Giochi a somma zero, transazioni e relazioni

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È sera, piove, trovi finalmente parcheggio e… strisce blu! Ti tocca scendere dall’auto, aprire l’ombrello, cercare il parchimetro, ricordarti il numero di targa e nel frattempo hai preso freddo e pioggia. Il tuo umore si avvia al nero.

Poi, un giorno, qualcuno inventa un’app e puoi pagare il parcheggio da dentro l’auto, all’asciutto. È uno dei tanti momenti in cui la tecnologia porta un piccolo ma significativo cambiamento in meglio nelle nostre vite.

Tuttavia, nascosto tra le pieghe del vantaggio, c’è anche un rischio. Un solerte funzionario del Comune potrebbe rendersi conto che eliminando del tutto i parchimetri, si taglierà una significativa voce di costo; il proprietario dell’autosilo potrà, analogamente, eliminare le casse automatiche e ridurre il numero di persone che gestiscono il buon andamento del suo parcheggio.

Si tratta di un gioco a somma zero: ti offro un servizio nell’immediato, mi paghi e quando hai finito di usufruire del servizio, ognuno se ne va per la propria strada. È una dinamica di business transazionale, funzionale, che risulta soddisfacente nel breve termine. Almeno fino a quando non lo è più. Infatti, quando un servizio che parte come opzionale diventa, di fatto, obbligatorio, il meccanismo rischia di incepparsi. Se viene meno la possibilità di interagire con un’altra persona, rischiamo di rimanere frustrati e – francamente – invogliati a non ripetere l’esperienza.

Le aziende che approcciano i clienti in maniera transazionale e utilitaristica partono dal presupposto che qualsiasi ottimizzazione dei costi porti vantaggi sia all’azienda, in termini di minori costi, sia al cliente finale, in termini di maggiore efficienza. Questo è un approccio valido per quelle organizzazioni che offrono commodity e puntano su un rapporto razionale con il cliente ma non tiene conto della componente emotiva che guida ogni interazione umana, incluse quelle d’affari.

Nel caso di prodotti o servizi a elevato valore aggiunto, di contro, la dinamica di business più efficace è quella relazionale, che porta a instaurare con il cliente un rapporto nel lungo termine, mettendolo a proprio agio e creando i presupposti per una ripetizione dell’acquisto. In questi casi è più conveniente adottare un approccio a somma non-zero, favorendo un rapporto di fiducia che, a costo di rinunciare a un vantaggio immediato da parte dell’azienda, generi un’interazione umana più soddisfacente e in ultima analisi più efficace. Può trattarsi del barista che ci offre la colazione nel giorno del nostro compleanno oppure del commerciale di una grande azienda che ci consiglia di non selezionare l’opzione più costosa se non risponde alle nostre esigenze, ma è sempre un’interazione che presuppone un investimento nel rapporto con il cliente.

Una visione deterministica ci porta spesso a pensare alle persone come individui razionali che provano emozioni, quando in realtà noi umani siamo soprattutto creature emotive capaci di pensare.

Tre domande a 

  • Edoardo Gasparin
    Marketing Manager
    realme
  • Angelica Maci
    PR Manager
    realme

Tutti parlano di AI e la stanno provando nelle varie applicazioni in cui oggi è disponibile sia nel mondo consumer sia in quello dell’impresa; qual è l’emozione principale, l’atteggiamento principale con cui la vostra generazione di professionisti la sta accogliendo?

AM: Credo che la nostra generazione di professionisti stia accogliendo l’AI con un mix di entusiasmo e cautela. Da un lato, c’è una grande curiosità: l'AI rappresenta una svolta tecnologica che può rendere molti aspetti del nostro lavoro più efficienti e creativi. Per chi lavora nella comunicazione l'AI permette di creare contenuti ad alto tasso di creatività a una velocità mai vista prima.

Dall'altro lato, c’è una forte consapevolezza delle sfide: tra questioni etiche, di privacy e di accuratezza delle informazioni, è fondamentale avere sempre un occhio di riguardo all'impatto che queste tecnologie hanno sul pubblico e sul nostro settore. Più che un’adozione passiva della tecnologia, l’atteggiamento prevalente è quello di una sperimentazione responsabile, in cui l’AI diventa un alleato per potenziare le capacità umane anziché sostituirle.

Siete alla guida del marketing e della comunicazione di un brand che sta crescendo molto rapidamente e sta riscuotendo un grande successo nella popolazione giovane: quanto contano gli aspetti razionali e quanto quelli emozionali nelle scelte di chi acquista un prodotto realme? Come questa analisi influisce sulle vostre strategie?

EG: Per un brand in rapida crescita come realme, soprattutto tra i giovani, gli aspetti razionali ed emozionali sono entrambi cruciali, ma agiscono in modo complementare. Da un lato, i giovani consumatori cercano prestazioni, design e innovazione, quindi gli aspetti razionali legati a specifiche tecniche e al valore sono fondamentali nelle loro scelte d’acquisto.

Ma anche l’emozione ha un peso altrettanto significativo: il pubblico giovane desidera identificarsi con un brand che rispecchi il loro stile di vita, la loro aspirazione all’innovazione e il desiderio di essere parte di una community.

Questa analisi ci porta a creare strategie di marketing che uniscano questi elementi: da una parte, promuoviamo le caratteristiche tecniche avanzate dei nostri prodotti in modo chiaro e diretto, e dall'altra sviluppiamo campagne che raccontano un’esperienza di brand emozionante e coinvolgente. Questo è particolarmente importante sulle piattaforme dove i giovani sono più attivi, come TikTok e YouTube, dove possiamo creare contenuti che parlano alla loro razionalità e al loro cuore allo stesso tempo.

Se poteste decidere voi in quale dimensione della vita umana (economica, politica, sociale, culturale, relazionale, dell’intrattenimento) dovrebbe guidare la sfera emozionale e psicologica rispetto a quella razionale, quale sarebbe?

AM: Se dovessi scegliere una dimensione in cui la sfera emozionale e psicologica dovrebbe guidare rispetto a quella razionale, sarebbe la dimensione culturale. La cultura è il terreno in cui nascono e si evolvono i valori, le visioni e le idee che definiscono una società.

Ponendo l’emozione e la sfera psicologica al centro della cultura, possiamo costruire una realtà più autentica e inclusiva. Un approccio emotivo alla cultura è essenziale per costruire una società più empatica, in cui i valori economici e politici rispondono non solo alla logica, ma anche al bisogno umano di connessione e appartenenza.

EG: Io invece sceglierei la dimensione sociale. La società, infatti, è il fondamento su cui si plasmano la cultura, l’economia e la politica, e al centro di tutto rimane l'essere umano con le sue emozioni, aspirazioni e valori.

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