Il tempo degli autocrati senza scrupoli - Azione Cattolica Italiana - Trump e Putin

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La recente alleanza tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il leader russo, Vladimir Putin, ha sollevato concrete preoccupazioni riguardo a una possibile “pace ingiusta” in Ucraina. Questa pace potrebbe essere ottenuta a scapito degli interessi ucraini, con concessioni territoriali e risorse strategiche cedute alla Russia e agli Stati Uniti. Il tutto mentre l’Unione europea appare sempre più marginalizzata nello scacchiere internazionale e la NATO attraversa una crisi di identità, sin dal giorno seguente la elezione di Trump, con la richiesta esplicita del presidente americano di rivedere le quote di iscrizione al “club atlantico”.

L’odio evidente la democrazia e la sete di potere

Un’alleanza controversa e per certi versi bizzarra, quella tra i due autocrati; vecchi amici mossi da evidenti interessi nazionali ma soprattutto dalla personale sete di potere. Non meno evidente, tra l’uno e l’altro.

Putin non si è fatto nessuno scrupolo ad invadere l’Ucraina, né, dopo il fallito blitz iniziale, a mandare a morte certa centinaia di migliaia di giovani russi.
Trump non è arrivato a tanto, ma basta leggere il suo discorso d’insediamento quale 47esimo presidente americano per capire che certi appetiti non sono difformi, e per rendersi conto che le parole usate sono il segno di un attacco già in corso contro la democrazia. Il tycoon ridivenuto presidente con voto democratico in realtà detesta la democrazia. Qualcuno di certo lo ricorderà nelle vesti di sostenitore degli assalitori di Capito Hill il 6 gennaio del 2021. Detesta il potere esercitato dal popolo tramite le istituzioni che lo rappresentano. Detesta la forma di governo che ha garantito pace, diritti e prosperità a ciò che noi oggi chiamiamo casa: l’Europa.

È ormai sempre più evidente che Trump e Putin mirino a ridefinire l’ordine mondiale, attraverso accordi bilaterali, com’è quello sul futuro dell’Ucraina, che ricordano le sfere di influenza della conferenza di Yalta del febbraio 1945. Mentre l’Europa è da loro relegata a un ruolo secondario, spettatrice di una pace ingiusta che impone a Kiev la cessione di territori strategici e risorse preziose, come le “Terre Rare”, fondamentali per l’industria tecnologica e militare.

La fragilità dell’Unione europea priva di una difesa comune

In questo contesto, l’Unione europea appare disorientata e incapace di influenzare significativamente gli eventi.

Ma perché? Innanzitutto, la mancanza di una politica di difesa comune e la conseguente dipendenza dalla Nato (tradotto: dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, che ricordiamo non è più nell’Unione) hanno esposto le fragilità dell’Europa nel gestire crisi di sicurezza dei propri confini e dei propri interessi.

Questo però è solo il primo piatto, sul menù delle cause traviamo anche altro: le divisioni interne tra gli Stati membri (spesso conseguenza di interessi di bottega, come per la spartizione delle risorse del PNRR); una politica estera dell’Ue evanescente, quando non del tutto assente, e tutt’altro che unitaria (basti pensare a come si muovono sul campo l’Ungheria di Orban o l’Italia della Meloni).

Quel “no” che fa tutta la differenza

Manca ancora una pietanza, quella che fa rabbrividire le cancellerie degli Stati dell’Ue. Trump e Putin sono pronti a mandare a morire i loro soldati senza troppi problemi se questo dovesse servire ai loro interessi. Altrettanto possiamo dire e senza alcun dubbio per il cinese Xi Jinpin o il saudita Mohammed bin Salman, o per altri autocrati di seconda fascia come il nordcoreano Kim Jong-un. Le nazioni dell’Unione europea, le democrazie che la compongono e i loro parlamenti, sono pronti a fare lo stesso? La risposta è: no, oggi no. E aggiungiamo: per fortuna, no. Ma questo “no” – è triste ma bisogna dirlo – fa tutta la differenza sullo scacchiere internazionale; specialmente quando – come dicevamo – l’Unione europea non ha uno strumento di difesa proprio e spesso marcia divisa, con ciascuno al proprio passo e senza una meta certa.

Tornando al triste presente, una pace duratura in Ucraina dovrebbe essere basata su negoziati inclusivi, che tengano conto delle legittime aspirazioni del popolo ucraino e garantiscano una sicurezza condivisa in Europa. Solo attraverso un approccio multilaterale e rispettoso dei diritti di ogni nazione si potrà costruire una pace giusta e sostenibile. Ahinoi, un quadro che oggi appare quasi impossibile.

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Antonio Martino