I segreti della deliverability nel 2025

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Inviare email a freddo è ancora uno dei metodi più efficaci per contattare lead nel B2B, ma se non segui le giuste pratiche rischi che il tuo messaggio finisca direttamente nello spam. Il successo di una campagna di cold email non dipende solo dal contenuto del messaggio, ma anche da una serie di fattori tecnici e strategici. In questo articolo, ispirato alla ricerca di Reply.io2024 Cold Email Deliverability”, vedremo le migliori pratiche per massimizzare la deliverability e ottenere risposte rilevanti dai tuoi prospect.

Indice:

Warm-up del dominio e della casella

Per cominciare, è essenziale dedicare un minimo di tempo a “invecchiare” il proprio dominio, soprattutto se registrato da poco, e a scaldare le caselle di posta. Nei primi 14-30 giorni dalla creazione di un dominio, conviene evitare invii massicci. Statisticamente, chi invia più di 200 email al giorno già nella prima settimana rischia abbassare notevolmente le probabilità di arrivare in inbox, portando a tassi di apertura inferiori al 20%.

Se invece mantieni un ritmo graduale, per esempio 10-20 email al giorno nella seconda settimana e 50-70 al giorno intorno alla terza, puoi ottenere open rate stabili attorno al 3040%. Per Gmail e Outlook, è consigliabile scrivere manualmente una ventina di email a colleghi o contatti fidati nelle prime due settimane, raccogliendo risposte reali che migliorano la reputazione presso il provider.

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SPF, DKIM e DMARC

I record SPF, DKIM e DMARC servono a certificare l’origine delle tue email. In base ai dati analizzati su migliaia di email, l’assenza di un setup completo di autenticazione può ridurre i tassi di apertura del 15-20% e aumentare il rischio di essere segnalati come spam.

Se configurati correttamente, migliorano la fiducia di Google, Microsoft e altri provider. Importante inserire foto e numero di telefono nella casella (soprattutto in Google Workspace), poiché aumenta la percentuale di deliverability di qualche punto percentuale.

Volume di invio e frequenza

Secondo analisi interne su migliaia di messaggi, inviare quotidianamente fra 20 e 100 email per casella garantisce buoni open rate (35-50%) e abbassa la probabilità di superare lo 0,3% di spam report tollerato da Google. Superare 150-200 email al giorno può ancora funzionare, ma solo se il dominio è “invecchiato” (meglio se oltre 3 mesi dalla creazione) e la lista è pulita. Inoltre, intervallare le email di 180-300 secondi l’una dall’altra aiuta a sembrare più “umani”: con un ritardo medio di 3 minuti, in 8 ore di lavoro mandi 160 email totali, restando entro soglie sicure.

Nell’impostare le sequenze, distanziare di 4-6 giorni il secondo invio ai contatti che non rispondono e attendere 10-14 giorni prima della terza comunicazione. Sequenze troppo aggressive (es. 5 email in 5 giorni) alzano il rischio di segnalazioni negative.

Contenuto e struttura del messaggio

Un singolo termine considerato spam (come “sconto” o “offerta imperdibile”) può portare a un calo di apertura dal 70% al 30% in pochi giorni. Conviene preferire formule neutre, testo semplice e, se vuoi tracciamenti, usare un link brandizzato associato al tuo dominio. Le email puramente in plain text (senza immagini o tracciamenti invasivi) possono aumentare i tassi di risposta fino al 100% rispetto a quelle con tracking su ogni clic e apertura. Anche la personalizzazione massiccia (variando frasi e parole chiave) riduce la ripetitività del template e rende più difficile ai filtri antispam catalogare il tuo invio come “bulk”.

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Qualità dei contatti e bounce rate

Un elenco di contatti obsoleto innalza il bounce rate oltre il 5%, soglia critica oltre la quale i provider considerano il mittente poco affidabile. Prima di spedire, verificare le email (validazione) può abbassare il tasso di rimbalzo al 2-3%. Gli indirizzi generici (info@, sales@) e soprattutto gli indirizzi personali (@gmail.com, @hotmail.com) spesso portano a segnalazioni di spam o a email ignorate. Se la tua campagna supera il 5% di bounce rate, è necessario ripulire la lista, rimuovendo gli invalidi e i catch-all troppo rischiosi.

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Conclusioni

Seguendo questi accorgimenti, puoi stabilizzare le tue campagne di cold email B2B intorno a open rate del 30-40% e reply rate oltre il 3-5%, senza incorrere in blocchi o segnalazioni sistematiche. I passi chiave consistono nel dedicare almeno 2-4 settimane al warm-up del dominio e della casella, nell’autenticare correttamente SPF/DKIM/DMARC, nel mantenere un volume di invio progressivo entro 100 email al giorno e nel curare con attenzione la qualità del testo. Così facendo, ti assicurerai una strategia sostenibile nel tempo, senza picchi di spam e con un flusso continuo di lead interessati.


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Sebastian Schulten