La testimonianza di Aldo: “La mia maggiore preoccupazione è quella di poter avere degli eventi cardiaci: è come una spada di Damocle sopra la testa”
Aldo ha 82 anni e vive a Firenze. Ha sempre lavorato in banca, anche con incarichi di livello dirigenziale, e negli ultimi anni ha fatto il consulente finanziario. Ha continuato a lavorare fino a due anni fa, quando ha scoperto di essere affetto da una malattia rara: l'amiloidosi cardiaca. Aldo ha raccontato a Osservatorio Malattie Rare la sua storia, per testimoniare la sua vita con la malattia, nella speranza di essere d’aiuto ad altre persone che hanno ricevuto la stessa diagnosi, e alle loro famiglie.
“Ho avuto la fortuna di arrivare a ottant'anni senza mai aver avuto degli acciacchi – racconta Aldo – il che non è poco. Per tutta la vita ho sempre lavorato tanto, dalla mattina alla sera, a volte anche il sabato e la domenica. Ero sempre di corsa, tutto il giorno. Mi sentivo bene, e tutti mi dicevano: ‘Sembri avere vent'anni in meno’; evidentemente traspariva che facevo le cose con entusiasmo.”
“Poi, una mattina, mentre provavo a cambiarmi le scarpe per andare a fare una passeggiata in campagna, mi sono reso conto che non mi entravano più, perché avevo i piedi gonfi. Per andare a lavorare usavo delle scarpe eleganti, in cuoio, perché ero sempre vestito in giacca e cravatta, anche in estate, e quindi era la prima volta dopo un anno che mettevo queste scarpe sportive. Ho parlato con un mio amico, medico cardiologo, che vive nel mio palazzo, e mi ha prescritto un diuretico. Poi sono iniziati gli accertamenti, che hanno rivelato un'insufficienza cardiaca. Sapevo di avere una fibrillazione atriale storica, che però avevo sempre sottovalutato perché non mi creava particolari disturbi.”
In seguito Aldo stato sottoposto a un intervento con la procedura TAVI (impianto valvolare aortico transcatetere) per la sostituzione di una valvola cardiaca. “L'intervento – prosegue – eseguito dal Prof. Carlo Di Mario all'Ospedale Careggi di Firenze, andò molto bene, senza alcuna complicazione. Fu in quella fase che cominciarono a sorgere i primi dubbi che potesse trattarsi di amiloidosi, tant'è che fui affidato al gruppo del Dr. Francesco Cappelli e le analisi successive confermarono che avevo questa malattia, l’amiloidosi, nella forma wild-type. Per fortuna non si tratta di una forma ereditaria: io ho tre figli, quindi è stata davvero una bella notizia.”
“Non avevo mai sentito parlare di amiloidosi ed ero molto preoccupato. I medici mi spiegarono che questa malattia provoca l'accumulo di una sostanza chiamata amiloide, che col tempo indurisce i tessuti del cuore; soprattutto, mi dissero che esisteva solo un farmaco, il quale però non guarisce dalla malattia. Anche psicologicamente è stato difficile, perché cercando notizie su internet ho letto che l'aspettativa di vita è di pochi anni, con un progressivo peggioramento che i farmaci possono rallentare ma non fermare. Così ho deciso di andare in pensione, ma sono convinto che se non avessi avuto questa malattia probabilmente starei ancora lavorando.”
Aldo fa attualmente riferimento al Centro di Riferimento Toscano per lo Studio e la Cura delle Amiloidosi, A.O.U. Careggi di Firenze. Attualmente è in terapia con il farmaco tafamidis, e assume regolarmente un anticoagulante. “Da un anno e mezzo sto anche partecipando alla sperimentazione di una nuova terapia – spiega ancora – ma al momento non so se mi viene somministrato il farmaco sperimentale o un placebo: lo saprò solo alla fine dello studio, che dura circa tre anni. Ho accettato perché mi è stato detto che non ci sono rischi e che anzi avrei potuto avere dei benefici dal positivo sviluppo di questa sperimentazione. Ogni mese viene a casa un infermiere per farmi dei controlli, e una volta ogni tre mesi vado dal Dr. Cappelli all'ospedale Careggi per fare i prelievi e una serie di esami, fra cui l'elettrocardiogramma. È una persona davvero squisita: se mi capita di avere un sintomo che mi preoccupa un po', ho il suo cellulare e lui mi rassicura, anche se cerco di disturbarlo il meno possibile. All'ultima visita di controllo mi ha detto che non ci sono state variazioni consistenti e che la situazione è sostanzialmente invariata, il che mi fa pensare e sperare che non ci sarà un peggioramento.”
Ma come convive oggi Aldo con l’amiloidosi cardiaca? “I medici mi hanno consigliato di fare una vita quanto più possibile vicina alla normalità, e di continuare a fare più o meno tutto quello che facevo prima della diagnosi, ma senza forzature e con delle piccole limitazioni: non portare pesi o fare sforzi eccessivi, evitare di proseguire un'attività se mi sento stanco, ma fermarmi e poi ripartire. Mi hanno suggerito anche di camminare molto e di fare della ginnastica che migliori lo stato muscolare: ora, infatti, ho dei problemi alla muscolatura delle braccia e delle gambe che stanno diventando molto evidenti; i muscoli si sono sgonfiati. Evidentemente la malattia sta avendo qualche effetto, anche se prima non me ne rendevo conto più di tanto. Forse il fatto più visibile è che ora cammino con una certa fatica: prima, per strada, ero io che chiedevo scusa e sorpassavo gli altri; ora è il contrario e gli amici mi chiedono come mai cammini così piano. Prima ero molto dinamico, ora sono un po' più rallentato.”
“Un altro aspetto è che sono dimagrito di molti chili, ma questo dipende anche dal fatto che avendo meno impegni e vita sociale (che consisteva anche in feste, rinfreschi e banchetti), mantengo un profilo alimentare molto più contenuto, anche perché se consumo meno energie, ho anche meno fame e mangio meno.”
Una vita relativamente normale quindi, per una persona della sua età. Convivere con una diagnosi di amiloidosi però non è certo semplice, sia per chi né è affetto che per la sua famiglia. “La mia maggiore preoccupazione – confida Aldo – è quella di poter avere degli eventi cardiaci: è come avere davanti qualcosa che ti aspetta, come una spada di Damocle sopra la testa, ma prendo atto che non ho alternative; devo solo sperare che la terapia funzioni e che la malattia si fermi allo stato in cui è ora. Non ho avuto particolari complicazioni, ho solo limitato alcune mie attività: prima, ad esempio, prendevo la macchina e da Firenze andavo a Chamonix, dove trascorriamo spesso le vacanze, facendo tutti di fila quei 600 chilometri. Oggi non sono più in grado di farlo: guido ancora la macchina, ma non per così tanto tempo. Continuo pure a fare le mie vacanze e i miei viaggi, anche in aereo, magari evitando voli troppo lunghi.”
“Anche i miei familiari hanno dovuto prendere coscienza di questa malattia. Prima ero io che ero la guida, il punto di riferimento della famiglia, mentre oggi non ho più le energie di una volta e devo avere delle attenzioni in più, che incidono su di me ma anche su chi mi sta vicino, perché rallentano alcune attività. Fino a quando non ho fatto quell'intervento che ha aperto la strada alla diagnosi di amiloidosi ero tranquillo e sereno, come se pensassi di essere immortale. Mi dicevano ‘Ti comporti come se avessi ancora davanti una vita intera da vivere’, perché mi sentivo bene e non avevo limitazioni. La malattia mi ha un po' ridimensionato, però almeno non mi ha stravolto la vita: non mi ha ridotto a dover stare in casa, a non potermi muovere, a non avere una vita sociale; è solo un modo di vivere un po' più morigerato. Mi ritengo abbastanza fortunato: certo, mi dispiace dover camminare piano, ma l'importante è sentirmi sufficientemente bene e avere una vita simile a quella che avrei potuto avere senza questa malattia. La mia età è tale da poter affrontare con una certa consapevolezza il fatto che gli anni sono passati e non posso tornare indietro: posso solo vivere nel miglior modo possibile gli anni – spero molti – che mi resteranno.”