Disturbi alimentari, casi in aumento. Al via un disegno di legge per la prevenzione e cura

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La Legge di Bilancio 2024 non ha rifinanziato il Fondo creato nel 2021 dal governo Draghi grazie a un emendamento che attribuiva ai Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) un’autonomia all’interno dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) nell’ottica di una revisione dei LEA stessi, poi non attuata. Si trattava di un fondo ministeriale da 25 milioni di euro suddivisi per 2 anni per tutte le Regioni, che ha consentito di mettere in piedi servizi ad hoc in territori dove prima non c’era nulla e di potenziare quelli già esistenti. Le Regioni però, ad oggi, hanno impegnato il 59% del finanziamento e speso solo il 3% delle risorse, ha dichiarato il ministro della Salute Orazio Schillaci.

Riguardo alla necessità di questi fondi, la domanda di cura da parte della popolazione parla chiaro. Basti pensare che i Disturbi del Comportamento Alimentare coinvolgono una vasta parte della popolazione mondiale, superando i 55 milioni di individui globalmente, di cui oltre 3 milioni risultano colpiti in Italia (circa il 5% della popolazione). Le statistiche indicano che l’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi affrontano disturbi come anoressia o bulimia.

L’emergenza pandemica ha influito notevolmente sull’incidenza dei DCA, registrando un aumento del 30%. Questo impatto è stato particolarmente significativo tra i giovanissimi, che sono stati colpiti fino a quattro volte di più rispetto al periodo pre-Covid. Tale incremento è riconducibile in larga parte all’isolamento, alla permanenza forzata a casa, alla chiusura delle scuole e all’annullamento delle iniziative di coinvolgimento sociale.

Ulteriori dati indicano che il 90% di coloro che soffrono di tali disturbi è di sesso femminile, mentre il restante 10% è rappresentato da individui di sesso maschile. Nel complesso, il 59% dei casi si concentra nella fascia di età compresa tra i 13 e i 25 anni, con il 6% che coinvolge individui di età inferiore ai 12 anni.

Nel corso del 2019 si sono registrati 680.569 nuovi casi di disturbi alimentari, quali anoressia, bulimia e binge eating. Nel 2020 questa cifra ha registrato una significativa crescita, raggiungendo quota 879.560 per poi salire ulteriormente nel 2021 a 1.230.468 e nel 2022 a 1.450.567. E stiamo parlando solo di nuovi casi. Complessivamente, sono oltre 3 milioni gli individui che ricevono trattamenti per queste patologie, evidenziando un forte aumento rispetto ai circa 300.000 casi trattati nel 2000.

I dati regionali del Registro Nominativo delle Cause di Morte (RENCAM) presentano purtroppo cifre preoccupanti. Nel 2022 si sono registrati complessivamente 3.158 decessi con diagnosi correlate ai Disturbi della Alimentazione e della Nutrizione. La variabilità di tali dati è particolarmente alta nelle regioni dove le strutture di cura sono scarse o addirittura assenti. L’età media dei decessi è di 35 anni, indicando che una percentuale significativa di questo numero ha un’età inferiore ai 25 anni. L’anoressia nervosa rappresenta il 42,3% dei casi di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), seguita dalla bulimia nervosa con il 18,2% e il disturbo di binge eating con il 14,6%.

Non è semplice trovare una spiegazione all’insorgenza di questi disturbi. Spesso un evento “traumatico” rappresenta il catalizzatore iniziale del problema. Tuttavia, poiché tali disturbi sono multifattoriali, diversi elementi devono convergere simultaneamente per orientare la risposta della persona in quella direzione. Elementi come un disturbo di personalità caratterizzato da un perfezionismo estremo, comune in questi pazienti, e la presenza di una vulnerabilità genetica (un argomento attualmente oggetto di ampi studi nazionali) sono tutti fattori rilevanti. Anche il contesto culturale gioca un ruolo importante, con l’ampia pressione legata all’alimentazione e al corpo, tipica dei tempi attuali, e le difficoltà relazionali in cui queste persone si trovano.

In una simile situazione non è possibile tralasciare l’attuale carenza di servizi rispetto alla crescente richiesta di aiuto, specialmente per i giovani affetti da tali disturbi. Questa disparità sottolinea la necessità di un miglioramento e di una maggiore accessibilità ai servizi dedicati, considerando l’urgenza di supporto per coloro che affrontano queste sfide complesse e molto debilitanti.

Secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in Italia sono attivi 126 centri specializzati nella gestione dei disturbi alimentari, di cui 112 a gestione pubblica e 14 privati accreditati. Tuttavia, la loro distribuzione sul territorio non è uniforme: la maggiore concentrazione si registra nelle regioni settentrionali con 63 centri, prevalentemente in Emilia-Romagna (20) e Lombardia (15). Le regioni del Centro contano 23 centri, di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria, mentre nel Sud e nelle Isole si trovano complessivamente 40 centri, di cui 12 in Campania e 7 in Sicilia.

La metà delle regioni italiane attualmente non dispone di una rete completa di assistenza per i disturbi alimentari. Idealmente, questa rete dovrebbe comprendere quattro livelli distinti. Il primo punto di contatto dovrebbero essere gli ambulatori specializzati nei disturbi alimentari (occupandosi del 60% della domanda di assistenza). Successivamente, nasce l’esigenza per servizi semiresidenziali, come centri diurni, che permetterebbero alle persone di consumare i pasti in un ambiente controllato. Il terzo livello prevede servizi residenziali extraospedalieri operanti 24 ore al giorno, mirati a fornire un supporto continuo per un periodo che varia dai 3 ai 5 mesi. Infine, il quarto livello riguarda i servizi ospedalieri, i quali includono il ricovero salvavita per coloro che rifiutano le cure, oltre alla possibilità di applicare la nutrizione artificiale.

L’offerta di prestazioni completamente a carico della sanità pubblica attualmente copre solo nove esami (negli altri casi subentra la compartecipazione privata – con il pagamento del ticket). Il Ministero però sta lavorando al fine di aumentare notevolmente il numero di esami completamente gratuiti. «La commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA ha rilevato l’importanza di introdurre ulteriori nuove 16 prestazioni di assistenza ambulatoriale da concedere in esenzione, necessarie e appropriate per il monitoraggio e la prevenzione di complicanze e aggravamenti di bulimia e anoressia – ha affermato il ministro della Salute Schillaci – sommate alle precedenti, diventeranno trentadue”. Tutto ciò dovrebbe avvenire entro la primavera di quest’anno.

L’assenza di una copertura completa in molte regioni mette in evidenza la necessità di potenziare e armonizzare le risorse a disposizione, al fine di garantire un supporto adeguato e completo per coloro che affrontano i disturbi alimentari.

Gli interventi del Governo però non si fermano qui. Infatti, il ministro della Salute ha reso noto di voler introdurre un emendamento nel corso dell’esame del milleproroghe alla Camera al fine di affrontare questa situazione finanziaria. Per l’anno corrente sono stati annunciati 10 milioni di euro.

Inoltre, la commissione Sanità del Senato si appresta ad inaugurare i lavori sul disegno di legge di maggioranza in materia di disturbi del comportamento alimentare. L’iniziativa, promossa inizialmente da Alberto Balboni (FdI), si concentra sui provvedimenti in linea con il titolo V della parte seconda della Costituzione, proponendo interventi volti alla prevenzione e cura dei disturbi del comportamento alimentare, con particolare attenzione al rischio di sviluppo di tali disturbi negli adolescenti. L’obiettivo centrale è contrastare la diffusione dei disturbi alimentari, riconoscendoli come “malattie sociali” e promuovendo interventi che si allineano con le disposizioni costituzionali in merito. L’introduzione del nuovo reato di istigazione a pratiche alimentari suscettibili di causare un disturbo alimentare è volto a consentire alle Forze dell’Ordine di intervenire in modo rapido. Tale disposizione permetterebbe l’attuazione di una serie di misure di contrasto contro la promozione di comportamenti alimentari che possono seriamente minacciare la salute, arrivando a compromettere in modo irreversibile l’integrità psicofisica delle persone coinvolte e, in situazioni estreme, addirittura provocarne la morte.

L’articolo 1 del disegno di legge riconosce specificamente l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da alimentazione incontrollata e il disturbo evitante/restrittivo come malattie sociali, fornendo una definizione dettagliata di ciascuna.

L’articolo 2 introduce una nuova disposizione nel codice penale, istituendo il reato di istigazione a pratiche atte a provocare un disturbo del comportamento alimentare. La pena prevista è la reclusione fino a 2 anni, accompagnata da una sanzione amministrativa da euro 20.000 a euro 60.000. Nel caso in cui il reato sia commesso nei confronti di una persona in difesa minorata, come un individuo sotto i quattordici anni o una persona priva delle capacità di intendere e volere, la pena aumenta fino a 4 anni, con una sanzione amministrativa compresa tra euro 40.000 e 150.000 euro.

L’articolo 3 delinea l’istituzione della Giornata nazionale contro i disturbi del comportamento alimentare.

L’articolo 4 prevede l’attuazione di un piano di interventi gestito dallo Stato attraverso il Servizio Sanitario Nazionale, nonché dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, volto a prevenire e curare i disturbi alimentari. Inoltre, per quanto riguarda il monitoraggio dei siti e dei canali social che trasmettono messaggi suscettibili di rappresentare un pericolo concreto per l’incitamento a condotte alimentari disturbanti tra i minori, il comma 3 conferisce al Ministro dell’Interno, in concerto con i Ministri della Salute e del Lavoro e delle Politiche Sociali, la responsabilità di stabilire criteri e modalità, mediante un decreto da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per impedire l’accesso a tali siti, reindirizzando in forma anonima l’utente al portale digitale www.disturbialimentarionline.it. Infine, l’articolo 5 impone al Ministro della Salute di presentare alle Camere una relazione annuale sullo stato delle conoscenze e delle nuove scoperte scientifiche relative alle malattie sociali.

Ferma restando la necessità di affrontare con azioni strutturali queste tematiche, la speranza è quella di riuscire a fornire alle persone colpite dai DCA un sistema di prevenzione, supporto e cura sistematico e capillare, che possa garantire una presa in carico completa e punti di accesso raggiungibili per ogni cittadino del nostro Paese.

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Maria Vittoria DI SANGRO