola in casa mi portava con sé e mi sedeva sulle sue ginocchia. Così ho imparato a mungere, sulle sue ginocchia, a portare le vacche al pascolo mano nella mano con mia nonna, a fare il formaggio».
Elisa Mosca è una delle Dieci donne che salvano la terra, il progetto di Slow Food Italia che vuole dare valore e voce alle donne piemontesi che – spesso nell’ombra – lavorano per custodire la terra, produrre cibo buono, pulito e giusto, e cambiare il futuro.
Elisa ha 28 anni e una laurea in amministrazione aziendale, ma al lavoro d’ufficio, ha preferito l’amore per la montagna che le hanno trasmesso i nonni nelle lunghe estati in alpeggio. Siamo alle pendici del Monte Mucrone, nel Biellese, dove lavora a stretto contatto con gli animali: 30 vacche di razza Pezzata Rossa d’Oropa e 15 capre. Quando le forze dei nonni per gestire gli animali e fare il formaggio sono venute meno, Elisa si è interrogata sul suo futuro e ha scelto di continuare una tradizione di famiglia giunta alla quarta generazione: è nato così l’Alpeggio Fontanelle. Elisa propone i suoi formaggi al Mercato della Terra di Candelo e in altri mercati della zona, ed è tra le esperienze proposte dalla comunità Slow Food Travel Montagne Biellesi.
«Non so nemmeno spiegare qual è il sentimento che provo nei confronti di questa vita, degli animali. So solo che quando i miei nonni sono diventati anziani e in famiglia si cominciava a parlare di cose fare delle vacche e dell’alpeggio, a me si stringeva il cuore. I miei genitori fanno lavori totalmente diversi, mia mamma ha aiutato i nonni fino all’età di venti anni, poi ha scelto di fare l’infermiera e non scegliere la vita di sacrifici da cui veniva. Nonostante questo loro punto di vista mi hanno sempre sostenuta e mia mamma ancora oggi mi aiuta in stalla e in caseificio».
Sei anni fa Elisa ha rilevato le 15 vacche dei nonni e ne ha acquistate altre, scegliendo sempre la pezzata rossa d’Oropa anche se si tratta di una razza che produce poco latte, ma di altissima qualità, e non ha un gran mercato: «Mi piace continuare la tradizione allevando una razza autoctona, e poi si tratta di animali rustici che vivono bene in alpeggio».
I nonni non avevano un laboratorio, facevano formaggio solo per uso proprio. Elisa ha deciso di produrre tome a latte crudo e yogurt di vacca, e formaggi di capra nel periodo primaverile. Lavora il latte tutti i giorni nel proprio laboratorio. «In inverno viviamo in una cascina in affitto a Boriana, vicino a Biella. C’è la stalla, il caseificio e un piccolo alloggio, da accontentarsi, ma va bene perché non mi sento di lasciare da soli gli animali di notte». A metà maggio invece Elisa porta la mandria in transumanza verso Sordevolo, in Alta valle Elvo, all’alpeggio Fontanelle, tra i santuari di Oropa e Graglia «È sempre un momento di festa con amici e turisti che vogliono unirsi».
La giornata di Elisa comincia molto presto. Il primo pensiero è andare ad accudire gli animali, dandogli fieno da mangiare e mungendoli. Una parte del latte viene data ai vitelli piccoli, mentre quello che avanza viene lavorato per la produzione dei formaggi. Dopo aver munto le vacche e le capre, e aver pulito la stalla, arriva il momento della colazione, e sono ancora le 8 del mattino! Il resto della mattinata lo passa in caseificio a fare il formaggio, mentre se è giornata di mercato è la mamma a occuparsi delle tome. Nel pomeriggio le operazioni si ripetono in stalla e in caseificio: dar da mangiare agli animali, mungerli, pulire la stalla, fino alle 20 circa. Il risultato sono 5 chili di formaggio da un totale di 50 litri di latte munti ogni giorno, compreso il latte che viene usato per alimentare i vitellini.
«Sono molto contenta della mia scelta, anche se ogni tanto mi prende lo sconforto. Non c’è mai un momento di tregua perché tutti i giorni devo essere presente e poi purtroppo la resa economica non è mai soddisfacente. Nonostante questo non avrei mai il coraggio di chiudere, non immagino nemmeno un’altra vita. Per me la vacanza è salire in alpeggio, sentire la libertà che si respira e staccare la spina dalla tecnologia e dalle pressioni della città».
Il momento più brutto per Elisa è quando deve vendere le bestie a fine vita, si tratta di animali di 15 o 16 anni che non possono più vivere in azienda, non solo per un motivo economico ma perché cominciano ad avere problemi alle gambe e non sarebbero più in grado di vivere in alpeggio. «È il momento più difficile del mio lavoro: è straziante quando vedo arrivare il camion del commerciante. Lo so che è un lavoro, me lo dicono anche i miei colleghi, ma per me c’è qualcosa di più, con ogni animale si instaura un rapporto fatto di sentimenti reciproci, forse come l’insegnante con gli allievi».
Il problema più grosso di Elisa è far capire quello che c’è dietro al suo formaggio che propone nei mercati intorno ai 14 euro al chilo: «Spesso mi viene detto che il mio formaggio è caro, ma non c’è paragone tra un buon formaggio di caseificio e le tome che produco io, con il latte crudo delle mie pezzate rosse».
Elisa ha un sogno nel cassetto, avere una stalla moderna che dia maggior comfort agli animali e che allevi la loro fatica di una gestione totalmente manuale degli animali, come la pulizia dell’ambiente due volte al giorno, per garantire che la paglia sia sempre pulita. «Ho 28 anni e mi piace anche uscire e stare con gli amici, una stalla con alcuni automatismi mi consentirebbe di superare i limiti fisici e alleggerire le fatiche. Credo possa essere un incentivo anche per i giovani che vogliono intraprendere questa strada».
Dieci donne che salvano la terra
Slow Food Italia – con il patrocinio e il contributo della Regione Piemonte – ha lanciato l’iniziativa Donne che salvano la terra per dare valore e voce alle donne piemontesi che, spesso nell’ombra, lavorano per custodire la terra, produrre cibo buono, pulito e giusto, cambiare il futuro. Donne che possono diventare fonte di ispirazione per le ragazze e i ragazzi che stanno compiendo il loro percorso di formazione scolastico e personale. Per scoprirle e raccontarle, Slow Food ha chiesto ai propri soci e simpatizzanti, appassionati gastronomi, attivisti sui temi dell’ambiente e operatori della società civile, giornalisti e blogger, di attivarsi e candidare la propria “donna che salva la terra”. Al termine della fase di candidatura, una commissione ha selezionato 10 donne, impegnandosi a diffondere le loro storie attraverso i canali di Slow Food Italia per mostrare con orgoglio il lavoro che ogni giorno realizzano.
Scopri le loro dieci storie grazie a: