Disegnare, dipingere, scolpire, progettare lo spazio significa contestare il mondo com’è, per riscriverlo: ed è lì, conoscendo le opere che nei secoli scaturiscono da questo processo creativo, che spesso ritroviamo un’umanità e una libertà che altrove ci è negata. La realtà non diviene migliore attraverso l’arte: siamo noi che possiamo diventare migliori. Cioè pienamente umani».
L’arte, attraverso le sue molteplici forme, entra nelle nostre esistenze in modi sottili e profondi, sondandone la parte più intima, coinvolgendo e stimolando la nostra creatività, guarendo e connettendoci con gli altri e con il mondo, in questo senso svolge un ruolo fondamentale come ponte verso la comprensione più onesta di sé, dell’altro e di Dio. Ecco perché l’Azione cattolica, che da sempre accompagna generazioni di donne e uomini a vivere in pienezza la propria umanità rinnovata nell’incontro con il Signore, sceglie di servirsi dell’arte all’interno dei propri cammini formativi.
L’arte come strumento formativo
Una delle sfide più significative per un animatore è creare spazi in cui l’esperienza formativa non sia solo intellettuale, ma coinvolga anche la sfera emotiva, quella relazionale e certamente quella spirituale: in altre parole, la persona nella sua interezza.
Il patrimonio artistico, con la sua capacità di suscitare emozioni e aprire nuovi orizzonti di significato, raccoglie perfettamente la sfida. Le opere d’arte diventano strumento di indagine della realtà, aiutano a porsi in ascolto, a osservare la complessità, a confrontarsi con tematiche universali che interrogano con insistenza e, in ultimo, a coltivare una profonda relazione con la dimensione della fede, anche quando le opere non sono espressioni propriamente religiose. In questo modo, l’arte non è solo un mezzo di comunicazione estetica, ma un veicolo di trasformazione interiore e comunitaria.
Dimensione interiore dell’esperienza artistica
Qualsiasi opera d’arte ha infatti un suono interiore, che mette in movimento l’interiorità dello spettatore o di una comunità. Mentre l’impressione sensibile sfugge, la si dimentica, l’emozione interiore rimane, perché ha un’eco, si riverbera, apre l’interiorità stessa, quindi genera ulteriori intuizioni e scoperte. L’emozione interiore è quanto si riceve non attraverso uno sguardo superficiale, ma dalla contemplazione e dallo studio, che arriva a riconoscere e ad accogliere l’esperienza artistica insita nell’opera d’arte e dalla quale essa nasce.
Naturalmente, l’esperienza dell’artista templa la sua opera, ma genera un’ulteriore esperienza che è in sintonia con quanto contemplato nell’opera stessa. Allo stesso tempo, è qualcosa di nuovo, perché ha i tratti del coinvolgimento, del mondo interiore nel quale risuona quell’esperienza. È dunque nel sentire spirituale che si dà la verità del reale, la verità profonda di noi stessi. Lo spirituale è il suono interiore del reale, che si avverte nella profondità dell’animo umano, dell’artista e di chi contempla l’opera d’arte nella disponibilità ad accoglierla e lasciarla agire dentro di sé.
Più semplicemente, l’arte può toccare corde emotive profonde che vanno oltre la semplice percezione sensoriale, arrivando a coinvolgere la nostra comprensione del mondo, delle esperienze umane e religiose.
Patrimonio culturale e identità
Le opere d’arte, in questo senso, alimentano il percorso di ricerca personale e comunitario che serve a dare ragione della propria fede e incarnarla nella realtà culturale. Agli Adulti di Ac è chiesto «di vivere la vocazione laicale coltivando l’attitudine a pensare» , e la pensosità può senz’altro essere attivata e sostenuta dall’esperienza artistica. Rendere popolare questa attenzione chiede allora a ciascuno di noi, ai nostri gruppi, di abitare il patrimonio artistico, portarlo nella vita quotidiana, viverlo come se fosse casa. Veniamo da territori ricchi di storia e di cultura, con un’eredità spesso ignorata, ma senza la quale saremmo tutti più poveri. Occorre recuperare intimità con quanto di bello custodiamo, che soprattutto ci appartiene e dice qualcosa di noi.
Proviamo a pensare al tempo che trascorriamo per le strade delle nostre città, veri “musei a cielo aperto”, nei complessi museali, nei teatri, nelle biblioteche, luoghi nella gran parte dei casi destinati al tempo libero, e che invece potremmo percorrere quali spazi della ferialità e dell’incontro più concreto e vitale con le generazioni dei nostri avi e di quanto non si ripete meccanicamente e in maniera identica in chi coni saranno dopo di noi. Un’eredità, dunque, che custodisce le nostre origini, ma al tempo stesso aiuta a leggere le trasformazioni presenti e stimolare quelle future.
Un bagaglio, quello del patrimonio culturale, che fornisce gli strumenti per interpretare e disegnare la storia e il suo corso, orientandola al bene. Creiamo allora alleanze con i nostri musei diocesani e i piccoli musei civici, i piccoli teatri comunali e le biblioteche di quartiere, per risignificarli, vederli cioè non come recinti fuori dalla Chiesa e dal mondo, ma come porte di accesso ad essi. Animiamo i luoghi della cultura con proposte associative serie, mettendo al centro di queste ultime il patrimonio artistico disponibile, lasciamo che esso dialoghi con la nostra vita e restituisca l’amore necessario a coltivare ciò che in noi è ancora umano.
Ruolo degli artisti e della comunità
Come in tutti i cammini, potrebbe essere necessaria una guida, ovvero l’accompagnamento di chi parla il linguaggio artistico, un idioma ancora vivo: l’arte non è un fenomeno del passato. Poeti e scrittori, pittori e scultori, musicisti e attori, possono affiancarci in virtù del loro rapporto privilegiato con l’arte, che Romano Guardini descrive «affine a quello del fanciullo e pure del veggente» . Infatti «l’opera d’arte apre uno spazio in cui l’uomo può entrare, in cui può respirare, muoversi e trattare le cose e gli uomini, fattisi aperti» .
Quando si opera nell’arte i confini si allentano e i limiti dell’esperienza e della comprensione si dilatano. Tutto appare più aperto e disponibile. Allora si acquista la spontaneità del bambino che immagina e l’acutezza del veggente che coglie la realtà. Coinvolgere gli artisti locali nell’educazione sentimentale, intellettuale, morale al patrimonio artistico può aiutarci ad apprendere la grammatica dell’arte per dire cose sempre nuove su di noi, sul mondo e su Dio e che abbiano carattere profetico. La loro guida permette di riscoprire il talento artistico che appartiene a ciascuno.
Anche se «non abbiamo mai dipinto un quadro e, forse, non ci verrà mai l’idea di farlo, questo non significa necessariamente che non ci troveremo mai di fronte a problemi simili a quelli di cui è intessuta la vita di un artista». Siamo evidentemente chiamati, ciascuno in misura differente, a essere artisti, a plasmare la nostra vita e con essa l’umanità .
Bellezza e impegno sociale
C’è una vocazione comune a tutti, quella alla bellezza, assunta nell’etimologia greca di kalokagathía: «bellezza-bontà». Coltivare la passione per l’arte aiuta a trasfigurare la vita, ad accoglierla come servizio da rendere a ogni fratello e sorella.
Abitare il patrimonio artistico dei nostri territori significa quindi valorizzare la bellezza come strumento di trasformazione e condivisione, arricchendo così il cammino di formazione e di testimonianza della fede. Una bellezza che non deresponsabilizza, ma al contrario impegna su un duplice fronte: quello della tutela e quello della promozione.
Il primo dice del prendersi cura di una «“spiritualità” del servizio artistico, che a suo modo contribuisce alla vita e alla rinascita di un popolo». Il secondo,invece, consiste nel generare, nel moltiplicare il portato valoriale e spirituale del patrimonio culturale lì dove sembra dominarne l’assenza. Azioni che potremmo considerare senza timore “politiche”, nelle quali rintracciare come un’etica del servizio artistico, che contribuisce nella società alla formazione della sua fisionomia e alla ricerca della sua identità civile e religiosa.
Arte come anticipazione del futuro
In questo contesto, diventa indispensabile l’attenzione dell’Azione cattolica per l’arte che, ribadisco, può convertire le nostre scelte e azioni per rispondere concretamente alla necessità di cura dei territori e delle persone che vi abitano; per riscoprirsi comunità e non più singoli, aiutando a generare processi orientati alla persona come modo per sostenere la vocazione di ognuno; per aprire nuove strade di evangelizzazione e di costruzione di autentica fraternità.
Queste parole non vogliono arrivare ingenue e illusorie, ma ancorate alla convinzione che sebbene l’arte da sola non cambi le cose, può suggerire una comprensione della loro essenza più profonda rispetto alla realtà tangibile, consentendo così al cuore e alla ragione di immaginare e attuare trasformazioni davvero possibili e coraggiose.
«L’arte delinea in anticipo qualcosa che non è ancora presente. Essa non può dire come diventerà; tuttavia garantisce in modo misteriosamente consolante che avverrà. Dietro ogni opera d’arte si dischiude per così dire qualcosa. Qualcosa s’innalza. Non si sa né cosa, né dove, ma nel più profondo si sente la promessa. L’opera d’arte riceve il suo senso vero e proprio solo da Dio. […] Il vero futuro deve realmente “arrivare” a noi da Dio: in quanto “nuovo cielo e nuova terra” in cui si manifesta l’essenza delle cose; in quanto “nuovo uomo” formato a immagine di Cristo. Questa è la nuova esistenza in cui tutto è manifesto, in cui le cose stanno nello spazio del cuore umano e l’uomo irradia la sua essenza nelle cose. Di quest’essere nuovo parla l’arte – spesso senza sapere quel che dice»