Acidosi tubulare renale distale e rene a spugna midollare: due patologie strettamene connesse

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Un gruppo di nefrologi olandesi ha svolto test genetici e fatto ricorso a un vasto database genomico per tentare di spiegare meglio la relazione tra queste due malattie

I calcoli renali sono una problematica comune a svariate patologie, tra cui il cosiddetto rene a spugna midollare (MSK), caratterizzato dalla formazione di cisti midollari diffuse a livello dei dotti collettori terminali dei nefroni, le unità strutturali del rene. Perlopiù asintomatica, questa malformazione renale può essere causa di infezioni, presenza di sangue nelle urine e, in casi molto rari, di insufficienza renale. Alcuni esperti ipotizzano che il rene a spugna midollare sia causa di una forma secondaria di acidosi tubulare renale distale (dRTA), ma dalle conclusioni di altre ricerche sembra emergere il contrario, cioè che il rene a spugna midollare sarebbe una complicazione della dRTA primaria. Come venire a capo del problema? Un gruppo di nefrologi olandesi si è affidato alle analisi genetiche per ottenere una risposta chiara e stabilire una prassi medica affidabile.

Il loro studio, apparso sulla rivista Nephron Clinical Practice, parte dall’analisi di tre casi clinici ben distinti: un uomo di 41 anni con una diagnosi di rene a spugna midollare, una donna di 30 anni che aveva richiesto una consulenza pre-concezionale in seguito al riscontro di questa malattia tra alcuni membri della famiglia, e una bambina di 10 anni in follow-up per acidosi tubulare renale distale. Ad accomunare questi pazienti è proprio una diagnosi di acidosi tubulare renale distale confermata da test genetici che hanno permesso di individuare la presenza di mutazioni nei geni SLC4A1 e ATP6V1B1.

Ma perché i medici olandesi hanno indagato proprio la relazione tra queste due malattie? L’acidosi tubulare renale distale è una condizione genetica - se ne conoscono due forme, una autosomica dominante e una recessiva - mentre l’eziologia del rene a spugna midollare è sconosciuta. L’urografia intravenosa è tuttora considerato il gold standard per la diagnosi di MSK, ma oggi la patologia viene perlopiù individuata mediante ecografica renale: tuttavia, gli elementi ecografici che depongono per una diagnosi di rene a spugna midollare sono comuni anche ad altre patologie, ad esempio quelle che sono associate a nefrocalcinosi, tra cui l’acidosi tubulare renale distale. Perciò, comprendere se la dRTA possa celarsi dietro una diagnosi di rene a spugna midollare appare fondamentale per poter avviare i pazienti verso un corretto trattamento, e i tre casi clinici analizzati nello studio sembrano deporre proprio a favore di questa ipotesi.

Nello specifico, grazie a test di sequenziamento dell’esoma è stato possibile individuare una specifica variante patogena nel gene SLC4A1 che ha permesso di fare una diagnosi di acidosi tubulare renale distale nel quarantunenne già affetto da rene a spugna midollare con progressivo peggioramento della funzione renale. Gli autori dello studio hanno anche ricostruito l’albero genealogico della donna di 30 anni afferita al Dipartimento di Genetica dello University Medical Center di Utrecht per una consulenza pre-concezionale, osservando così che alla madre era già stato diagnosticato il rene a spugna midollare e ai due fratelli una nefrolitiasi (calcoli renali). Anche la donna aveva riportato una diagnosi di rene a spugna midollare con ipokaliemia e acidosi tubulare renale, e l’analisi genetica ha permesso di scovare nella paziente una variante missenso in eterozigosi a livello del gene SLC4A1: vista la storia familiare della donna la variante è stata classificata come probabilmente patogena e la paziente è stata informata dell’esistenza di una probabilità del 50% di concepire un figlio affetto da dRTA e della necessità di avviare un trattamento per ridurre il rischio di nefrocalcinosi, nefrolitiasi e malattia renale cronica. Infine, alla bambina di 10 anni era stata già accertata un’acidosi tubulare renale distale e l’esame ecografico ha mostrato la presenza di calcificazioni multiple che suggerivano una diagnosi di rene a spugna midollare. In questo caso, il test genetico ha evidenziato la presenza di una variante patogena omozigote nel gene ATP6V1B1, noto per essere alla base di una forma di dRTA autosomica recessiva associata a sordità: la mutazione individuata spiegava così l’ipoacusia neurosensoriale riscontrata nella piccola paziente.

I ricercatori dello University Medical Center di Utrecht, però, non si sono fermati alla sola descrizione di questi 3 casi cinici, ma hanno adottato un approccio a tutto campo, sfruttando anche le informazioni della banca dati del “100.000 Genomes Project” (100KGP), un programma del governo britannico per il sequenziamento del genoma che ha raccolto i dati genetici di oltre ottantamila persone tra pazienti affetti da malattie e tumori rari e loro familiari. In questo modo, gli autori dello studio hanno cercato di fare una stima della prevalenza dei casi di dRTA associati a MSK e di esaminare gli approfondimenti genetici eventualmente messi in atto dai clinici di fronte a pazienti che mostravano segni di anomalie della midollare renale. Un aspetto interessante emerso da questa analisi è che nei casi di patologia renale con coinvolgimento midollare, i test scelti dai medici per l’accertamento di possibili malattie sottostanti includevano raramente l’analisi dei geni noti per essere alla base della dRTA.

Al contrario, è proprio grazie ad un’analisi genetica mirata che i nefrologi olandesi sono riusciti ad andare a fondo in tre casi clinici emblematici, in cui i pazienti erano portatori di mutazioni associate all’acidosi tubulare renale distale ma presentavano anche un quadro ecografico tale da riportare alla condizione di rene a spugna midollare. Pertanto, suggeriscono i ricercatori, risulta utile eseguire test genetici che accertino anche la presenza di dRTA in persone in cui sia già stato posto un sospetto di rene a spugna midollare, poiché determinate alterazioni renali osservabili all’ecografia possono essere causate da malattie primarie sottostanti, e tra queste dovrebbe essere presa in considerazione anche l’acidosi tubulare renale distale.

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