Antonio Tajani, 70 anni, ministro degli Esteri, presidente di Forza Italia, reduce dal G7 di Capri, annuncia che si candiderà alle elezioni europee, «sostanzialmente per due motivi».
Quali?
«Primo: credo che in questa fase ci sia bisogno di qualcuno che aggreghi e dia più visibilità alle forze popolari. Secondo: ho deciso di mettere in campo trent’anni di esperienza europea. Sono l’unico in Italia ad aver partecipato alla vita delle tre istituzioni di Bruxelles. Sono stato Commissario, poi presidente del Parlamento europeo e ora prendo parte alle riunioni del Consiglio dei 27 ministri degli Esteri. Inoltre sono vicepresidente del Partito popolare europeo dal 2002. Mi impegno a mettere questo percorso al servizio dell’elettorato, della mia parte politica e soprattutto dell’Italia».
Come risponde all’obiezione che questa è una candidatura civetta, perché lei resterà al governo in Italia?
«Mi muovo con la massima trasparenza con gli elettori: continuerò a fare il ministro a tempo pieno, ma nello stesso tempo penso sia importante trasmettere un messaggio politico: dobbiamo mettere i temi europei fondamentali al centro della campagna, con l’intento di dare più forza alla voce dell’Italia. Noi di Forza Italia siamo “gli specialisti dell’Europa”».
Anche Giorgia Meloni si candiderà. Questa concorrenza tra i leader indebolirà il governo?
«Direi proprio di no. Io ho avvisato Meloni e Salvini. Sapevano che mi sarei candidato. Si voterà con il proporzionale e quindi è inevitabile che ognuno corra per il proprio partito. In ogni caso noi di Forza Italia non faremo una campagna per togliere consensi agli alleati. Anzi, vogliamo recuperare voti alla nostra sinistra, pescare tra chi un tempo votava Forza Italia e poi forse ha rinunciato anche ad andare alle urne».
Meloni ha detto che sarebbe soddisfatta se Fratelli d’Italia riuscisse a ripetere il risultato delle Politiche, intorno al 26-27%. Il suo obiettivo?
«Il 10% alle Europee, per poi puntare al 20% alle prossime Politiche. Sono convinto che nel Paese ci sia spazio per una grande forza responsabile e moderata».
Salvini ha dichiarato che chi vota per la Lega fa una scelta «per la pace e per il lavoro». Il sottinteso è che FI e FdI siano un po’ meno «per la pace» rispetto alla Lega…
«Non sono d’accordo con questa lettura. Siamo tutti per la pace. Abbiamo appena concluso un G7 dei ministri nel segno di uno sforzo concreto per costruire la pace. Poi è chiaro che ciascun partito usi i propri argomenti per raccogliere consenso. Ma non interpreto quella frase di Salvini come un atto ostile nei confronti di Forza Italia e della coalizione di governo»
Quali sono i contenuti della vostra campagna elettorale?
«Come Ppe abbiamo preparato un piano in 10 punti. In grande sintesi: difesa ed esercito comune nella Ue; elezione diretta di un’unica figura istituzionale che guidi l’Unione; fine del vincolo delle decisioni prese all’unanimità dai 27 governi; revisione del Green deal con più attenzione per l’agricoltura e l’industria. Proponiamo una terza via tra il negazionismo del cambiamento climatico e l’ecologismo estremista».
Draghi sarebbe la figura giusta per guidare la prossima Commissione europea?
«Draghi è una figura di grande prestigio. Berlusconi lo sponsorizzò per la presidenza della Bce e Forza Italia ha fatto parte del suo governo. Ma non voglio mettere sulla graticola il suo nome o quello di qualcun altro. Il Ppe candida Ursula von der Leyen per la Commissione. Si partirà da lì».
A Capri i ministri del G7 hanno lavorato per la deescalation nel Medio Oriente. Pensa che il governo israeliano non andrà oltre il blitz contro l’Iran del 19 aprile?
«La nostra linea è la ricerca della riduzione delle tensioni. Il G7 è al fianco di Israele e nel comunicato finale ha condannato l’attacco lanciato dall’Iran. Ma detto questo ora è fondamentale fermare gli scontri a Gaza per ottenere la liberazione degli ostaggi israeliani e favorire l’ingresso massiccio di aiuti per la popolazione palestinese. Gli americani e noi europei continuiamo a dialogare, a dare consigli ai nostri amici israeliani. Se il 19 aprile l’attacco a loro attribuito è stato meno pesante di ciò che ci si poteva aspettare, vuol dire che ci ascoltano».
L’Italia è uno dei pochi Paesi ad aver mantenuto canali di comunicazione aperti con Teheran. Quali segnali arrivano dall’Iran?
«Vero, la nostra ambasciata a Teheran è aperta e noi rappresentiamo anche altri Paesi, per esempio il Canada. Non ho più sentito esponenti del governo iraniano dopo che hanno colpito Israele. Ma non escludo che possa farlo nei prossimi giorni, proprio per capire se sono disponibili ad attenuare lo scontro. Certo, dovrebbero cominciare a non fornire droni ai russi, agli Houthi, agli Hezbollah»
A Capri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha chiesto di avere al più presto sistemi di difesa antiaerea, compresi i Samp-T. L’Italia ne ha 5. Uno è già in Ucraina. È possibile che ne verranno mandati altri?
«No guardi, non voglio entrare nei numeri della difesa militare. Tutto ciò che posso dire è che faremo il massimo per aiutare l’Ucraina. Dal G7 guidato da noi è venuto fuori un segnale di appoggio totale all’Ucraina. Ma oggi devo dire che sono molto soddisfatto del voto del Congresso Usa sugli aiuti a Kiev: sarà una svolta decisiva».
Perché l’Italia è uno dei pochi Paesi che mantiene la segretezza sulle armi inviate in Ucraina? Gli Stati Uniti pubblicano la lista delle forniture fino all’ultimo proiettile…
«Noi non abbiamo le dimensioni degli Stati Uniti. Se divulgassimo le cifre sulle quantità di armi o di mezzi forniti all’estero, potremmo creare un problema di sicurezza nazionale. In ogni caso il Parlamento è informato, il Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ndr) sa tutto».