Tentazioni che spingono i piccoli a mangiare male - A.I.D.O.

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Spot, confezioni allettanti, gadget colorati. Il marketing le pensa tutte per invogliare i bambini a consumare merendine e cibi ultra processati. Un fenomeno denunciato anche dall’Oms. Ecco come questi trucchi contribuiscono a scegliere diete non salutari. E che fare per difendersi

Confezioni colorate, personaggi familiari e sorprese nelle confezioni: sono le tecniche per affascinare i più piccoli, inducendoli a consumare snack ricchi di zuccheri, grassi e sale. Non proprio quello che vorremmo vedere in mano ai bambini, tanto più che l’obesità infantile è un problema serio e l’Italia ha in materia un poco invidiabile record. 

“Le aziende spendono moltissimo in spot martellanti che i bambini vedono continuamente”, spiega Roberto La Pira, direttore de Il Fatto Alimentare, la rivista on line che ha promosso varie iniziative sul tema: “La sola Ferrero, uno dei maggiori investitori in pubblicità, spende 120 milioni di euro all’anno in spot. Le pubblicità dei prodotti alimentari per bambini andrebbero limitate e regolamentate”.  “Il marketing è presente negli ambienti in cui si riuniscono i bambini, come scuole e club sportivi, sulla tv negli orari tipici di visione dei bambini, durante le vacanze scolastiche, su canali per bambini o attorno a programmi per bambini”, sottolinea Francesco Branca, direttore del dipartimento nutrizione e sicurezza alimentare dell’Oms, che nel 2023 ha dedicato una linea guida alle “Politiche a tutela dei bambini dall’impatto dannoso del marketing alimentare”. “L’Oms raccomanda di limitare la commercializzazione di alimenti ricchi di acidi grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri liberi e/o sale cui i bambini sono esposti”, sottolinea Branca. Con veri e propri divieti basati su un profilo nutrizionale elaborato dal governo per classificare gli alimenti, a tutela di bambini e ragazzi fino ai 18 anni: “Queste norme”, precisa Branca, “dovranno essere sufficientemente ampie da ridurre al minimo il rischio di migrazione del marketing verso altri media, altri spazi o altri gruppi di età, regolando anche la pubblicità digitale, per limitare il potere di persuasione del marketing alimentare, per esempio limitando l’uso dei personaggi dei fumetti sulle confezioni”. 

La ricerca

“Il problema non è nuovo, anche se è poco evidenziato”, ricorda Silvano Gallus, ricercatore dell’Istituto Mario Negri e autore di uno studio che ha fatto emergere quanto la pubblicità televisiva non sia in linea con le indicazioni dell’Oms né con quelle della stessa associazione delle imprese produttrici. “Per lo studio italiano”, spiega Gallus, “abbiamo valutato sei canali televisivi (Rai 1, Canale 5, Italia 1, La 7 e Boing) analizzando gli spot destinati ai bambini: classificando le caratteristiche nutrizionali dei prodotti ci siamo resi conto che oltre l’80% degli spot messi in onda promuoveva alimenti con una composizione nutrizionale non adeguata”. Violando anche le regole che si sono dati i produttori stessi: “In molti spot si mettono in risalto gli elementi più sani dei prodotti sorvolando sugli aspetti nocivi, con strategie simili a quelle dei produttori di tabacco”, osserva Gallus. “Tanto che esperti di altri Paesi suggeriscono di eliminare la pubblicità dai canali per bambini, proprio per evitare che le aziende possano aggirare le regole”.

Divertire per fare comprare

Spiega ancora Branca: “La dimensione divertente della pubblicità e la stimolazione emotiva sperimentata dai bambini dopo l’esposizione agli spot influenzano la frequenza del consumo di alimenti che contribuiscono a diete non salutari”.

Altri studi mostrano che un maggiore coinvolgimento con i video YouTube, per esempio il guardarli attivamente e commentarli, è associato a un impatto maggiore sul consumo rispetto alla sola esposizione. E i social media sono solo l’ultimo passaggio di un percorso pensato per rendere appetibili prodotti spesso mediocri, dalla consistenza ai profumi, ai colori all’uso del frizzante che – insieme alla temperatura fredda – nasconde il sapere dolce delle bibite. “Oggi le cose stanno cambiando, la televisione ha un ruolo meno importante rispetto ai social network e alla rete, ma in ogni caso bisognerebbe evitare di pubblicizzare alimenti discutibili dal punto di vista nutrizionale durante le programmazioni riservate ai più piccoli”, osserva Gallus. E anche gli esperti dell’Oms esprimono preoccupazione per gli sviluppi del marketing digitale, “pensiamo alle applicazioni che consigliano alimenti, al ruolo degli influencer e ai contenuti generati dagli utenti”, osserva Branca, “senza dimenticare la raccolta dei dati personali degli utenti, finalizzata alla personalizzazione dei messaggi”.

App per contrastare il fenomeno

Non è facile tutelare i consumatori, anche se alcune associazioni ci stanno provando. “In alcuni Paesi ci sono limiti alle pubblicità di alimenti nei programmi per bambini”, osserva La Pira, “il problema è che su questo terreno le nostre istituzioni sono assenti, e sono focalizzate solo sulla promozione dei prodotti made in Italy a prescindere dalla loro salubrità”. 

Esiste però un’app, Yuka, che permette di valutare i prodotti secondo le trasformazioni cui sono sottoposti, su una scala che va da 1 – alimenti non trasformati – a 4, alimenti ultra trasformati, spesso caratterizzati da lunghe liste di ingredienti e additivi: a quest’ultima categoria appartengono gli alimenti più pubblicizzati.

Regole d’oro: allontanarsi dalla pubblicità

– Per limitare i danni si può evitare di lasciare troppo a lungo i bambini davanti a tv o on line, dove queste pubblicità sono trasmesse in modo martellante.

– È importante anche evitare di presentate questi alimenti come premio, a rischio di svalutare alimenti più sani e adeguati 

– Una buona educazione alimentare si fa prima di tutto con l’esempio, ma anche coinvolgendo i bambini nella preparazione dei pasti e invitandoli a provare nuovi sapori.

– Ci sono app e altri strumenti che aiutano a individuare gli alimenti più adatti, ricordando che in linea di massima è opportuno scegliere cibi poco trasformati e con una lista di ingredienti non troppo lunga. 

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