Irc e Ius Scholae: un’opportunità sprecata da decenni - Erica Simone - Servizi di Comunicazione e Pubbliche Relazioni

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“Toc Toc, posso entrare? Sono Erica Simone, volevo parlare di una Proposta di Riforma della Religione Cattolica”.

Pioveva come se non ci fosse un domani quel pomeriggio plumbeo a Roma, zona Laurentina in una sede del partito di Fratelli d’Italia di 25 anni fa. Quel giorno ho scoperto di essere di sinistra (ma questa è un’altra storia).

Per chi non conosce la mia storia sul web potete trovare info varie, ma per oltre 10 anni ho insegnato Religione Cattolica (ndr IRC) nelle scuole elementari di Roma a seguito di regolare concorso presso il Vicariato di Roma.

Un’esperienza esaltante, ma molto faticosa allo stesso tempo, che mi ha portato fino al Congresso Nazionale degli Insegnati di Religione a Bergamo nei primi anni 2000 (non sono una scheggia con le date vi chiedo perdono).

Esaltante perché – con mia grande sorpresa, pensavo che alle elementari non si potesse fare molto, mentre alle mie lezioni volevano partecipare alunni cosiddetti “non avvalentesi”, perché “Maestra tu non fai catechismo ma insegni tante cose”.

Faticosa perché l’IRC (Insegnamento della Religione Cattolica) è stata considerata un fastidio, un neo, una scocciatura. Eppure vi assicuro che il giorno del Ricevimento Famiglie …io avevo la fila!

Così un giorno prendo coraggio, vado a bussare ad una sezione di partito. L’unica – a quel tempo – che mi avesse contattato. Fratelli di Italia a Laurentina. Ma alla mia proposta: “Vorrei proporre una riforma dell’IRC in Italia per renderlo strumento di integrazione” la risposta fu “Assolutamente no!”.

Non vi fate illusioni, neanche a diversi esponenti della sinistra a cui ho sottoposto la medesima proposta – PD in primis – è importato molto (nulla) del tema. Quindi 1 a 1 e palla al centro.

Ok Erica ma perché ci racconti tutto questo ora?

Perché senza contesto non si comprendono i fenomeni fino in fondo e perché il rinnovato dibattito sullo Ius Scholae ha molto a che fare con l’IRC.

Ius Scholae & IRC: la Combo per un vero Processo di Integrazione.

L’Integrazione non può che passare per la Conoscenza e la stima dell’Altro. Frase quanto banale, ma essenziale allo stesso tempo. Ma perché ciò avvenga occorre un processo governato (non abbandonato al caso) e una visione a medio e lungo termine.

La situazione più difficile  che ho dovuto affrontare –  nei miei anni di insegnamento a Tor Pignattara a Roma – è stata quella in cui a minori di religione non cattolica dovevo spiegare che se i genitori non firmavano il consenso non potevo condividere conoscenza. I bambini sono bambini e continuavano a chiedere: “maestra, ma perché?”

L’assurdo sta nel fatto che pur essendo l’IRC materia Confessionale in Italia, i programmi del 1984 e successive modifiche del 1987 – ancora oggi in vigore – segnano un’apertura alla fenomenologia delle Religioni sorprendenti!

Che cosa significa?  Che “nonostante” sia materia confessionale tratta temi come:

  • i simboli religiosi già in seconda elementare,
  • i miti della creazione in tutte le religioni in terza elementare,
  • i testi sacri di tutte le religioni in quarta elementare e le religioni in quinta.

Solo per fare un esempio.

Io racconto ancora oggi con un certo orgoglio– dopo più di un decennio – che i miei alunni di quinta elementare sapevano analizzare in sinossi la nascita di Gesù Cristo nei Vangeli Sinottici, in quello di Giovanni, in alcuni vangeli apocrifi, nel Corano in lingua italiana e in alcune fonti di Testi Sacri della fede Ebraica.

La mia cattedra pareva una mini biblioteca! Mostravo loro persino i vangeli in greco, seppur fossi consapevole che i miei bambini non sapessero il greco antico. Mostravo loro delle fonti. Semplicemente.

Era studio! Eredità della Pontificia Università Gregoriana dei Gesuiti. (Baccalaureato in Teologia non corso di Scienze Religiose!).

L’obiezione: trasformiamo IRC in Insegnamento delle Religioni

Si, ma anche no. Sono ASSOLUTAMENTE D’ACCORDO di rendere l’IRC MATERIA NON CONFESSIONALE e quindi NON MATERIA OPZIONALE.

Nello stesso tempo la Religione Cattolica è fondamento dell’Identità Europea e quindi che un cittadino che si voglia ritenere tale approfondisca il tema anche e soprattutto se non proviene da quella cultura, non solo non ci vedo nulla di male, ma soprattutto lo riterrei propedeutico alla costruzione di identità di cittadino. Come studi la costituzione così studi la storia dell’Europa che è – anche – storia e inculturazione di una fede: quella cristiana.

Non sfugge, infatti, che tutte le comunità di immigrati – lasciatemi passare il termine inappropriato, ma eloquente – si attivano nel periodo estivo con corsi di lingua e cultura cinese, arabo, etc. etc. È sano voler raccontare e tramandare alle nuove generazioni il patrimonio culturale da cui si proviene. Non è sano voler disconoscere il proprio solo e perché ha radici cristiane in nome di un fantomatico political correct (che io non ho ancora capito in cosa si sostanzia).

Irc e Ius Scholae: un’opportunità sprecata da decenni

Ecco perché ritengo che l’IRC possa essere un grande booster ad un progetto di Ius Scholae veramente efficace. Ecco perché penso che da troppi anni abbiamo sprecato un’opportunità di vera integrazione grazie ad un percorso formativo che è già presente nelle nostro impianto scolastico. Dalla scuola dell’Infanzia alle secondarie di secondo grado!

Certo, l’IRC non può ridursi ad una seconda edizione del catechismo, né all’ora del “cazzeggio” e deve pesare nella valutazione e nel merito almeno come Educazione Motoria (non pretendo greco).

Certo la preparazione degli Inseganti di Religione deve essere all’altezza.

Certo parlare di interreligiosità partendo dalla propria identità senza imporla è progetto sfidante.

Certo fare proprie le esperienze di ebrei e mussulmani di Palestina (ad esempio)  che lavorano insieme da tempo ci interroga.

Certo andare oltre la nostra parte politica richiede perdere un pezzo del “mio” per guadagnare un pezzo del “nostro”.

Certo è che abbiamo sprecato decenni solo in nome del fatto che un Concordato non può essere rimesso in discussione in nome di una concezione di società legata al passato.

Certo è che ci vuole coraggio nel saper interpretare “evangelicamente” l’aggettivo “cattolico” che secondo la Treccani e Dante vuol dire “cattòlico agg. e s. m. [dal lat. tardo catholĭcus, gr. καϑολικός «universale», der. di καϑ’ὅλου «universalmente»] (pl. m. -ci). – 1. Propr., universale: tiene questa gente [i Peripatetici] oggi lo reggimento del mondo in dottrina per tutte parti, e puotesi appellare quasi c. oppinione (Dante).”

L’essere cattolici ha in sè una potenza culturale che per paura sono decenni che stiamo sprecando. Un Dio fatto uomo significa Incarnare Ogni Uomo, non solo quello che non puzza, che ha studiato che ci è simpatico, della parte politica che ci è vicina.

Peccato che l’IRC (Insegnamento della Religione Cattolica) non sia un mezzo del “cattolicesimo”, ma ostaggio politico del Concordato, materia di disputa delle fazioni politiche, feticcio culturale di chi vuole affermare incompatibilità tra cittadini europei

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