Lo scorso 21 marzo il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, nell’indicare le linee del “Piano d’Azione” per la politica di sostegno del Sistema Italia, ha fissato a 700 miliardi l’obiettivo, in valore, per l’export italiano. Obiettivo raggiungibile, nonostante i conflitti in corso e la congiuntura economica a livello mondiale che risentirà negativamente delle barriere tariffarie imposte dagli Stati Uniti, se le aziende italiane riusciranno ad aumentare le loro quote di mercato nei paesi “ad alto potenziale”, anche – anzi soprattutto – per diversificare i nostri mercati di sbocco.
I mercati esplicitamente indicati sono quelli dell’Area Nord Africa e Medio Oriente, in particolare l’Algeria, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia. “Osservati speciali” anche Marocco e Sudafrica.
In un precedente numero abbiamo concentrato l’attenzione sui due Paesi del Golfo.
Questa settimana abbiamo elaborato un focus sull’andamento congiunturale e sulle opportunità presenti in Algeria e Marocco e Sudafrica, tre fra le più importati economie del continente, con caratteristiche differenti.
L’Algeria è un importante produttore di energia, ha un’economia dipendente dai proventi del settore estrattivo e un peso prevalente dello Stato nell’economia.
Il Marocco è, al contrario, importatore netto di petrolio e derivati e, da molti anni, attua una politica finalizzata all’ampliamento del settore manifatturiero, anche incoraggiando gli investimenti stranieri.
Il Sudafrica, infine, è la seconda economia del continente per Prodotto Interno Lordo, dopo la Nigeria, ma con un numero di abitanti inferiore. L’economia è molto diversificata e vanta notevoli ricchezze minerarie (platino, oro, diamanti, cromo), oltre ad avere il reddito medio pro capite più alto del continente, nonostante una situazione sociale sulla quale pesano ancora le conseguenze del passato regime di apartheid.
Anche a questi tre Paesi verranno applicati “dazi reciproci” da parte degli USA: 30% ad Algeria e Sudafrica, 10% al Marocco.
Le relazioni Italia – Algeria
I rapporti economici e commerciali tra l’Italia e l’Algeria, oggi primo partner del nostro Paese nel continente africano con un interscambio pari a 14 miliardi di euro, sono storicamente molto intensi. Le relazioni hanno avuto origine già al momento dell’indipendenza dell’Algeria dalla Francia, nel 1962, e dalle prime concessioni assegnate al gruppo ENI per la ricerca di giacimenti energetici. Queste attività hanno assunto un’importanza strategica, portando – tra il 1978 e il 1983 – alla costruzione del gasdotto TRANSMED. Questo impianto, partendo dal deserto algerino e attraversando la Tunisia tramite condotte sottomarine, giunge sulla costa orientale della Sicilia per poi estendersi su tutto il territorio nazionale.
Attualmente, da questa conduttura proviene il 35% del gas utilizzato in Italia, rendendo l’Algeria, a partire dal 2022 (anno dell’invasione russa dell’Ucraina), il nostro principale fornitore di gas, per un valore stimato di 11,2 miliardi di euro nel 2024 (fonte: ISTAT).
Nel settore energetico operano numerose aziende italiane, oltre alle società del gruppo ENI, in tutta la filiera: dalla fornitura di attrezzature e cavi, fino al valvolame industriale. L’estrazione di gas e petrolio, infatti, rappresenta una risorsa vitale per l’economia algerina, contribuendo per il 30% al PIL, per il 60% alle entrate fiscali e per il 93% al valore complessivo dell’export. Sono previsti ulteriori investimenti e nuove concessioni alle compagnie petrolifere internazionali, con l’obiettivo di aumentare la produttività del comparto.
Tuttavia, le possibilità di espansione dell’export italiano, che nel 2024 ha raggiunto il valore di 2,8 miliardi di euro (+2,8% rispetto al 2023), dipendono soprattutto dall’evoluzione del processo di diversificazione dell’economia algerina. Secondo la World Bank, tale processo necessita di una forte accelerazione per stimolare l’occupazione e rafforzare il ruolo del settore privato e dell’industria manifatturiera, che attualmente rappresenta solo il 10% del PIL. Lo sviluppo è frenato da vincoli burocratici onerosi, che interessano anche gli investitori esteri, nonostante alcune riforme “liberali” approvate negli scorsi anni ma rimaste in larga parte non attuate.
Si tratta di riforme indispensabili anche per ridurre il peso del “costo sociale” a carico dello Stato, che attualmente sovvenziona carburanti, gas e numerosi beni di prima necessità per garantire un livello di vita dignitoso alla maggior parte della popolazione, pari a circa 47 milioni di abitanti, il cui reddito medio pro capite è di 4.800 dollari annui.
Infrastrutture, manufatturiero e agricoltura
Secondo quanto dichiarato dal Presidente della Repubblica Algerina, Abdelmajid Tebboune, dopo la sua rielezione per un secondo mandato lo scorso settembre, vi è la necessità di favorire investimenti sia nazionali che esteri nei settori del manifatturiero, dell’agricoltura e delle infrastrutture. A tal fine, nel bilancio per il 2025 è stata prevista una riduzione dell’IVA su numerosi prodotti, in particolare quelli alimentari, sia locali che importati (come cereali, legumi e carni bianche), oltre che su alcune componenti destinate alla produzione industriale.
Anche questi provvedimenti possono rappresentare un’opportunità per le esportazioni italiane, considerando che il nostro Paese riveste già un ruolo di primo piano come fornitore di macchinari e attrezzature per l’agricoltura e l’agroindustria. Questi settori sono infatti considerati prioritari per ridurre la pesante dipendenza alimentare dall’estero, che attualmente copre circa il 50% del fabbisogno nazionale.
A conferma del ruolo che l’Italia può svolgere nello sviluppo agricolo del Paese, va ricordato l’accordo firmato lo scorso luglio tra il Ministero dell’Agricoltura algerino e l’azienda Bonifiche Ferraresi per la realizzazione di un progetto di irrigazione e coltivazione di un’area di 9.000 ettari a Timimoun, nel sud dell’Algeria, con priorità alla produzione di cereali e legumi. Di pochi giorni fa è, inoltre, la presentazione alle autorità algerine di un nuovo progetto, sempre a cura di Bonifiche Ferraresi, che prevede lo sviluppo di attività legate all’allevamento bovino e all’industria lattiero-casearia.
Si tratta del più importante investimento italiano nel settore agro-industriale nell’area del Mediterraneo, che vedrà il coinvolgimento di altre imprese italiane nei progetti di sviluppo agricolo dell’Algeria.
Un segnale positivo è rappresentato anche dalla numerosa partecipazione di imprese italiane – ben 120 – alla prossima edizione delle fiere del settore ad Algeri: Djazagro (dal 7 al 9 aprile) dedicata all’agroindustria, e SIMA – SIPSA (dal 23 al 25 maggio) focalizzata sulla meccanizzazione agricola.
Un altro comparto in forte sviluppo è quello dell’industria automobilistica, come dimostra l’investimento del gruppo Stellantis nella zona industriale di Orano, dove verranno prodotte automobili a marchio Fiat (modelli 500X e Doblò), destinate interamente al mercato locale, con la collaborazione di subfornitori italiani, francesi e algerini. Il marchio Fiat gode di grande popolarità in Algeria, dove registra in media la vendita di circa 60.000 vetture e veicoli commerciali all’anno.
Importanti investimenti sono previsti anche per le infrastrutture, in particolare per lo sviluppo di ferrovie che consentiranno di collegare, con tempi più veloci, la capitale con le altre grandi città del paese: Orano, Costantina, Annaba e Blida.
A completare il quadro delle potenzialità del mercato algerino vanno evidenziati gli eccellenti rapporti bilaterali, mentre sono molto tesi quelli con i nostri principali concorrenti sul mercato: la Francia, sostanzialmente per il suo passato di paese colonizzatore, e la Spagna, a causa della sua politica accomodante nei confronti del Marocco sui territori del Sahara Occidentale, di cui l’Algeria sostiene l’indipendenza, causando, unitamente ad altri fattori di discordia, la rottura delle relazioni diplomatiche con il confinante Marocco nell’agosto del 2021.