Per le Giornate degli Autori della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, viene proiettato il film Vakhim di Francesca Pirani, madre adottiva che racconta il viaggio del figlio alla ricerca della mamma biologica

L’Adozione Internazionale diventa protagonista alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
O meglio, a dirla tutta un po’ lo era già, grazie all’iniziativa Chair for Charity di Montbel, che ha portato la sua sedia di design Jump al Lido per essere firmata da tutte le star presenti e che verrà poi messa all’asta durante l’evento di Natale di Amici dei Bambini, sostenendo, così, i progetti di Ai.Bi. in favore dei bambini abbandonati.
L’adozione, però, diventerà protagonista anche sul grande schermo, grazie al film “Vakhim“, della regista Francesca Pirani, che verrà proiettato venerdì 6, all’interno delle Giornate degli Autori.

L’adozione sul grande schermo del festival di venezia

Il film racconta la vicenda vera dell’adozione di Vakhim, il figlio adottato da Francesca Pirani e suo marito Simone Borra, e del viaggio per ritrovare la madre biologica.
Una film – scrive la Repubblica: “Che tutti i genitori adottivi dovrebbero vedere. Perché nel grande silenzio che oggi circonda l’adozione internazionale, precipitata in una crisi irreversibile[…], racconta invece l’adozione possibile, il senso dell’adozione, pur nella contraddizione di un passato che torna con tutto il suo carico di dolore e di povertà”.
Un film che sembra quasi “aver chiesto” alla regista di essere scritto, partendo da un foto, dalla quale Vakhim non si separava mai, che lo ritraeva nell’orfanotrofio della Cambogia dove viveva insieme a sua sorella maggiore e ad altri due suoi fratelli.
Quei fratelli vengono ritrovati da Vakhim in Italia e insieme a uno di essi, la sorella Maklin, il ragazzo decide di partire per cercare di rintracciare la madre biologica, che nel frattempo non ha mai smesso di cercare di avere loro informazioni, fino a riuscire a spedire una lettera ai genitori adottivi di Vakhim.

L’incontro tra due madri

All’arriva di quella lettera, come la stessa regista ha ammesso, da un lato c’è stata paura per una missiva che, di fatto, contraddiceva tutte le regole dell’adozione internazionale; dall’altro c’è stata però la sensazione che tutta la vicenda fosse vera, anche perché i ricordi di Vakhim e Maklin a proposito delle loro mamma erano chiari.
Mamma che, da parte sua, non ha mai cercato di tornare indietro, riguardo l’adozione dei figli, ma che sentiva il bisogno di conoscere dove fossero finiti.
Da parte loro, i figli non si improvvisano viaggiatori alla ricerca di un passato sconosciuto, ma intraprendono il viaggio come apice di un cammino lungo e meditato, percorso insieme agli stessi genitori. Racconta Pirani a la Repubblica: “Ho sempre condiviso con Vakhim e poi con Maklin e i suoi genitori il mio desiderio di fare un film sulla loro storia. Ci siamo fatti aiutare dalla psichiatra che ci seguiva fin dall’inizio, non sono percorsi che si affrontano da soli. Decidemmo di parlare a Vakhim della madre quando aveva 14 anni. Scoprimmo anche che in rete c’era un suo straziante appello. Volevamo che nostro figlio sapesse da noi la verità e non da Internet”. E “Soltanto in seguito a un lungo lavoro interiore Vakhim e Maklin hanno deciso di voler incontrare Yon (la madre n.d.r.)”.
Su queste premesse, il film che ne è uscito è una grande testimonianza di storie che si intrecciano, di affetti che si perdono e si ritrovano ma, sopratutti, si moltiplicano. Non a caso viene citato come uno dei “momenti più toccanti del film” quello in cui le due madri si abbracciano.
Lì, in quel frangente, si materializza “proprio come l’avevo immaginato” – racconta Francesca – “l’incontro sul quale avevo così a lungo fantasticato”. Perché – è la conclusione della regista: “L’adozione internazionale ha ombre e luci, io però non volevo fare un film di denuncia, ma soltanto narrare la nostra storia di madri, padri e figli”.

Leggi anche: