I-Com: Una Roadmap per la competitività e l’innovazione in Europa. Mancano all’appello 3.000 miliardi di euro per raggiungere gli obiettivi del Net-Zero Industry Act - I-Com, Istituto per la Competitività

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  • Presentato ieri al Parlamento europeo a Bruxelles lo studio realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) che offre una panoramica accurata dello stato attuale dell’innovazione e delle transizioni digitale ed energetica in Europa.
  • I-Com stima che i finanziamenti forniti dall’attuale Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per la produzione manifatturiera dell’UE siano ampiamente insufficienti per raggiungere gli obiettivi del Net-Zero Industry Act, con un divario di oltre 3.000 miliardi di euro per il periodo 2021–2027.
  • L’UE è in ritardo nel settore delle telecomunicazioni, posizionandosi dietro Cina, Stati Uniti e Corea del Sud sia nella copertura della popolazione con reti fisse a capacità gigabit e FTTH (79% e 63%) sia nella qualità della connessione (velocità di download fisso pari a 109 Mbps).
  • I Paesi UE sono molto indietro negli investimenti privati e nelle attività brevettuali nel campo dell’IA. Gli Stati Uniti e la Cina guidano entrambi questi ambiti: gli investimenti americani sono 12 volte superiori a quelli dei tre principali Paesi europei (Svezia, Francia, Germania), mentre la Cina ha registrato 38.000 brevetti tra il 2014 e il 2023.
  • I prezzi dell’elettricità sono aumentati rispetto al periodo pre-pandemico, attestandosi stabilmente al di sopra del valore di riferimento di 100 €/MWh durante il periodo 2023–2024.
  • L’UE ha registrato un cambiamento costante verso fonti più pulite. Nel 2023 il 34% dell’approvvigionamento energetico totale è stato fornito da tecnologie “Net Zero” e il 24,6% del consumo finale lordo di energia dell’UE proveniva da fonti rinnovabili.

Bruxelles, 15 maggio 2025L’Europa si trova a un crocevia cruciale per il futuro della sua competitività globale e della sua resilienza, a causa dell’urgenza di affrontare la grande sfida di questo secolo: le transizioni gemelle, digitale e green. Questo momento rappresenta un’opportunità unica per riposizionare l’UE come centro di riferimento per l’innovazione e il progresso tecnologico. Dall’altro lato, cresce il rischio che il divario con Stati Uniti e Cina continui ad ampliarsi. Allo stesso tempo, l’UE fatica a rafforzare i principali motori dell’innovazione e della competitività in un sistema di competenze resiliente, un’autonomia strategica nelle materie prime critiche e negli investimenti sostenuti.

È quanto emerge dallo studio dell’Istituto per la Competitività (I-Com) dal titolo “Una Roadmap per la Competitività e l’Innovazione in Europa”. Il rapporto, realizzato dal think-tank guidato dall’economista Stefano da Empoli, raccoglie documenti di background, analisi, prospettive e raccomandazioni di policy emerse nell’ambito del progetto Cantiere Europa. Tra settembre 2024 e aprile 2025 I-Com ha organizzato, in questo contesto, 11 incontri di policy con oltre 170 partecipanti, con l’obiettivo di creare un hub in cui decisori politici, rappresentanti del mondo imprenditoriale, esperti e associazioni potessero confrontarsi e condividere le loro visioni strategiche per l’attuale mandato europeo e le priorità dell’Unione nei settori della digitalizzazione, dell’energia, della ricerca e dell’innovazione. L’impatto dell’iniziativa è confermato dal calibro e dal numero dei soggetti coinvolti: 4 direzioni generali, 6 funzionari di Ministeri italiani competenti, 9 funzionari della Commissione europea e oltre 80 associazioni.

Sulla scia del percorso delineato dal Rapporto Draghi e dalla Bussola per la Competitività, la roadmap di I-Com offre una panoramica accurata dello stato attuale dell’innovazione e delle transizioni gemelle in Europa, evidenziando punti di forza e criticità in numerosi settori specifici, e proponendo una propria visione e riflessioni per il raggiungimento degli obiettivi dell’UE.

Sui principali driver dell’innovazione, l’analisi di I-Com ha evidenziato diverse criticità

Osservando gli indici ESI, la corrispondenza tra competenze e mercato del lavoro rimane una seria preoccupazione per l’Europa, poiché può comportare disoccupazione, carenze di competenze, eccedenze o sottoutilizzo delle stesse. A tal proposito, è significativo sottolineare che nel 2023 gli specialisti ICT rappresentavano solo il 4,8% dell’occupazione totale e sono ancora soggetti a un marcato divario di genere.

Per quanto riguarda la catena di approvvigionamento legata alle transizioni gemelle, lo studio ribadisce la necessità di rafforzare il Critical Raw Materials Act, la normativa volta a garantire l’approvvigionamento dell’UE di 34 materie prime strategiche. Nel 2023, infatti, la Cina si è confermata come il principale fornitore globale per circa il 66% delle singole materie prime critiche (CRM). Ciò sarebbe possibile attraverso una diversificazione delle catene di fornitura, la semplificazione delle procedure autorizzative e l’accelerazione del riciclo e dell’economia circolare.

L’aumento degli investimenti è uno dei pilastri centrali del Rapporto Draghi, che propone un investimento annuale aggiuntivo di 750-800 miliardi di euro, pari al 4,4%-4,7% del PIL dell’UE nel 2023. I ricercatori dell’Istituto stimano che i finanziamenti previsti dall’attuale Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per la produzione manifatturiera europea siano ampiamente insufficienti a raggiungere gli obiettivi del Net-Zero Industry Act, con un divario superiore ai 3.000 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. In tal senso, la riduzione della frammentazione del Mercato Unico, il pieno completamento dell’Unione dei Mercati dei Capitali, insieme a un’emissione regolare da parte dell’UE di un titolo comune sicuro e liquido, appaiono come le uniche strade percorribili per favorire sinergie tra finanziamenti pubblici e privati.

La transizione digitale è l’ambito in cui l’UE fatica maggiormente a tenere il passo con Stati Uniti e Cina nella corsa tecnologica globale

L’UE è in ritardo nel settore delle telecomunicazioni, posizionandosi dietro Cina, Stati Uniti e Corea del Sud sia nella copertura della popolazione con reti fisse a capacità gigabit e FTTH (79% e 63%), sia nella qualità della connessione (velocità mediana di download fisso pari a 109 Mbps). Inoltre, nel 2023 le SIM che generavano traffico Internet su una rete 5G domestica rappresentavano solo il 25%.

Alla luce di ciò, lo studio raccomanda di ridurre l’attuale frammentazione lungo linee nazionali e di promuovere una semplificazione dell’attuale quadro normativo. Sottolinea inoltre la necessità di rivedere i criteri tecnici per il calcolo della copertura 5G a livello UE. Attualmente, infatti, la copertura viene calcolata combinando il 5G standalone con il 4G potenziato che utilizza frequenze 5G, una metodologia che distorce la reale qualità della connessione e non riflette pienamente l’urgenza di migliorare la connettività mobile in Europa.

Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, i Paesi UE si collocano molto indietro sia per quanto concerne gli investimenti privati sia per l’attività brevettuale. Gli Stati Uniti e la Cina guidano entrambi questi ambiti: gli investimenti americani sono 12 volte superiori a quelli dei tre principali Paesi europei (Svezia, Francia, Germania), mentre la Cina ha registrato 38.000 brevetti tra il 2014 e il 2023.

Piuttosto che misure protezionistiche o “Europe first”, occorre invece facilitare l’accesso al mercato europeo per le aziende tecnologiche non appartenenti all’UE, a condizione che queste garantiscano un adeguato livello di investimenti locali e trasferimento tecnologico verso soggetti europei, come startup e scaleup.

Considerando l’importanza crescente dell’economia dei dati, il cloud computing pubblico riveste un ruolo chiave nella generazione di valore dai dati, e quindi nel progresso e nella supremazia tecnologica. Un chiaro segnale del ritardo dell’Europa rispetto agli Stati Uniti in questo ambito è rappresentato dal fatto che le prime cinque aziende per quota di mercato globale dei servizi cloud sono tutte americane.

Preoccupante è anche la dipendenza europea nel settore dei semiconduttori, componenti insostituibili nella manifattura tecnologica e quindi nella transizione digitale. La produzione globale è fortemente segmentata, generando un’elevata interdipendenza nella catena del valore dei semiconduttori. Con Cina, Taiwan, Corea del Sud e USA leader nella produzione, l’UE è in netto ritardo, con una sola azienda europea presente tra i primi 10 fornitori di semiconduttori per fatturato. Di conseguenza, la produzione di chip in Europa copre solo il 10% del totale globale. Per questo motivo è necessaria una revisione del Chips Act, ritenendo che nella sua forma attuale non sia all’altezza degli obiettivi iniziali.

Tuttavia, la ricerca I-Com evidenzia alcune tendenze leggermente positive per quanto riguarda il supercalcolo e le infrastrutture digitali pubbliche. In particolare, la European High Performance Computing Joint Undertaking (EuroHPC JU) ha dotato l’UE di un’infrastruttura di supercomputer di livello mondiale, pre-exascale e petascale. Lumi, Leonardo e MareNostrum figurano stabilmente tra i 10 supercomputer più potenti al mondo, superando la Cina in questo settore.

Anche il progetto del Portafoglio di Identità Digitale Europeo (EU Digital Identity Wallet), che ha l’obiettivo di creare un sistema di identità digitale universale per i cittadini europei, è un progetto all’avanguardia e rappresenta il futuro dell’infrastruttura digitale pubblica per l’identità digitale, i pagamenti digitali e la condivisione dei dati.

La transizione verde rappresenta un obiettivo essenziale ma delicato

Dal 2019, con il Green Deal europeo, l’UE ha avviato diverse iniziative volte a facilitare la transizione ecologica, come il pacchetto Fit for 55, il NextGenerationEU post-pandemia e il REPowerEU, adottato come contromisura alla crisi energetica e per ridurre la dipendenza dal gas russo. Sebbene questi piani e obiettivi abbiano contribuito in modo significativo ai progressi in materia di energie rinnovabili ed efficienza energetica, da allora i mercati dell’energia hanno subito profondi cambiamenti.

Ad esempio, i prezzi dell’elettricità sono aumentati rispetto al periodo pre-pandemico, attestandosi costantemente al di sopra del valore di riferimento di 100 €/MWh durante il biennio 2023–2024. Allo stesso modo, i prezzi del gas naturale hanno mostrato una tendenza al rialzo, con aumenti annuali significativi fino all’inizio del 2025.

L’UE ha registrato un passaggio costante verso fonti più pulite. Nel 2023 il 34% dell’approvvigionamento energetico totale proveniva da tecnologie “Net Zero” e in media il 24,6% del consumo finale lordo di energia dell’UE derivava da fonti rinnovabili, inclusa l’energia nucleare. In questo senso, nel 2024, l’energia nucleare è rimasta la principale fonte di produzione elettrica nell’UE, seguita da eolico, gas naturale, idroelettrico, solare e carbone. In generale, nucleare e rinnovabili insieme hanno coperto il 71% del fabbisogno elettrico dell’UE. Contemporaneamente, il settore elettrico ha compiuto notevoli progressi nella decarbonizzazione, con il 46% dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili.

Tuttavia, l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) ha avvertito che, con ritmi attuali, l’UE rischia di non raggiungere l’obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni nette di gas serra entro il 2030. Questa preoccupazione è particolarmente urgente nei settori che dipendono ancora fortemente dai combustibili fossili e che affrontano notevoli difficoltà nel passaggio a fonti di energia più pulite. Le industrie ad alta intensità energetica — come acciaio, chimica e petrolchimica, e minerali non metallici — sono state tra le più colpite dalla crisi energetica e hanno mostrato i progressi più lenti nella decarbonizzazione, con una contrazione dei volumi produttivi nel 2023. Soprattutto, il settore dei trasporti continua a rappresentare la sfida più grande: il 90% del suo consumo energetico proviene ancora da petrolio e derivati, mentre elettricità e fonti rinnovabili rappresentano solo l’8%.

Come già evidenziato, i finanziamenti rappresentano nuovamente un problema cruciale per la transizione verde, con un fabbisogno aggiuntivo stimato in 480 miliardi di euro all’anno da destinare a energia, innovazione industriale e trasporti, rispetto alla media del decennio precedente.

Infine, si riconosce che il settore manifatturiero europeo delle tecnologie pulite è in rapida espansione con oltre 400 impianti presenti nel continente, di cui il 27% situati in Germania. In particolare, le tecnologie per l’energia eolica e le pompe di calore dominano il settore. Nonostante ciò, i produttori europei di clean tech dipendono ancora fortemente dalle importazioni, come nel caso dei pannelli fotovoltaici, per i quali l’UE resta un importatore netto, con il 40% proveniente dalla Cina nel 2024.

Un ruolo decisivo sarà giocato dal prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP). Sarà fondamentale destinare più risorse alle priorità legate alla competitività e promuovere nuove forme di coordinamento tra investimenti dell’UE e degli Stati membri, così come partenariati pubblico-privati.

Comunicato stampa_Una-Roadmap-per-la-Competitività-e-l’Innovazione-in-Europa
Final_Report_Cantiere-Europa-2025

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