Chi può accedere ai benefit aziendali e con quali criteri ciò viene determinato? Approfondiamo la materia attraverso l’analisi della normativa e della prassi più recente.

I beneficiari di un piano di welfare aziendale sono generalmente i lavoratori dipendenti e i collaboratori del datore di lavoro, il quale può decidere di mettere a disposizione degli stessi beni e servizi per favorire il benessere personale e familiare.

Nello sviluppo di un piano di welfare, è importante identificare in maniera esatta i destinatari dei beni e dei servizi di welfare aziendale, anche per giungere alla corretta applicazione dei regimi fiscali e contributivi di favore riservati a questi benefit.

A chi spetta il welfare aziendale e perché

Il welfare aziendale costituisce oggi lo strumento più efficace per favorire sia il benessere dei lavoratori, soprattutto in un periodo di crisi economica e sociale, sia la produttività aziendale. Il welfare include, infatti, un eterogeneo insieme di benefit, dai servizi per la genitorialità e l’infanzia, a quelli per l’istruzione, all’assistenza sanitaria e alla previdenza complementare, ai buoni pasto, ecc., che il datore di lavoro può decidere di includere nel proprio piano di welfare aziendale.

Il legislatore, a partire dalla Legge di stabilità 2016 (l. n. 208/2015), ha cercato di incoraggiare l’adozione di queste politiche attraverso la leva fiscale.

L’art. 51 TUIR, ai commi da 2 a 4, elenca tutti i beni e i servizi potenzialmente idonei ad entrare in un piano welfare: per ognuno di essi, è prevista, in deroga al principio di onnicomprensività (art. 51, comma 1, TUIR), una disciplina di favore per il lavoratore.

Questa consiste nella detassazione e nella decontribuzione (ai sensi del principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscali e previdenziali avvenuta con l’art. 6, D.lgs. n. 314 del 1997):

totali (per esempio i servizi di utilità sociale, i servizi per i familiari anziani o non autosufficienti, l’abbonamento al trasporto pubblico locale e interregionale, etc.) o entro determinate soglie (per esempio i buoni pasto, l’assistenza sanitaria integrativa, la previdenza complementare, i fringe benefit, etc.).

Ma quali sono i lavoratori ai quali spettano i benefit welfare fiscalmente agevolati?

Sotto il profilo soggettivo, i lavoratori beneficiari sono costituiti dai titolari di reddito di lavoro dipendente e dai titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 52 TUIR), per i quali il reddito è determinato secondo le disposizioni contenute nell’art. 51 del TUIR.

Ciò vuol dire che il welfare aziendale si rivolge sia ai lavoratori di un contratto di lavoro subordinato (a tempo determinato o indeterminato, full time o part-time, smart workers, apprendisti, etc.), sia ai lavoratori titolari di forme di contratto di lavoro diverse (collaborazione coordinata e continuativa, tirocinio, etc.).

Benefit e categorie omogenee di beneficiari

Per quanto riguarda il contenuto dei piani di welfare aziendale, alcuni beni e servizi previsti dall’art. 51, comma 2, TUIR (i servizi di utilità sociale, quelli di educazione e istruzione, quelli di assistenza ad anziani o non autosufficienti, gli abbonamenti per il trasporto pubblico, il servizio di trasporto collettivo per il tragitto casa-lavoro, i buoni pasto e le azioni emesse dal datore di lavoro) non concorrono alla formazione del reddito dei beneficiari solo se erogati, o semplicemente previsti, per la generalità dei dipendenti o per categorie omogenee di essi. 

L’espressione “generalità o categorie di dipendenti” è riferita a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, tutti i dipendenti di un certo livello o di una certa qualifica, ovvero tutti gli operai del turno di notte ecc., cfr. Circ. Min. n. 326/E/1997), purché tali inquadramenti siano sufficienti ad impedire, in senso teorico, che siano concesse erogazioni ad personam, ossia al singolo, in esenzione totale o parziale da imposte (cfr. Circ. n. 5/2018).

Alcuni esempi di generalità o categorie di dipendenti, per cui è stato ritenuto soddisfatto questo requisito nell’ipotesi di erogazione sono:

  • dipendenti con lo stesso inquadramento, impiegati, quadri, dirigenti, ecc. (C.M. n. 326/1997);
  • dipendenti con lo stesso livello contrattuale, IV livello, V livello, ecc. (Circ. n. 28/2016);
  • dipendenti del turno notturno (C.M. n. 188/1998);
  • dipendenti a maggior rischio di fragilità sociale (Risp. n. 273/2019);
  • gli “expatriates”, ossia i dipendenti trasferiti in Stati esteri ai quali viene assicurato lo stesso trattamento indipendentemente dallo Stato di provenienza o di destinazione (Ris. n. 378/2007);
  • i “transferred employees”, ossia i dipendenti trasferiti in Paesi stranieri con figli in età scolare per promuovere la loro istruzione, la loro formazione nonché l’inserimento nella nuova realtà nazionale (risp. n. 294/2022).

Inoltre, in un recente documento di prassi (Risp. n. 57/2024), l’Amministrazione finanziaria ha affermato che non è possibile individuare una “categoria di dipendenti” sulla base di una distinzione non legata alla prestazione lavorativa, ma a caratteristiche o condizioni personali o familiari del dipendente.

Sulla scorta di tale principio, l'attribuzione del welfare aziendale in base allo status di maternità non è idonea, secondo l’Amministrazione, ad individuare una categoria di dipendenti, con l’impossibilità di applicare i regimi fiscali di favore previsti dall’art. 51, comma 2, TUIR.

La normativa welfare (art. 51, commi 2 e 3, TUIR) prevede, inoltre, che alcuni benefit possano essere fruiti, oltre che dal dipendente, anche dai suoi familiari, a carico o non a carico.

Per esempio, le opere e i servizi di utilità sociale (art. 51, comma 2, lett. f)) e i fringe benefit (art. 51, comma 3, ultimo periodo, TUIR) possono essere utilizzati anche dai familiari dei dipendenti indicati nell’art. 12 TUIR, a prescindere dalla condizione di familiare a carico.

Tali familiari sono:

  • il coniuge, anche dello stesso sesso (unione civile).
  • i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, gli adottanti;
  • i figli legittimi e/o illegittimi e/o naturali e/o adottivi; in loro mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali
  • i generi e le nuore;
  • il suocero e la suocera
  • i fratelli e le sorelle germani (che condividono entrambi i genitori) o unilaterali.

I servizi di educazione e istruzione (art. 51, comma 2, lett. f-bis)) e i servizi di assistenza (art. 51, comma 2, lett. f-ter)) sono, invece, destinati, rispettivamente, ai medesimi familiari, anche in età prescolare, e ai familiari anziani o non autosufficienti.

L’abbonamento al trasporto pubblico locale, regionale e interregionale (art. 51, comma 2, lett. d-bis)) può essere fruito dal dipendente o dai familiari, di cui all’art. 12 TUIR, purché fiscalmente a carico.

I limiti dei fringe benefit

Il regime di esenzione dei fringe benefit (art. 51, comma 3, ultimo periodo, TUIR) ha subito un’importante modifica. La legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di Bilancio 2024) ha innalzato, per il 2024, la soglia di esenzione per l’assegnazione dei fringe benefit da parte del datore di lavoro fino a 1.000 euro, per i dipendenti senza figli a carico, e fino a 2.000 euro, per i dipendenti con figli a carico (il superamento o meno del limite reddituale, di cui all’art. 12, comma 2, TUIR per considerare come fiscalmente a carico un figlio, dovrà essere verificato il 31 dicembre 2024, trattandosi di misura temporanea, cfr. Circ. n. 5/2024).

Inoltre, in aggiunta ai beni e servizi, il datore potrà rimborsare le spese delle utenze domestiche di acqua, luce e gas, nonché le spese per l’affitto della prima casa e gli interessi del mutuo relativi alla prima casa.

In particolare, l’Amministrazione finanziaria (Circ. n. 5/2024) ha previsto che, con riferimento alle spese per l’affitto, debba farsi riferimento al canone risultante dal contratto di locazione regolarmente registrato e pagato nell’anno.

Inoltre, con riferimento alla nozione di “prima casa”, rileva il concetto di “abitazione principale”, ossia abitazione in cui si dimori abitualmente, prevista per l’applicazione delle detrazioni di cui agli artt. 15, comma 1, lett. b) (interessi passivi per mutui), e 16 (canoni di locazione) del TUIR. In ogni caso, possono essere rimborsate a titolo di fringe benefit soltanto le spese per l’affitto e gli interessi sul mutuo riferite a un immobile che costituisce l’abitazione principale del dipendente, anche se parte contrattuale del contratto di locazione o di mutuo sia il coniuge o altro familiare (fra quelli indicati nell’art. 12 TUIR) dello stesso.

È importante ricordare, poi, che l’anticipo o il rimborso di somme di denaro comporta, per il datore di lavoro, il rispetto di specifici oneri documentali: il datore deve acquisire e conservare idonea documentazione comprovante l’utilizzo delle somme in maniera coerente con le finalità per le quali sono state erogate o, in alternativa, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (D.P.R. n. 445/2000) del dipendente che attesti le medesime circostanze.

Il datore di lavoro, in conformità alla disciplina generale di cui all’art. 51, comma 3, ultimo periodo, TUIR, potrà assegnare i fringe benefit senza formalità e anche al singolo dipendente, e non necessariamente alla generalità o a categorie di essi.

Sarà, invece, necessario, per applicare il limite di 2.000 euro, informare le rappresentanze sindacali unitarie, laddove presenti, e una comunicazione del datore di lavoro, che deve dimostrare di aver diritto alla soglia maggiorata il codice fiscale dei figli, secondo le modalità stabilite tra lavoratore e datore di lavoro (Circ. n. 5/2024).

Chi ha diritto al welfare nelle piccole e medie imprese

Come illustrato, il welfare aziendale presenta diversi vantaggi sia per i dipendenti sia per i datori di lavoro: i dipendenti aumentano il proprio potere d’acquisto, accedendo a beni e servizi che, anche grazie alle agevolazioni fiscali connesse, non gravano sulle proprie risorse economiche. I datori di lavoro, oltre a contribuire al benessere personale e familiare dei dipendenti, aumentano la loro motivazione e migliorano la produttività aziendale.

Un’opportunità che possono cogliere sia le grandi organizzazioni sia le piccole e medie imprese.
Anche i dipendenti (lavoratori subordinati) e i collaboratori (lavoratori a progetto, co.co.co.) delle realtà più piccole possono infatti essere beneficiari di welfare aziendale. Ciò, a prescindere dalla fonte istitutiva, sia esso un contratto o accordo collettivo (come nel caso di rappresentanze sindacali interne), oppure un regolamento aziendale.
Anche loro, quindi, sono qualificabili come destinatari di beni e servizi – dai flexible benefit ai fringe benefit -fiscalmente agevolati, fruibili mediante le soluzioni che oggi Edenred offre nel campo del welfare aziendale.