Ministero Cultura, tra Spano e il marito non mettere il dito - ISICULT

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Alle polemiche televisive sul Tax Credit cine-audiovisivo (Mediaset e tra poco Rai e La7), si affianca la vicenda del dirigente filo Lgbtq+ inviso a Pro Vita e Famiglia, che oggi si è dimesso

Le reazioni all’indagine avviata su Rete4 da Nicola Porro nella sera di ieri l’altro lunedì 21 ottobre 2024, nell’economia del programma “Quarta Repubblica”, dedicata ai disastri del “Tax Credit” cine-televisivo, sono state variegate: al di là di un approccio prevedibilmente scandalistico, ed al di là di alcune imprecisioni (tra le quali emerge l’errore di considerare i 3 miliardi di euro allocati dallo Stato a favore del credito d’imposta soltanto al cinema, allorquando includono anche il sostegno alle serie televisive), restiamo assolutamente convinti che è importante che anche i media “mainstream” affrontino un tema che ha una valenza importante, sia nell’ambito culturale sia nell’ambito politico. Di “politica culturale”, giustappunto trattasi.

Chi cura per il quotidiano online “Key4biz” la rubrica IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale “ilprincipenudo” (ragionamenti eterodossi di politica culturale ed economia mediale) è stato uno di coloro che sono stati intervistati nell’economia della trasmissione, ed ha registrato reazioni contrastanti da parte dei propri lettori, nonché interlocutori: c’è chi ha reagito apprezzando l’intrapresa ardita di Porro, c’è ha duramente criticato l’approccio…

Una riflessione sull’argomento appare necessaria.

Ci limitiamo ad estrapolare un paio di opinioni, tra quelle critiche (quelle di apprezzamento, qui ed ora, non rilevano): “Terribile la trasmissione di Porro, quanto di più populista e nefasto, senza contraddittorio. Francamente inqualificabileButtare melma su un intero settore e cosa non commentabile” (…) “La criminalizzazione del tax credit non è mi è proprio piaciuta. Il rischio è di buttarla in cacia. Non è con la radicalizzazione che si costruisce. La conclusione poi sarebbe che il Ministro deve fermare questo scempio e smettere di dare i soldi non ci aiuta. Una occasione mancata”…

Criticare non significa distruggere. Il rischio di buttare “il bambino” assieme all’“acqua sporca” è sempre latente, ma lo Stato non deve ridurre il proprio impegno, ma correggere le distorsioni

Crediamo che si debba evidenziare che nessuno di coloro che criticano lo strumento del credito di imposta a favore del settore cine-audiovisivo (e certamente non l’autore di questo intervento) sia convinto che si debba buttare “il bambino” assieme all’“acqua sporca”: abbiamo ripetuto questa metafora tante volte, anche su queste colonne, per evidenziare che “criticare” non significa “distruggere”.

Si tratta di critiche positive, ovvero propositive

La deriva del Tax Credit andava interrotta, ma le soluzioni finora adottate non sono quelle adeguate.

Quel che si nota è che, quando “il sistema” viene criticato,coloro che lo governano (politicamente ed economicamente) reagiscono con una difesa ad oltranza, con una chiusura a riccio, che cerca di “criminalizzare” i dissidenti e dissenzienti.

Chi cura queste noterelle studia ed analizza il sistema culturale nazionale da oltre trent’anni ed identifica delle tematiche ricorrenti, nel corso del tempo: come abbiamo già segnalato nell’edizione di ieri l’altro di questa rubrica (vedi “Key4biz” del 21 ottobre 2024, di segnalazione della imminente trasmissione, “Su ‘Quarta Repubblica’ condotto da Nicola Porro su Rete4, al via un’indagine sui finanziamenti pubblici a cinema e audiovisivo: la bolla sta per scoppiare?”), sembra quasi che “la Storia si ripeta”. 

Domandavamo retoricamente: “La Storia si ripete? Il Fondo Cinema e Audiovisivo ha riprodotto la patologia del Fondo Unico per lo Spettacolo: deficit di controlli e valutazioni, gestione approssimativa”.

Il problema essenziale è il deficit di studi, analisi, verifiche, valutazioni, controlli nella gestione della spesa pubblica italiana in materia di cultura

La critica potrebbe certamente essere estesa ad altri settori vitali della società, come l’istruzione o la sanità. 

In Italia, si (mal) governa con criteri spesso approssimativi, senza adeguata strumentazione tecnica: come abbiamo scritto tante volte, l’“evidence based policy making” è l’eccezione alla regola.

Si gioca con le numerologie, spesso, nel nostro Paese: basti pensare alla polemica di questi giorni sulla spesa sanitaria, con il Governo che si vanta orgogliosamente di averla incrementata nell’ordine di alcuni miliardi di euro rispetto all’anno precedente, e minimizza o addirittura ignora che la quota della spesa stessa sul totale della spesa pubblica sia percentualmente in diminuzione, come denunciano martellanti le opposizioni… Chi ha ragione, tra le due parti?! Entrambi. Ma il cittadino medio, cosa finisce per pensare?! Che ha ragione Trilussa con la sua famosa battuta sui polli e le incertezze della statistica…

Sul finanziamento pubblico al cinema e all’audiovisivo, la questione è semplice, e qui di seguito cerchiamo di sintetizzarla (dal nostro “point of view”, ovviamente)

1. il tax credit ha privilegiato soprattutto i “big player” ed i principali abusatori sono state le società più grosse

Ggrazie al “tax credit” (che viene assegnato indiscriminatamente, senza pre-selezione sulla base delle sceneggiature e dei progetti filmini), ne hanno beneficiato soprattutto “big player” ovvero grosse società di produzione, e la “riforma” impostata dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni sta finendo per penalizzare i più piccoli, ovvero i produttori indipendenti, che sono le realtà nelle quali si sviluppa più la ricerca e la sperimentazione: questa “correzione di rotta” messa in atto in queste settimane non disturba lo strapotere dei grandi e penalizza invece i piccoli;

2. il tax credit è stato aperto sempre più alla televisione, finendo per indebolire la produzione cinematografica

Nel corso degli anni, una parte crescente del “tax credit”, nato originariamente per sostenere lo sviluppo del settore cinema (inteso come “cinema-cinema”, ovvero ideazione e produzione finalizzate alla prioritaria utilizzazione “theatrical” cioè nei cinematografi), è stata allocata a favore della produzione audiovisiva, ovvero soprattutto televisiva, e quindi la televisione ha finito per penalizzare il cinema;

3. il sistema, dal 2017 al 2023, è senza dubbio “cresciuto”, ma soltanto grazie all’assistenzialismo di Stato

Il sistema, grazie alla manna statale, è indubbiamente cresciuto (nelle dimensioni delle società di produzione, ma, anche in questo caso, i maggiori beneficiari sono stati ancora i “big player”) ed è stata garantita la “piena occupazione” (ma non per tutti, anche perché una recente indagine sviluppata da 100autori e Wgi ha dimostrato come il 75 % degli sceneggiatori e registi “under 35” ha un reddito annuo inferiore alla soglia di povertà ovvero 15.000 euro l’anno).

4. un intervento saggio “a là” Keynes o un assistenzialismo senza controlli? Carenze tecniche o volontà politica.

Si è trattato quindi – potrebbe sostenere un economista – di un intervento “à la” Keynes (lettura positiva) ovvero piuttosto assistenzialista (lettura negativa), che ha peraltro determinato una serie di “diseconomie”: incremento dei costi (essendoci il sostegno dello Stato il budget dei film è andato crescendo), ed acquisizione da parte di multinazionali straniere (Fremantle in primis) delle maggiori società di produzione italiane;

5. la quota di mercato dei film italiani in sala non è cresciuta; il consumo di cinema in sala non aumentato

In itinere, dal 2017 al 2023, la quota di mercato dei film italiani nei cinema non è aumentata in modo significativo; nel mentre, il consumo di cinema in sala non è aumentato; nel mentre, una parte significativa delle opere prodotte per la prioritaria destinazione cinematografica non è mai uscita nelle sale (circa il 40 % non ha mai visto il buio/luce di un cinematografo)…

6. lo “stop” imposto nell’estate del 2023 dai Ministri Sangiuliano e Giorgetti è stato saggio, ma la riforma è stata mal impostata

Alla luce di queste considerazioni di scenario, aveva senso continuare allegramente, come è stato fatto dal 2017 al 2023? Lo Stato avrebbe continuato ad iniettare risorse pubbliche, alimentando via via una bolla destinata a scoppiare allorquando un nuovo governo avesse deciso di “staccare la spina”… La decisione di porre uno stop a questa gestione – incontrollata (a livello di dati ed analisi) ed allegra (a livello di ostinato entusiasmo, di cui la principale protagonista è stata la Sottosegretaria leghista, passata – con il suo partito – da una maggioranza all’altra, di ben diverse cromie, ma sempre in sintonia con la strategia della “Legge Franceschini”) è stata assolutamente saggia e lungimirante, e va riconosciuto al Ministro Gennaro Sangiuliano il coraggio di mettersi contro un sistema di potere, una serie di lobby (Anica e Apa soprattutto), ed una serie di giri di “amichettismo”;

7. una alleanza tra Ministri (Sangiuliano + Giorgetti) in parte vanificata dalla nuova architettura, ovvero dalla riforma impostata dalla Sottosegretaria

L’ex Ministro Gennaro Sangiuliano ha trovato un alleato nel già collega Giancarlo Giorgetti: resta memorabile la copertina dell’edizione del gennaio 2024 del mensile “Prima Comunicazione”: presentando un corposo dossier firmato da Anna Rotili, recitava a chiare lettere un “Adesso basta!”, riportando l’impressionante dato di 1,5 miliardi di euro del valore del credito d’imposta generosamente concesso dallo Stato dal 2018 al 2022… A distanza di qualche mese, possiamo sostenere – alla luce di dati elaborati a partire da fonti ministeriali (pubbliche) – che quella stima era sottodimensionata: dal 2016 al 2023, il totale di impegni del Ministero della Cultura rispetto al “Tax Credit” è stato di ben 3,1 miliardi di euro;

8. Lo stesso Direttore Generale Cinema e Audiovisivo (Borrelli) riconosce che “siamo fuori” di almeno 500 milioni di euro: il vero “splafonamento” veleggia verso 1 miliardo di euro

Il 31 agosto 2024 in quel di Venezia, il Direttore Generale Nicola Borrelli ha detto a chiare lettere, in uno sfogo pubblico dai toni nervosi, che si era “fuori” di 500 milioni di euro; secondo altre fonti, lo “splafonamento” sarebbe addirittura di 800 milioni se non addirittura 1 miliardo di euro;

9. il “sistema” è stato congelato, tra il 2023 ed il 2024, per evitare che la dimensione del “crash” aumentasse, ma così, staccando la spina, lo Stato ha messo in ginocchio i produttori indipendenti

La vera verità è la seguente: tutto il sistema è stato di fatto “bloccato” anzi paralizzato nel corso del 2023 e del 2024, con l’annunciata “riforma” (quasi un alibi…) per cercare di “salvare il salvabile”: la situazione è stata ben riassunta dallo stesso titolare della Dgca del Mic poche settimane fa, in occasione della Mostra del Cinema di Venezia.

10. lo stesso Dg Nicola Borrelli ha riconosciuto: se non si correggono le storture del sistema “voi il credito di imposta non lo vedete più per 4 anni

Lo abbiamo già proposto su queste colonne nell’edizione dell’11 ottobre 2024 (ed un estratto di queste dichiarazioni è stato offerto anche da “Quarta Repubblica” nella edizione di lunedì sera 21 ottobre), ma queste parole del Dg Nicola Borrellidebbono stimolare una profonda riflessione… Vedi “Key4biz” dell’11 ottobre 2024, “Tax Credit cine-audiovisivo: una valanga di ricorsi al Tar?”.

Proponiamo quindi alcuni estratti dalla trascrizione degli interventi al Lido, in occasione giustappunto della presentazione del “Decreto Tax Credit Produzione” (31.8.2024). Segnaliamo che si tratta di una registrazione (e trascrizione) curata da IsICult, dato che curiosamente non è disponibile la videoregistrazione dell’evento (che non è nemmeno stato trasmesso in streaming), sul sito del progetto “Italia Pavillion”, curato da Cinecittà (per conto del Mic) in quel del Festival: i maligni sostengono che il Ministero ha preferito non “pubblicizzare” troppo l’andamento effervescente della presentazione…

Nicola Borrelli (Dgca Mic) 

[ presentazione decreto interministeriale “Tax Credit Produzione Cinema”, 31 agosto 2024, Festival di Venezia ]

(…) « ci sono 350 lungometraggi di cinema che hanno chiesto il credito di imposta negli anni precedenti e che al 26 giugno 2024 non sono usciti nelle sale…

(…) bisogna intervenire per evitare la produzione che non ha un determinato senso (…) dobbiamo salvaguardare il sistemaperché, nel momento in cui gli effettivi utilizzi supereranno le risorse (…), il rischio è che, con quei numeri, se dovesse intervenire la clausola… di salvaguardia finanziaria(speriamo non accada mai), noi stiamo 3 anni senza credito di imposta perché, con i numeri che avete visto, l’unica conseguenza sarebbe quella…

(…) non è un intervento fatto per risparmiare o colpire qualcuno, non vogliamo togliere di torno la produzione indiscriminatamente, ma per “mettere in sicurezza” il sistema…

(…) abbiamo ritenuto di dare un taglio secco a quel che è avvenuto negli anni precedenti… se ci fosse piaciuto, non saremmo intervenuti… non vogliamo riportare nel 2024 i problemi del passato…(…) nel 2024 abbiamo operato una censura (poi si corregge e dice – precisa, n.d.r.)… cesura tra il vecchio sistema ed il nuovo… un nuovo sistema con nuove regole…

(…) ricordatevi questi numeri, voi state sottovalutando in modo clamoroso quello che è accaduto… ve lo dico “in italiano diretto”: se tutti i crediti di imposta chiesti negli anni precedenti vanno negli F24 al 31.12.2024, noi stiamo sotto di 500 milioni di euro, cinquecento milioni… la risposta del Mef sai quale è? (e speriamo che non ci sia perché abbiamo sanificato il sistema negli aspetti che non andavano…) che voi il credito di imposta non lo vedete più per 4 anni… quattro anni: lo avete capito o non lo avete capito??? tu ci hai 350 film che debbono uscire, che sono 2 anni di uscite in sala in Italia, e 500 milioni sotto: lo vuoi capire, questo?! le associazioni dei produttori i numeri li hanno visti in dettaglio…  

(…) il tax credit francese è un’altra cosa: è un credito di imposta dato all’impresa in relazione agli investimenti realizzati… primo requisito che devi avere per poter beneficiare del tax credit è avere un utile, e quindi tu lo scarichi 18 mesi dopo, quando approvi il bilancio… in Italia, il nostro è un contributo diretto dato sotto forma di tax credit… esiste un altro Paese al mondo nel quale… un tizio si sveglia la mattina… fa un progetto cinematografico da 5 milioni di euro… chiede il credito di imposta da 2 milioni di euro… e si trova sul cassetto fiscale 2 milioni di euro… senza che nessuno gli abbia dovuto fare un minimo di verifica?! (…) il tizio apre una partita Iva con codice Ateco 59.11… e si ritrova in tasca un bancomat senza pin e senza limiti di prelievo… »

Nota IsICult: si precisa (alla luce del riferimento del Dg Borrelli) che con “clausola di salvaguardia” si intende – generalmente – una disposizione che mira a garantire il rispetto di alcuni obiettivi di bilancio pubblico: si tratta di una misura introdotta per evitare un peggioramento dei conti pubblici, stabilendo l’attivazione automatica di aumenti di imposte o tagli di spesa, qualora non si riescano a raggiungere gli obiettivi di risparmio o di incremento delle entrate preventivati…

Lucia Borgonzoni, Sottosegretaria delegata a Cinema e Audiovisivo

[ presentazione decreto interministeriale “Tax Credit Produzione Cinema”, 31 agosto 2024, Festival di Venezia ]

(…) « io sono la prima a dire che tutto quel che è scritto nel decreto non va bene e ci sarebbero delle cose da modificare… se ci sono delle storture le metteremo a posto… quel che però pretendo da tutte le persone che sono qua è il rispetto di Borrelli e della Direzione Cinema, che lavora per voi tutto il tempo tutto l’anno… non è un obbligo di nessuno… sono sotto organico… e se volete rompere le scatole e dare una mano a noi fate un bel comunicato e dite di aggiungerci personale al Ministero, che non ne abbiamo… i funzionari non ce la fanno più fisicamente… non è un nemico Borrelli né la Direzione Cinema… come in passato le cose che non sono andate le aggiusteremo… tante cose a me non piacciono… io sono qui da tanti anni e sto chiedendo il tax credit illimitato, e non so da quanti anni, e non me lo hanno mai dato… questa norma, per come era, per quanto ha portato tantissimo lavoro, ha portato tantissimo al nostro Paese, andava modificata perché avev

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Luca Baldazzi