Di fronte alle porte del suo vecchio orfanotrofio si commuove, piange e non ha il coraggio di entrare. Attraverso il sostegno garantito dal progetto “Sostieni a distanza i bambini di un orfanotrofio”, Ai.Bi. regala speranza e un futuro a tanti ragazzi vittime di abbandono
La solitudine è un sentimento universale, ma in Bolivia trova una dimensione particolarmente acuta tra i bambini e gli adolescenti che vivono in orfanotrofi o in famiglie che, pur essendo presenti fisicamente, lasciano i figli crescere senza un sostegno emotivo e affettivo adeguato. Lo racconta con estrema semplicità la maestra dell’Istituto Pater Noster: “I bambini sicuramente diranno che anche loro vogliono essere adottati”. Questa frase racchiude un desiderio profondo di appartenenza e di calore, che spesso va oltre la mancanza materiale per toccare un bisogno umano essenziale: sentirsi amati e protetti.
Gli incontri nelle scuole boliviane
A ottobre si è tenuto il primo di una serie di incontri nelle scuole boliviane durante il quale si è parlato di diversità familiare e adozione. La risposta dei ragazzi e degli insegnanti è stata toccante e ha confermato quanto sia importante continuare questo dialogo nelle classi.
La realtà degli orfanotrofi non si limita al presente. Racconta storie che, seppur segnate dalla difficoltà, dimostrano la forza che questi bambini sviluppano.
Un incontro speciale
Un esempio vivo di questa capacità emerge dalla storia di un ex ospite dell’orfanotrofio Félix Méndez Arcos di La Paz. Durante un viaggio in taxi per raggiungere il centro, una cooperante di Ai.Bi. si è trovata di fronte a un tassista che, con orgoglio, ha raccontato la sua esperienza come ex interno del Méndez Arcos.
“Sono entrata distrattamente e ho chiesto di andare alla fine della calle Almirante Grau, angolo Rigoberto Paredes.
‘Va al Méndez Arcos?’ Mi chiese il taxista.
Ho annuito, incuriosita del fatto che poche persone conoscono il Méndez Arcos.
‘Come faccio a non conoscerlo? Ci ho vissuto anni fa.’
Per stemperare la mia sorpresa, il taxista ha cominciato a narrare episodi della sua vita come interno del Centro di accoglienza Félix Méndez Arcos”.
Ricordi del passato
Con un certo orgoglio, l’uomo ha dichiarato che gli anni più significativi della sua vita li aveva trascorsi in orfanotrofio.
Quando arrivava la domenica mattina andavano a prendere una tazza grande di avena e una empanada. Si vestivano e andavano a messa nella chiesa di Santa María Auxiliadora, nel Prado, facendo attenzione a non dimenticare il libricino su cui annotavano le assistenze.
Se durante il mese non c’erano state assenze, i preti sorteggiavano vari premi, tra cui palloni da calcio, che per i ragazzi del Centro erano oggetti preziosi. Dopo la messa andavano al cinema 16 de Julio, che si trovava negli edifici di Don Bosco. I ragazzi entravano gratis e dopo la proiezione assistevano al dibattito, dove discutevano e davano i propri punti di vista.
Una delle attività domenicali favorite era la partita a volley nel Centro San José, dove adesso si trova la stazione del teleferico, poi tornavano al Méndez Arcos per finire i compiti di scuola.
I ragazzi del Méndez erano buoni calciatori e bravi studenti.
Lui lavorava nelle officine del Centro di accoglienza e quando è uscito, l’impresa statale Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos è venuto a cercarlo per offrirgli un lavoro e si è specializzato a manovrare i macchinari.
Ha lavorato per anni come macchinista, fino al momento del pensionamento.
Adesso fa il taxista non per necessità, perché ha una buona pensione, ma perché a casa si annoia.
Però non è andata bene solo a lui: tra i suoi compagni di istituto c’è un comandante della Polizia, un avvocato, un calciatore famoso…
Si ricorda che nel Centro c’era una piscina e quando si comportavano male li facevano correre attorno alla piscina.
Ricorda anche le officine del Centro, bellissime e perfettamente equipaggiate, dove si specializzavano in meccanica, falegnameria, elettrotecnica, ecc.
Arrivati al Centro, il tassista ha detto che un giorno sarebbe passato per ricordare la sua giovinezza.
A quel punto, la cooperante di Ai.Bi. lo ha invitato a entrare. Con le lacrime agli occhi, l’uomo ha detto di non essere ancora pronto… “ma un giorno mi chiamerà per accompagnarlo”.
L’attesa di Yair Thiago e Michel Luisa
Negli orfanotrofi in Bolivia, Yair Thiago e Michel Luisa stanno ancora aspettando qualcuno che possa accompagnarle nel loro cammino di speranza e di emancipazione attraverso un’Adozione a Distanza.
Leggi la storia di Yair Thiago e di Michel Luisa.
Come aiutare i bambini abbandonati degli orfanotrofi in Bolivia?
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Infine se vuoi creare con Yair Thiago o con Michel Luisa un rapporto unico ed esclusivo per accompagnarli attivamente nella loro crescita, puoi adottare a distanza uno di loro. Riceverai il suo dossier, potrai scrivergli, ricevere le sue foto e mandargli le tue, chiedere e ricevere aggiornamenti periodici, pensare a regali aggiuntivi per momenti particolari. E, perché no, andare anche a trovarlo.
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