Quasi sempre è il dermatologo a intercettare per primo i pazienti: fondamentale che questo specialista sospetti la malattia, affinché l’ematologo possa entrare in campo in tempi rapidi
In nove casi su dieci il primo segnale della presenza della neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN) è dato dalle lesioni sulla cute, presenti inizialmente in maniera isolata e successivamente diffuse al tronco e/o agli arti, piuttosto eterogenee nell’aspetto e, per questa ragione, facili da confondere con altri tipi di patologie. È la presenza di tali lesioni a indurre il paziente a rivolgersi a un medico – quasi sempre un dermatologo – per fare chiarezza sulla loro natura. Il problema diagnostico legato a questa rara patologia onco-ematologica, però, nasce proprio dal fatto che le manifestazioni cutanee possono essere attribuite anche ad altre cause, ed essendo la BDCN una patologia che colpisce pochissime persone, buona parte dei medici di famiglia o dei dermatologi non ne ha una robusta esperienza clinica.
“La diagnosi di BPDCN nelle fasi iniziali è assai complicata”, conferma il professor Cesare Massone, dell’Unità di Dermatologia dell’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera di Genova. “Questa malattia si presenta prevalentemente negli adulti con manifestazioni cutanee iniziali che sono peculiari ma non patognomoniche, cioè non riconducibili unicamente alla BPDCN. Tali lesioni si presentano in forma di chiazze, o placche, poco infiltrate e di colore rossastro o brunastro. Hanno un aspetto livedoide, come degli ematomi, e nelle fasi iniziali entrano in diagnosi differenziale con altre malattie della pelle, tra cui la morfea [una forma di sclerodermia della cute, N.d.R.], l’iperpigmentazione post-infiammatoria o diversi linfomi cutanei”.
Tipicamente, il paziente nota delle lesioni simili a lividi emorragici a livello degli arti e del tronco e non riesce a darsi una spiegazione della loro presenza, dal momento che non ha subito traumi in grado di giustificarle; inoltre, tali manifestazioni persistono a lungo nel tempo, diventando sempre più scure. “Queste peculiarità devono indurre il medico di famiglia a richiedere una visita specialistica con priorità B (a 10 giorni) da un dermatologo, il quale dovrebbe sospettare la malattia e richiedere a sua volta una biopsia cutanea in tempi rapidi”, precisa Massone. “A quel punto la palla passa all’anatomo-patologo che, a fronte di un infiltrato con un ben preciso profilo morfologico, esegue un’ampia serie di analisi immunoistochimiche, grazie a cui può emergere la positività alla classica tripletta di antigeni CD4, CD56 e CD123, oltre che ad altri marcatori”.
La BPDCN è una patologia molto aggressiva: arrivare tempestivamente alla diagnosi, quando le lesioni cutanee sono isolate, vuol dire offrire grosse chance di cura al paziente, il quale viene trattato prima che avvenga la disseminazione della malattia al sangue, ai linfonodi e al sistema nervoso centrale. Tra gli esami ematochimici che si suggerisce di eseguire in fase diagnostica figurano l’emocromo, i test di funzionalità epatica (AST, ALT, GGT) e renale (creatinina e azotemia), il profilo della coagulazione (PT, aPTT e fibrinogeno) e il dosaggio dell’enzima lattico-deidrogenasi (LDH). Inoltre, può essere utile eseguire un esame del midollo osseo.
“L’ematologo, in genere, subentra nel momento in cui il dermatologo ha posto una diagnosi di BPDCN a partire dalle lesioni cutanee e si rende quindi necessaria la stadiazione della malattia, cioè il processo con cui si valuta l’estensione della BPDCN stessa”, aggiunge il professor Francesco Buccisano, ematologo presso il Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università Tor Vergata di Roma. “In questa fase si eseguono le valutazioni citofluorimetriche e citogenetiche sui campioni prelevati dal midollo osseo e si esegue una PET/TAC per capire se la malattia abbia o meno raggiunto anche altri organi. Infine, si esegue una puntura lombare per l’esame del liquor, poiché la BPDCN tende ad interessare spesso il sistema nervoso centrale”.
Purtroppo, però, accade frequentemente che la figura dell’ematologo entri in gioco in ritardo, quando si è ormai persa l’opportunità di intercettare la BPDCN in fase circoscritta. “In questi casi - prosegue Buccisano - la malattia assume le caratteristiche di una forma leucemica disseminata. Si sospetta un quadro leucemico e occorre distinguere tra le forme mieloidi e quelle linfoidi acute, e alla fine si scopre una BPDCN in fase avanzata”. In questi frangenti, l’esame del midollo osseo e del sangue periferico diventano dirimenti, dal momento che, secondo le linee guida, la diagnosi di BPDCN è determinata dalla presenza di una quota superiore al 20% di blasti nel sangue periferico o midollare. “Nelle fasi ritardate, per distinguere la malattia da un quadro leucemico di altra natura si ricorre alla citofluorimetria multiparametrica”, aggiunge Buccisano. “È una tecnica diagnostica che consente di evidenziare la presenza di specifici antigeni di superficie, quali appunto CD4, CD56 e CD123, necessari per riconoscere la BPDCN e non confonderla con una leucemia acuta, mieloide o linfoide”. L’importanza di questo test diagnostico è testimoniata dal fatto che la principale novità terapeutica per questa neoplasia, ossia il farmaco tagraxofusp, recentemente approvato anche in Europa, è composto da due elementi: una tossina difterica diretta contro le cellule tumorali e un analogo del recettore dell’interleuchina 3 (IL-3) che lega in modo specifico l’antigene CD123, proprio uno di quelli usati per individuare la malattia.
Infine, grazie all’introduzione nella pratica clinica di nuovi test di Next Generation Sequencing (NGS) è possibile identificare le mutazioni genetiche presenti nella BPDCN: quelle più frequentemente riscontrate nei pazienti interessano i geni di alcuni fattori di trascrizione, delle chinasi e delle proteine regolatrici del ciclo cellulare, ma anche i geni dello spliceosoma e dell’epigenoma. “Va detto, tuttavia, che la BPDCN è una malattia molto eterogenea e non presenta geni bersaglio specifici - conclude Buccisano - motivo per cui tende a sfuggire a questo genere di caratterizzazione”.