Viviamo in una fase storica in cui i mutamenti sociali ed economici e le rivoluzioni tecnologiche stanno influenzando e determinando gli stili di vita degli individui e impattando sulle regole fondanti della nostra società. Questo sta contribuendo ad alimentare paure e tensioni e a sfidare le regole e i principi democratici. È il ritratto che Michele Nicoletti fa di questo nostro tempo. Il presidente della Società italiana di Filosofia politica e docente all’Università degli Studi di Trento, chiamato a relazionare su come “Amare la democrazia nelle sfide del presente” non fa sconti a facili ottimismi.
Dunque. Se dopo la caduta del Muro di Berlino ci si è cullati nella fugace illusione che la forma di governo democratica «del popolo, dal popolo, per il popolo» fosse destinata a un predominio universale, oggi nei suoi confronti si manifestano attacchi, tensioni e logoramenti. C’è chi propugna l’ibridazione della democrazia con un autoritarismo soffice, chi ne ipotizza il superamento in nome di una presunta neutralità della tecnica, chi ne asseconda l’asservimento a potentati economici, chi la diluisce con procedure insondabili.
Nicoletti in questa cornice individua sei grandi sfide. Sfide che la democrazia si trova ad affrontare. Sfide che deve affrontare camminando con le gambe di tutti coloro che “se vogliono andare al cuore della democrazia, devono avere a cuore la democrazia”.
La prima sfida è quella ambientale: il compito della sopravvivenza della specie umana e della casa comune, che intreccia il tema della diminuzione delle risorse disponibili e quello dello spostamento di milioni di persone, questioni rispetto alle quali oggi la democrazia sembra balbettare, mostra scarsa efficienza nel prendere decisioni. Mentre si fanno spazio forme sempre più contrapposte di anarco ecologismo, tutt’altro che democratiche.
La seconda sfida è quella migratoria. Legata alla prima in maniera indissolubile. Nel giro di pochi decenni, un sesto della popolazione mondiale sarà in cammino perché non potrà più vivere nel luogo in cui sarà nata. La democrazia ha il compito di farsi carico del fenomeno evitando di giocare in negativo a “mo’ di foglia di fico” con il concetto e le norme di “cittadinanza”. Quest’ultima – lo ricordiamo – è regolata da norme ordinarie soggette alle politiche delle maggioranze del momento, quindi manipolabile in senso restrittivo ed escludente.
La terza sfida è di natura economica. Lo sviluppo portentoso dell’ultimo secolo, e non solo, e stato sostenuto da fasce sempre più ampie di popolazione, chiamate a condividere da protagoniste i benefici frutti di tale sviluppo: pensiamo all’introduzione della tassazione progressiva a fronte di una paritaria forma di accesso ai servizi del sistema paese, a cominciare da scuola e sanità pubblica. Oggi questo è messo in discussione. Si parla sempre meno di tassazione progressiva, viceversa si parla sempre più di rendita e la si privilegia rispetto al lavoro.
La quarta sfida per la democrazia è quella internazionale. È, in particolare, la sfida della guerra e della pace. Una sfida dai contorni tanto incerti quanto pericolosi. Tutto è reso più complesso non solo dalle manovre militari del momento, dai focolai di tensioni accesi qua e là per il pianeta. È complesso per questioni come, ad esempio, il controllo delle vie di comunicazione, o la difficoltà di far comprendere come nei rapporti tra Stati sovrani dovrebbe valere sempre il principio dell’uno vale uno e non quello brutale del più forte.
Una quinta sfida è rappresentata dall’innovazione tecnologica. L’incredibile squilibrio di conoscenza che si registra oggi sul pianeta mette in pericolo la democrazia alle fondamenta. L’intelligenza artificiale è una opportunità per tutti. Ma rischia di essere un amplificatore delle possibilità e del potere sugli altri di quei pochi che oggi la controllano. Trasferendo nelle loro mani le ricchezze e le opportunità. Soprattutto, amplificando gli squilibri e riducendo le libertà dei singoli individui.
La sesta sfida è la sfida della democrazia a sé stessa e all’usura dei suoi meccanismi. È necessario custodire, o, meglio ancora, alimentare una cultura della democrazia, un’etica democratica condivisa. A partire dai meccanismi propri di un sistema democratico: la partecipazione e la condivisone delle regole. Oltre ogni sacrificio. Perché amare la democrazia porta in sé l’idea che ognuno di noi non è uno schiavo ma una persona con la sua dignità.