Conferenza Stampa del CNCA del 26 novembre - CNCA

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Si è svolta il 26 novembre presso la sala Stampa della Camera dei Deputati, la Conferenza Stampa promossa dal Coordinamento Nazionale delle Comunità Accoglienti (CNCA) sul tema degli affidamenti in misura alternativa alla detenzione per detenuti con dipendenza patologica, da cui è emerso che nelle comunità terapeutiche residenziali che afferiscono alla rete CNCA risulta che ci sono 400 persone con problemi di dipendenza patologica in misura alternativa alla detenzione, ma quasi altrettanti posti sono disponibili nelle comunità della rete sparse per l’Italia, e da subito potrebbero accedere alla misura, e quindi uscire dal carcere, 220 detenuti in 12 diverse regioni.

È intervenuta la Presidente del CNCA Caterina Pozzi, sottolineando che le Comunità terapeutiche accreditate del CNCA offrono servizi riconosciuti ed approvati dalle normative regionali, e possono offrire da subito soluzioni di accoglienza alleggerendo il carico negli Istituti penali. Inoltre le realtà del CNCA, come altri,  lavorano nei diversi territori da decenni in stretta collaborazione con i servizi pubblici locali per le dipendenze, i servizi sociali dei comuni e gli enti di formazione per garantire percorsi territoriali di reinserimento sociale e lavorativo alle persone con problemi di dipendenza anche provenienti dalla detenzione. Malgrado questa ampia rete di collaborazione fra pubblico e privato, sono pochissime le persone che accedono alle misure alternative con affidamento ai servizi territoriali pur previsti dalla Legge, ovvero facendo ritorno alla propria abitazione o accedendo a strutture di accoglienza domiciliare, con un progetto socio sanitario curato dagli enti territoriali. Posizione ribadita anche dai rappresentanti dei servizi pubblici per le dipendenze, Federserd.

Sonia Caronni sempre del CNCA ha richiamato l’urgenza di interventi per alleggerire il numero di persone detenute, garantendo la piena applicazione delle norme vigenti per le pene alternative sia per le persone con dipendenza che per i detenuti che non possono fare ritorno ad un domicilio, garantendo soluzioni di housing diffuso sulla scorta dell’esperienza fatta dalle organizzazioni del CNCA durante l’emergenza pandemica Covid-19. Infine, Riccardo de Facci ha riportato l’attenzione sulla necessità di una maggiore collaborazione con la Magistratura di Sorveglianza per garantire l’avvio dei percorsi alternativi alla detenzione, di un potenziamento dei servizi pubblici e di alcune soluzioni innovative del privato sociale dentro gli Istituti di pena finalizzate a garantire una migliore assistenza dedicata alle persone con fragilità di salute e la progettazione di percorsi alternativi alla detenzione.

Sono intervenuti

On. Debora Serracchiani

On Riccardo Magi

On. Devis Dori

Caterina Pozzi – Presidente CNCA

Sonia Caronni – referente area penale adulti CNCA

Riccardo de Facci – referente rapporti istituzioni sulle dipendenze CNCA

Roberta Balestra – Presidente Federserd

Stefano Anastasia – Garante dei diritti dei detenuti del Lazio

Franco Corleone – La società della Ragione

Denise Amerini – Cgil

Leonardo Fiorentini – Forum Droghe

Intervento di Caterina Pozzi

“Il CNCA è la più vasta rete nazionale che si occupa da oltre 40 anni di persone con problemi legati al consumo di sostanze e spesso con procedimenti penali alle spalle. Il tema del sovraffollamento degli istituti penali e delle condizioni di vita disumane delle persone recluse è sotto gli occhi di tutti. Per prima cosa vogliamo ribadire con forza che la strada maestra per affrontare il problema del sovraffollamento in carcere è principalmente quella di ridurre gli ingressi nelle strutture detentive e limitarne i tempi. Un risultato che si raggiunge con una decisa azione di depenalizzazione e di ricorso esteso alle misure alternative alla detenzione. Non è più tollerabile che tensioni e problemi sociali vengano affrontati creando nuovi reati, aumentando le pene e limitando il ricorso alle misure alternative”

– sostiene Caterina Pozzi, Presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità Accoglienti (CNCA) –

Nell’ultima rilevazione interna fra le organizzazioni del CNCA, le comunità terapeutiche accreditate residenziali del CNCA accolgono quasi 400 persone in misura alternativa alla detenzione (affidamento speciale); ma altri 220 posti sono disponibili già da ora nelle comunità della rete presenti in 12 regioni. Comunità terapeutiche accreditate che offrono servizi riconosciuti ed approvati dalle rispettive normative regionali, che operano in sinergia con i Serd territoriali e che possono da subito offrire soluzioni di accoglienza alleggerendo il carico negli Istituti penali.” Le realtà del CNCA lavorano da sempre in stretta collaborazione con i servizi pubblici locali per le dipendenze, i servizi sociali dei comuni e gli enti di formazione per garantire percorsi territoriali di reinserimento sociale e lavorativo alle persone con problemi di dipendenza anche provenienti dalla detenzione. – continua Caterina Pozzi –  “Malgrado questa rete pochissime sono le persone che accedono alle misure alternative alla detenzione con affidamento territoriale ai servizi. Sono già presenti e vigenti tutti gli strumenti normativi ed organizzativi per poter riconoscere percorsi alternativi alla detenzione alle persone con dipendenza, pensiamo che sia doveroso valorizzare il sistema pubblico-privato esistente in grado di dare risposte competenti ed immediate, che mettono al centro la dignità umana, prima di costruire nuove soluzioni come quelle prospettate dal Ministro Nordio per nuove strutture di accoglienza per detenuti in condizione di fragilità”.

Intervento di Sonia Caronni –  referente area penale adulti del Coordinamento Nazionale delle Comunità Accoglienti (CNCA)

“La situazione di allarme in cui versa il carcere italiano che conta 61.480 ospiti al 30.06.2024 con una capienza regolamentare di 51.234 e un tasso di sovraffollamento in  media del 120%  e 81 suicidi tra la popolazione ristretta e 7 di agenti di Polizia Penitenziaria da inizio 2024. Come CNCA riteniamo assolutamente urgente portare l’attenzione su quelli che potrebbero essere i dispositivi che possano migliorare le condizioni detentive e il benessere penitenziario. Nello specifico negli istituti di pena italiani ci sono 17.405 detenuti tossicodipendenti, pari al 29% della popolazione ristretta nazionale, ma solo il 7% degli assistiti per problemi di uso di sostanze (26.268 persone detenute )  ha accesso ad un percorso alternativo alla detenzione nelle comunità terapeutiche, come riportato nella relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024. – dice Sonia Caronni – “Sono da rafforzarsi immediatamente le condizione per la concessione dell’affidamento in prova per casi particolari aumentando il numero degli inserimenti in comunità e gli affidamenti territoriali. Per quanto riguarda i detenuti comuni che hanno diritto ad accedere alle misure alternative, come CNCA mettiamo in evidenza l’esperienza positiva di accoglienza in housing diffuso, modulato su ospitalità per gravi fragilità, per medie fragilità e per percorsi di autonomia che abbiamo sperimentato durante l’emergenza pandemica Covid-19. Tale dispositivo di accoglienza permette alle persone di sperimentare percorsi educativo/trattamentali ponendosi al centro delle comunità e della rete di servizi in cui l’housing è collocato”

Intervento di Riccardo De Facci – referente rapporti istituzioni sulle dipendenze del Coordinamento Nazionale delle Comunità Accoglienti (CNCA)

“La possibilità di una vera diminuzione delle persone detenute e l’attenuazione dell’attuale situazione emergenziali delle carceri soprattutto verso tossicodipendenti e persone con problematiche di salute mentale (aldilà delle battute estemporanee e puramente ideologiche che abbiamo ascoltato negli ultimi tempi) passa attraverso una vera revisione del sistema di presa in carico e trattamento di queste che sono, insieme alla popolazione immigrata,  le fasce più deboli della popolazione in carcere, con posizioni e decreti che spesso sono in contrasto con gli indirizzi delle stesse leggi che attualmente regolano il tema delle dipendenze (L.309/90) e della salute in carcere” – dice Riccardo De Facci – “Occorrerebbe da subito attivare alcune facili azioni e disponibilità di collaborazione che abbiamo portato ai confronti avuti con i vari ministeri ma di cui non vediamo azione concreta. E’ necessario un potenziamento ed una messa a regime del personale sanitario ed educativo interno alle carceri, in modo da permettere una celere, corretta, continuativa ed efficacia presa in carico delle persone ristrette con problematiche di abuso e dipendenza. Onde evitare complesse e problematiche crisi di astinenza o disagio psichico con action out pesantissimi serve: costruire stabili reti di collaborazioni con il sistema dei servizi e delle realtà del terzo settore territoriali (comunità, terapeutiche, centri diurni, forme di misure alternative e forme diverse di messa alla prova), aprire un serio confronto stabile con la Magistratura di sorveglianza per utilizzare con una corretta valutazione le varie forme di presa in carico di tale target sia comunitarie che territoriali; costruire spazi intermedi all’interno delle carceri (individuali, centri diurni e spazi specifici) per questa popolazione vulnerabile gestiti con operatori pubblici e del terzo settore per l’accompagnamento verso misure alternative alla carcerazione soprattutto per pene lievi, persone in attesa di giudizio e persone con problemi sociosanitari significativi.” “Malgrado le grandi disponibilità dimostrate dalle strutture territoriali pubbliche e del privato sociale (una prova concreta sono i posti disponibili nelle comunità terapeutiche accreditate e le loro varie prese in carico nei territori  per una presa in carico alternativa) poche ci sembrano le azioni concrete intraprese”.

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