Un’altra primavera di crisi: l’apicoltura italiana è a rischio

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Tra siccità persistente e gelate, il 2024 si prospetta come un altro annus horribilis e l’apicoltura italiana è a rischio sopravvivenza.

La situazione del settore apistico italiano continua a peggiorare. Circa un anno fa segnalavamo l’emergenza affrontata dagli apicoltori nella primavera 2023, in cui la pressoché totale assenza di raccolti e la crisi climatica hanno determinato un calo produttivo tra il 75% e il 100%, costringendo gli apicoltori ad alimentare di soccorso le proprie api per salvarle dalla morte per fame. Una difficoltà iniziale sfociata in una vera e propria gravissima situazione di allerta evidenziata dal report di Osservatorio Nazionale Miele e Ismea.

A distanza di un anno la situazione è invariata, se non peggiorata. E l’apicoltura italiana sta affrontando un’altra stagione critica.

«Lo scorso anno sono saltati tutti i mieli primaverili. A livello climatico anche quest’anno rischiamo lo stesso, i raccolti sono ridicoli e non remunerativi». A parlare è Massimo Carpinteri, apicoltore, coordinatore del Presidio Slow Food dei mieli di alta montagna alpina e referente dell’Osservatorio Nazionale Miele.

«Fino a ieri uno dei problemi principali erano i pesticidi. Oggi se ne aggiunge un altro, la crisi climatica, che sta superando il primo e insieme hanno effetti devastanti  – aggiunge Massimo -. La questione climatica è diventata un’emergenza vera, ma di avvelenamenti ne abbiamo sempre. Chi inquina l’ambiente e quindi quello che respiriamo, mangiamo, beviamo  – non solo le api! – dovrebbe essere punito e con sanzioni severe. Perché chi lavora in questo modo non è un agricoltore, è un criminale».

Una panoramica da Nord a Sud

Ogni area d’Italia fa storia a sé: la Sicilia è flagellata dalla siccità, che ha ridotto la disponibilità di nettare delle piante ed è difficile persino far sopravvivere le api. In Calabria e in Puglia il freddo e le condizioni climatiche estreme hanno compromesso la produzione e anche quest’anno come lo scorso, ci saranno pochissimo miele di agrumi e di sulla, le principali colture stagionali primaverili. 

Anche in altre zone le api non hanno trovato fioriture primaverili. Il Centro-Nord e parte dell’area tirrenica e della Sardegna sono stati colpiti da pioggia e neve durante la fioritura di tarassaco, ciliegio e acacia. Le temperature inizialmente alte hanno anticipato le fioriture, che poi hanno risentito ancor di più della successiva ondata di freddo con valori quasi invernali.  

Insomma, le quantità sono sempre più ridotte e parlare di raccolto «è ridicolo. Tre anni fa non ho fatto nulla, due anni fa una quindicina di chili, l’anno scorso non ho nemmeno tolto i melari. Quest’anno una media ad apiario di 5 chili» riferisce l’apicoltore, aggiungendo anche un’altra aggravante, quella dei prezzi di mercato.

«Il mercato del miele è crollato e i prezzi all’ingrosso sono iniqui. Fino al 2011 in Piemonte si raccoglieva una media di 25 chili ad alveare di miele di acaia. Dal 2011 a oggi, in quei pochi anni in cui si è fatto il raccolto, si parla di 15 chili ad alveare ma, ciò che è ancora peggio, il prezzo in proporzione è inferiore a quello che avevamo nel 2011».

L’apicoltura scompare, ma il miele no

L’apicoltura italiana boccheggia e se questo andamento proseguirà, si rischia che il mestiere dell’apicoltore sparisca per sempre e che entro la fine dell’anno, o nel 2025, chiuderanno sempre più aziende.

Scompaiono le aziende, ma non il miele. «Il miele arriverà sempre, anche se non c’è. Oggi abbiamo commercianti di miele che si sanno difendere. Non trovano l’acacia in Italia? La comprano all’estero, per esempio in Slovenia, Romania, Ungheria o Moldavia, dove quella di qualità è quasi uguale a quella italiana, sapendo che tanto il cliente la compra lo stesso, perché è comunque un buon prodotto». Spiega Carpinteri che purché si dichiari l’origine del miele in etichetta, non c’è nessun problema, è una pratica in uso soprattutto tra i grandi invasettatori.

Ma chi difende gli apicoltori?

Da anni chiediamo che il cibo sia buono, pulito ma anche giusto e sano. E quindi che chi lo produce riceva una equa remunerazione. Al contrario l’apicoltura oggi in Italia sta diventando insostenibile, tra prezzi di mercato e costi per alimentare le api.

«È questo che dovrebbero chiedere i nostri colleghi quando scendono a manifestare in piazza. Vogliono più pesticidi, quando dovrebbero esigere e difendere un’agricoltura di qualità che sia più rispettosa delle risorse, dell’ambiente e della salute delle persone, per ottenere prodotti che si distinguano davvero da quelli di importazione».

Ha senso un’agricoltura che sia dipendente dalla chimica di sintesi, tossica per le api?

«Se spariscono gli impollinatori cambia buona parte del nostro mondo, perché piante e impollinatori si sono evoluti insieme. Non possiamo rendere tutto autofertile: per ogni specie botanica che sparisce, spariranno tutti quelli che se ne cibano e le altre specie di cui a loro volta sono nutrimento» denuncia Carpinteri. Sembra quasi filosofia, se non fosse vita, sopravvivenza. «Il futuro invece viene sempre citato troppo poco, ma in qualche modo dovremo anche prepararci».

Saper scegliere fa la differenza

Prima di tutto non parliamo di consumatori, ma di co-produttori. Persone guidate da consapevolezza e curiosità verso quello che acquistano, piuttosto che dal risparmio. «Chi compra il miele dovrebbe imparare a cercare quello italiano. E poi a non affidarsi mai al costo. Il prezzo troppo basso è sempre un cattivo indicatore» spiega Carpinteri.

L’apicoltore aggiunge che in questo periodo, la consistenza del miele è un altro campanello di allarme. «Se in questa stagione troviamo mieli liquidi dell’anno scorso, che non siano acacia, castagno o melate, quasi sicuramente si tratta di mieli che sono stati scaldati, e quindi hanno perso parte delle loro proprietà».

I progetti di Slow Food a tutela delle api e degli impollinatori sono sostenuti da Ricola.

Salvaguardare le api significa anche proteggere i loro preziosi habitat naturali, scrigni di biodiversità: unisciti al nostro impegno e firma anche tu il Manifesto Salviamo i prati stabili e i pascoli.

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