Per chi opera e coopera nei progetti del terzo settore la formazione continua, gli aggiornamenti e i focus group hanno assunto da anni una funzione fondamentale in tutte le fasi di attivazione e cura in determinati contesti. Ma poter attivare uno scambio di pratiche, un confronto sia operativo che fenomenologico con importanti realtà di tutto il territorio italiano configura una best pratice unica da porre come dinamica replicabile e percorribile per tutte le tematiche sociali largamente intese.
Il progetto “Perla. Pratiche per l’antifragilità” propone proprio questa attivazione: arricchire il proprio orizzonte lavorativo assimilando, facendo proprie le esperienze dei diversi partner con la possibilità di confronto e supervisione, nel tentativo di farle aderire, in toto o in parte, al proprio contesto territoriale e alla propria rete di appartenenza.
Inoltre, il progetto Perla riesce a riempire del giusto valore il contenitore rete che troppo spesso rimane rappresentativo di macro concetti condivisi, ma non riesce altrimenti nel tentativo di unire pratiche rivolte al miglioramento di tutti i territori. Potremmo anche dire che lì dove non arriva la lungimiranza istituzionale tanto sperata, il CNCA con Perla riempie uno spazio di innovazione sociale equivalente in tutta Italia.
La fragilità affrontata dallo scrivente in questo scambio pratiche ha riguardato la povertà economica, questione sociale in continua crescita, di difficile analisi perché quasi sempre multi-fattoriale e di difficilissimo approccio sotto tutti i punti di vista. Il primo tentativo, istintivo, naturale, propone di rivolgersi alla beneficenza, alla cessione di beni, alla possibilità di riempire un vuoto con qualcosa che avanza in altri ambienti, ma molto rapidamente si comprende come non sia nemmeno lontanamente arginabile la problematica utilizzando questi strumenti.
Quello che è stato proposto nello scambio pratiche, con la partecipazione della collega Somma Matilde, è la concettualizzazione e l’attivazione di un sistema di presa in carico multidisciplinare e multi ufficio, dove la persona che vive la fragilità economica è al centro di una serie di attivazioni concentriche che spaziano dai livelli personali – come salute, igiene, accoglienza –, per passare ad advocacy per i diritti e adeguatezza burocratica, uniti a formazione scolastica, formazione specifica o prese in carico istituzionali (servizi sociali, sanitari di secondo livello), arrivando alla sponda lavoro solo e soltanto se desiderata, approcciabile, raggiungibile. Come carattere di innovazione abbiamo raccontato le sperimentazioni rispetto al riconoscimento e la certificazione di capacità formali e informali attraverso agenzie di promozione al lavoro, unite ad altre azioni innovative, come i job club e gli speed date lavorativi con le aziende, che forniscono nuova linfa alle classiche attivazioni. Inoltre, con le figure dei tutor, dei case manager ma soprattutto dei mentor – ovvero operatori pari che hanno raggiunto il mondo del lavoro e che rappresentano l’esempio tangibile e vicino del percorribile –, si mostra un quadro di approccio al mondo del lavoro attuabile proprio per i più vulnerabili.
La presa in carico multidisciplinare è stata sperimentata dalla cooperativa On the Road del CNCA Abruzzo e Molise, nei lavori con una delle fasce più vulnerabili della società, ovvero le persone senza dimora, proprio dove la multi problematicità non può essere affrontata con soluzioni standardizzate e stringenti, ma solo con dei percorsi condivisi multi agenzia.
Tutte le realtà nazionali avvicinate hanno mostrato come già da anni l’inserimento lavorativo non sia solo un capitolo progettuale, ma un reale impegno trasversale nelle varie aree di intervento, che tendenzialmente vedono questo come arrivo di un percorso, lasciato quindi troppo spesso in ultima battuta. Diversi partner hanno palesato delle difficoltà a superare un livello informale, con agganci al mondo del lavoro creati attraverso amicizie o possibilità estemporanee, utili certo, ma non strutturali e replicabili, mentre altre associazioni e cooperative hanno già solidificato un’area di interesse legata al lavoro e hanno reso questo spazio solido all’interno dei servizi.
Sicuramente tutti i partecipanti allo scambio hanno potuto ampliare in diverse direzioni le proprie linee di intervento, soprattutto per una serie di interazioni e trasversalità che hanno reso lo scambio pratiche ancor più fattibile e ricco di opportunità. Da sottolineare come attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici, digitali, tutte le dinamiche di avvicinamento al mondo del lavoro siano più dirette. I profili social su LinkedIn, l’iscrizione alle piattaforme del lavoro attraverso spid e la creazione in generale di una personalità digitale favoriscono la trasparenza richiesta nelle presentazioni ai possibili datori di lavoro.
È essenziale specificare, inoltre, come altre buone pratiche provenienti da altri contesti e legate storicamente ad altri movimenti di aiuto sociale possano convogliare e arricchire la parte della presa in carico finalizzata al lavoro. Basti pensare alle “doti”, strumento utilizzato nell’area delle fragilità educative, ovvero un budget per gli strumenti del lavoro – dai dispositivi di protezione individuale agli attrezzi, per arrivare a un mezzo di trasporto –, oppure all’utilizzo dei budget di salute, dove il desiderio o meglio il desiderato può favorire il benessere e quindi utilizzare economie a contrasto della carenza di economie, con azioni nuove votate alla autodeterminazione e alla scelta, soprattutto di una dinamica vitale come il lavoro che gratifica e dà forma al nostro muoverci nel mondo.
In conclusione trovo necessario porre una definizione, o meglio un’indicazione, che possa in qualche modo guidarci ancor prima di iniziare un percorso ovvero di non porre obiettivi troppo lontani davanti ai nostri beneficiari, o addirittura di non porne proprio, aspettando se possibile tutto il tempo necessario in modo che l’obiettivo maturi da solo, prodotto non solo dalla volontà della persona, ma da una serie di circostanze create attraverso le attivazioni multiple descritte sopra. Quello del lavoro è un incrocio impegnativo, fortuito, sperato, complesso e spesso rischioso, che va affrontato solo e soltanto se non si corre il rischio di una rivittimizzazione o di un ennesimo fallimento che crea ancor più distanza.
Bisogna sì lavorare con la persona, ma senza dubbio bisogna lavorare oggi nella ristrutturazione del mondo del lavoro, che deve includere e non essere una premialità per pochi fortunati. Oggi in quest’ottica si lavora nel tentativo di ribaltare l’idea che la migrazione sia un problema sociale, ma riconoscerla come una risorsa da intercettare proprio per un avanzamento economico-sociale di tutti gli attori coinvolti, e in primis per le persone che ambiscono e meritano un lavoro regolare e dignitoso.
Massimo Ippoliti, CNCA – Cooperativa On the Road
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