Una nuova molecola ha evidenziato risultati promettenti nei primi test preclinici ma occorreranno altre conferme prima della sperimentazione nell’uomo
La sindrome di Prader-Willi (PWS) è un disordine genetico complesso che si verifica perché alcuni geni paterni che dovrebbero essere espressi non lo sono: il particolare meccanismo che ne è all’origine rende quindi tale sindrome una candidata ideale per eventuali terapie epigenetiche. La premessa è che le modulazioni epigenetiche potrebbero riattivare i geni repressi alla base della PWS sulla copia materna del cromosoma, offrendo così una nuova prospettiva terapeutica per la malattia. Tuttavia, uno dei principali ostacoli nello sviluppo di questo approccio è che le terapie finora testate hanno mostrato un’efficacia limitata, a causa della loro scarsa capacità di raggiungere il tessuto cerebrale e biodisponibilità orale. Una nuova molecola, descritta in un articolo pubblicato su Molecular Therapeutics, sembra in grado di superare questi limiti.
ANOMALIE SUL CROMOSOMA 15
La sindrome di Prader-Willi (PWS) è una rara condizione genetica che comporta problemi fisici, mentali e comportamentali. Una caratteristica fondamentale della Prader-Willi è la sensazione di avere sempre fame e di non essere mai sazi. Di conseguenza, le persone affette da questa condizione hanno difficoltà a gestire la loro alimentazione e il loro peso: la PWS rappresenta infatti la causa più comune di obesità genetica. Il meccanismo alla base di questa sindrome non è ancora del tutto chiaro ma si sa che il problema risiede in alcuni geni presenti in una specifica regione del cromosoma 15 (15q11-q13).
UNA PROMETTENTE MOLECOLA
Gli autori dello studio pubblicato su Molecular Therapeutics avevano già identificato una molecola, chiamata UNC0642, che, attraverso l’inibizione dell’enzima EHMT2 (appartenente alla classe delle transferasi e noto anche come G9a), aveva mostrato di poter riattivare l'espressione dei geni coinvolti nella PWS riducendo la produzione di H3K9me2, una modificazione epigenetica della proteina H3. Tuttavia, UNC0642 presenta una bassa penetrazione della barriera emato-encefalica e una scarsa biodisponibilità orale, aspetti che rendono necessario lo sviluppo di nuovi composti per poter procedere con gli studi clinici sull'uomo.
Per questo motivo, il gruppo di ricercatori ha sviluppato un nuovo inibitore reversibile di EHMT2, denominato MS152, che presenta miglioramenti significativi rispetto a UNC0642 e che sembra in grado di riattivare l'espressione di geni repressi senza alterare la metilazione del DNA.
I PRIMI TEST PRECLINICI
In confronto a UNC0642, la molecola MS152 sembra evidenziare una maggiore efficacia contro EHMT2, un enzima chiave per le modifiche epigenetiche legate alla Prader-Willi. Il nuovo inibitore ha dimostrato di poter riattivare i geni repressi SNRPN, SNORD116 e IPW nei fibroblasti derivati da pazienti con PWS e il gene SNRPN in modelli murini della sindrome. Negli esemplari di topo, inoltre, MS152 ha mostrato di ridurre la letalità perinatale, di migliorare il ritardo nella crescita postnatale e di mantenere l’espressione dei geni riattivati fino a 90 giorni dopo la fine del trattamento.
MS152 si distingue anche per una migliore biodisponibilità orale e una maggior capacità di penetrazione della barriera emato-encefalica rispetto a UNC0642, aspetti che rendono il farmaco un candidato promettente per futuri studi clinici. La sua efficacia è stata dimostrata con somministrazione sia orale che intraperitoneale, offrendo flessibilità nelle modalità di trattamento. Inoltre, gli studi preclinici finora effettuati non hanno evidenziato effetti tossici significativi legati a MS152, sia in vitro che in vivo, e non sono stati riscontrati effetti off-target rilevanti, una preoccupazione comune con le terapie epigenetiche. Ulteriori studi tossicologici sono comunque in corso per garantire la sicurezza della molecola prima di eventuali sperimentazioni nell’uomo.
In base a quanto emerso da questi primi test di laboratorio, MS152 sembra quindi rappresentare un passo avanti nella messa a punto di una terapia specifica per la sindrome di Prader-Willi e, dato che le disregolazioni degli enzimi EHMT1 ed EHMT2 appaiono coinvolte in un’ampia gamma di processi patologici, la molecola potrebbe aprire la strada allo sviluppo di approcci terapeutici epigenetici anche per altre malattie.