Fenilchetonuria al femminile: necessario programmare una gravidanza con tre mesi d’anticipo

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Dr.ssa Iris Scala: “La corretta presa in carico della paziente richiede un’équipe multidisciplinare che comprenda ginecologo, specialista di malattie metaboliche, dietista-nutrizionista e psicologo”

Anche la dieta può essere una terapia fondamentale per aiutare chi è affetto da una malattia metabolica congenita. È il caso delle donne con fenilchetonuria (PKU), per le quali è fondamentale pianificare almeno tre mesi prima la gravidanza, in modo da poter adottare una dieta che non metta a rischio il feto. Lo ha spiegato la dottoressa Iris Scala, specialista del dipartimento di Pediatria dell’Azienda ospedaliero-universitaria Federico II di Napoli, nell’ambito del 14esimo Congresso SIMMESN, conclusosi nei giorni scorsi a Montesilvano (Pescara).

La fenilchetonuria è un errore congenito del metabolismo dell’amminoacido fenilalanina causato dalla carenza dell’enzima epatico denominato fenilalanina idrossilasi. Questa carenza enzimatica determina nei pazienti un aumento della fenilalanina plasmatica, che è tossica soprattutto per lo sviluppo del sistema nervoso centrale”. Fortunatamente, ha spiegato la dr.ssa Scala, la fenilchetonuria è oggetto di screening neonatale (obbligatorio in Italia dal 1992) per una diagnosi precoce, ed è efficacemente curata tramite approcci dietetici e farmacologici.

“Una dieta povera di proteine e integrata con amminoacidi e micronutrienti – ha evidenziato la specialista – è il caposaldo della terapia. La gravidanza delle donne affette da fenilchetonuria è un momento molto delicato”. Infatti, livelli di fenilalanina superiori al target consigliato durante la gravidanza risultano tossici per il feto, che “è a rischio – ha proseguito Scala – di una condizione denominata embriofetopatia fenilchetonurica, caratterizzata da ritardo dello sviluppo psicomotorio, microcefalia e possibili malformazioni congenite”. È dunque “importantissimo” che le donne con fenilchetonuria programmino la gravidanza con largo anticipo, almeno tre mesi prima, per “poter rimodulare la dieta e raggiungere un ottimale controllo metabolico già dal concepimento”, ha puntualizzato la ricercatrice. Durante tutto il corso della gravidanza, in particolare, “i livelli di fenilalanina plasmatica devono essere strettamente monitorati con controlli bisettimanali ed eventuali variazioni dell’apporto proteico nella dieta tempestivamente instaurate. È molto importante anche gestire eventuali problematiche legate alla gravidanza quali l'iperemesi gravidica in quanto anche il digiuno va evitato perché è pericoloso per il controllo metabolico” e dunque per il feto.

Come assicurare quindi una presa in carico corretta e ad ampio spettro della donna in gravidanza? La corretta presa in carico della donna con fenilchetonuria che programma una gravidanza richiede “un lavoro di équipe multidisciplinare che deve coinvolgere il ginecologo, il medico esperto di malattie metaboliche, il dietista-nutrizionista e lo psicologo, dove necessario”, ha segnalato Scala. Che ricorda: “Le maggiori difficoltà che la donna in gravidanza incontra sono la necessità di controlli clinici e laboratoristici serrati, lo stress legato alla preoccupazione per lo stato di salute nel nascituro e la difficoltà di seguire una dieta ristretta”.

Restando in questo campo, un altro contributo al Congresso è stato portato da Juri Zuvadelli, dietista dell’équipe Malattie Metaboliche Congenite della Clinica pediatrica dell’ospedale San Paolo dell’Università di Milano. “Grazie al programma di screening nazionale e alle terapie attualmente disponibili, stiamo assistendo a un aumento dell’età media delle nostre pazienti. Sempre più spesso ci troviamo e ci troveremo a gestire questo momento speciale, ma estremamente delicato, sia per la madre che per il bambino”. La gravidanza, continua Zuvadelli, “è caratterizzata da modificazioni ormonali che possono alterare l’equilibrio metabolico; in questo periodo, l’apporto dietetico deve essere frequentemente rivisto e sempre personalizzato. Ogni fase della gravidanza presenta caratteristiche metaboliche diverse. A volte, la gravidanza può persino attenuare i sintomi di alcune patologie metaboliche congenite, portando a un miglioramento dei marcatori di compenso; in altri casi, però, può diventare un vero e proprio fattore scatenante, mettendo a rischio la salute sia della madre che del bambino”. Se oggi quindi la letteratura disponibile per molte malattie metaboliche ereditarie è limitata, comunque “i risultati attuali sono incoraggianti”.

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info@osservatoriomalattierare.it (Alessandra Babetto)