I dati emergono dall’analisi dei dati Inps in occasione della Giornata europea per la parità retributiva. Biancardi: «Gap inaccettabile e discriminatorio. Necessario il riconoscimento del lavoro di cura»
15 novembre 2024, Venezia. Discriminate nel mondo del lavoro, con retribuzioni inferiori a quelle dei “colleghi” maschi, e ancor più discriminate quando vanno in pensione, con entrate che in Veneto sono più basse di un terzo rispetto a quelle degli uomini. Il divario di genere trova una delle sue massime espressioni proprio nel gap economico che diventa drammatico quando affrontiamo la quotidianità delle donne anziane, la maggior parte delle quali vive da sola. È questa la fotografia, per molti versi impietosa, che emerge dall’indagine sulle pensioni realizzata dallo Spi Cgil del Veneto in occasione della Giornata per la parità retributiva, istituita dalla Commissione Europea per oggi, 15 novembre.
L’analisi dei dati pubblicati in questi giorni dall’Inps è l’emblema di un divario di genere non più sostenibile dalle pensionate venete, tanto più in un periodo di inflazione galoppante come quello esploso a partire dal 2022.
Nella nostra regione l’assegno previdenziale medio mensile di un over 65 è di 1.937 euro lordi (considerando tutte le tipologie di trattamenti previdenziali e assistenziali erogati dall’Inps, nonché tredicesima ed eventuale quattordicesima “spalmate” su 12 mesi). Agli uomini, però, arrivano pensioni medie di 2.332 euro, mentre le donne percepiscono entrate di poco superiori ai 1.570 euro lordi. Di fatto gli importi destinati ai pensionati sono, rispetto a quelli delle donne, superiori del 48%, con una differenza assoluta di quasi 760 euro, un importo superiore al trattamento minimo.
D’altra parte, molte pensionate scontano le conseguenze di un lavoro part time o precario, senza contare che circa un quinto di loro ha svolto la mansione di casalinga. In più, il numero di pensioni di reversibilità riservato alle donne over 65 è quasi il 90% del totale per una questione di longevità e gli assegni ai superstiti sono tendenzialmente molto bassi: in Veneto gli importi medi per la reversibilità ammontano per le pensionate ultra65enni a meno di 900 euro lordi.
Un altro dato che descrive il gap di genere è quello relativo alle pensioni povere. Sono 203.339 i pensionati over 65 che ricevono importi inferiori ai mille euro lordi mensili, un quinto del totale. Fra questi l’80% è riservato proprio a donne.
A livello provinciale le anziane che percepiscono meno sono quelle che risiedono nella Marca (1.527,48 euro lordi mensili), seguite da Vicenza (1.561,10), Rovigo (1.569,09 euro), Verona (1.572,08 euro), Belluno (1.585,94 euro), Venezia (1.590,23 euro) e, infine, Padova (1.613,79 euro).
«Il divario retributivo anche fra i pensionati rende la donna più fragile e indifesa rispetto all’uomo – commenta Nicoletta Biancardi, segretaria generale dello Spi Cgil Del Veneto – Servono di fatto politiche adeguate anche per scongiurare la dipendenza economica che si può trasformare in ricatto e sopraffazione da parte dei soggetti maschili. In questa giornata dedicata alla parità retributiva, torniamo a chiedere con forza il riconoscimento del lavoro di cura perché molte donne hanno svolto e svolgono compiti e mansioni di importanza fondamentale per la famiglia ma questo sacrificio non è riconosciuto a livello previdenziale. Le pensioni basse minano alla base la qualità della vita tanto più in un periodo come questo che ha registrato un’inflazione insostenibile per molte anziane e molti anziani della nostra regione. C’è anche chi ha dovuto rinunciare alle cure sanitarie per problemi economici e inevitabilmente in questa categoria rientrano soprattutto le donne pensionate».