Una profezia al servizio della vita - Azione Cattolica Italiana

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Fra qualche giorno, nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità dell’Annunciazione del Signore, ricorderemo il 30° anniversario dalla promulgazione della lettera enciclica Evangelium vitae del Santo Padre Giovanni Paolo II. Nella sua bontà, Dio Padre ha voluto consegnare il suo Figlio primogenito all’umanità per rinnovare la sua alleanza e per costituire un popolo regale, sacerdotale e profetico appartenente a Cristo. L’incarnazione di Cristo ci parla della pienezza d’amore che il Padre riversa per ogni uomo e ogni donna, ci ricorda che in Cristo e nel suo vangelo di speranza trova verità il cammino dell’umanità. Potremmo allora dire che la questione della vita, della cura in ogni sua forma, appartiene ad ogni coscienza umana che aspira alla pienezza di verità e bontà.

Un «popolo per la vita»

Il Papa santo, Giovanni Paolo II, in un tempo segnato da nuove prospettive introdotte dal progresso scientifico e tecnologico, ha consegnato con forza profetica ed evangelica a tutta la Chiesa e a ogni persona di buona volontà questo documento magisteriale che annuncia il valore e l’inviolabilità della vita umana.

Il testo dell’enciclica trova la sua anima più profonda nelle parole della Scrittura, attorno alla quale viene sviluppata una gioiosa proclamazione del dono della vita. La Sacra Scrittura è l’anima di tutto lo sviluppo del pensiero che genera la riflessione e la sostiene in tutto il suo svolgersi. Lo splendore della vita divina che rifulge sul volto di Cristo discende e illumina di luce autentica ogni uomo.

L’enciclica rappresenta la sintesi di un insegnamento continuo e perenne della Chiesa sul senso, la dignità e il rispetto della vita umana e manifesta il risultato del fecondo magistero e dell’appassionato impegno di San Giovanni Paolo II in difesa della vita.

«Quando la Chiesa dichiara che il rispetto incondizionato del diritto alla vita di ogni persona innocente – dal concepimento alla sua morte naturale – è uno dei pilastri su cui si regge ogni società civile, essa vuole semplicemente promuovere uno Stato umano» (EV 101). Il Papa riconosce come l’azione della comunità ecclesiale sia chiamata a costruire un’alleanza per la promozione di una società a misura di persona che sappia valorizzare il comune sforzo etico per garantire il bene di tutti.

Dalla «cultura dello scarto» alla «cultura dell’armonia»

Le principali tematiche dell’enciclica approfondiscono il senso e l’estensione del comandamento divino, «Non uccidere», a tutela e promozione dell’inviolabilità e sacralità della vita umana. Proprio fondandosi sul valore e la dignità della vita umana sviluppa il tema della famiglia come santuario della vita e della procreazione, con particolare riferimento alle tecniche di procreazione artificiale. Inoltre, affronta la tutela giuridica della vita prenatale e le inquietanti tematiche della sofferenza, della malattia e dell’eutanasia.

Nel solco dell’insegnamento di San Giovanni Paolo II, anche i pontificati di Benedetto XVI e di Francesco hanno voluto sottolineare l’importanza della comunità ecclesiale e civile per la cura e la difesa della vita. Ogni vita ci interpella, muove le nostre coscienze, ci scomoda per intraprendere percorsi che diano effettive risposte agli interrogativi di ogni persona.

«La vita che siamo chiamati a promuovere e a difendere non è un concetto astratto, ma si manifesta sempre in una persona in carne e ossa: un bambino appena concepito, un povero emarginato, un malato solo e scoraggiato o in stato terminale, uno che ha perso il lavoro o non riesce a trovarlo, un migrante rifiutato o ghettizzato… La vita si manifesta in concreto nelle persone» (Papa Francesco, Udienza generale, 25 marzo 2020).

La «cultura della morte» stigmatizzata nell’enciclica Evangelium vitae di nuovo viene rappresentata nella denuncia dell’attuale pontificato della «cultura dello scarto» per la quale l’attuale società tende ad accantonare tutto ciò che non risponde ai criteri di efficienza, produttività, giovinezza, forza e reattività. Papa Francesco ci invita a compiere una trasformazione sul piano culturale ed educativo per costruire una «cultura dell’armonia» in cui emergano principalmente i valori della solidarietà, della cura, dell’accoglienza, adoperandosi per la costruzione di relazioni fraterne, riconoscendo il valore proprio di ogni persona, anche quando è fragile e sofferente.

Appello alla responsabilità per il bene comune

«La rivelazione del Vangelo della vita ci è data come bene da comunicare a tutti» (EV 101), trasformandola direttamente o indirettamente in una educazione alla vita attraverso il servizio della carità, l’animazione sociale, l’impegno politico, la formazione.

Agire a favore della vita significa contribuire al rinnovamento della società mediante l’edificazione della città degli uomini. Infatti, il bene comune si costruisce riconoscendo e tutelando il diritto alla vita, sul quale trovano fondamento tutti gli altri diritti inalienabili. Solo il rispetto per la vita, soprattutto se debole ed emarginata, può garantire i beni più preziosi e necessari per la crescita delle società, come la giustizia, la libertà e la pace.  

Ormai qualche anno fa, alcuni pensatori laici così scrivevano su un’opera che richiama a un umanesimo condiviso, Emergenza antropologica: «L’aspetto saliente della nostra impostazione è nella proposta di spostare la discussione dal piano dei diritti a quello delle responsabilità».

Il piano della responsabilità ci impegna a procedere nel dovere etico di prenderci cura di chi è più debole, di chi è svantaggiato e scartato. Questo ci aiuta a comprendere maggiormente che la vita non può essere ridotta semplicemente a «una cosa» di cui appropriarsi, dominare o manipolare, ma una realtà «sacra» affidata alla nostra responsabilità e quindi alla nostra amorevole cura e promozione.

In conclusione, facciamo nostro il monito di San Giovanni Paolo II per assumere con responsabilità il diritto alla vita: «Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà, pace e felicità!» (EV 5).

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Francesco Marrapodi